Nelle più belle isole d'Italia non troverete solo spiagge da sogno, ma anche mari paradisiaci, eleganza agreste e ricchezze artistiche!
L'Italia non vanta solo le isole più grandi del Mediterraneo, Sicilia e Sardegna, ma anche oltre ottocento piccole isole, di cui solo circa ottanta sono abitate: un numero davvero straordinario, senza contare poi il fascino unico di ciascuna di esse! Scopriamo insieme le dieci più belle isole in Italia.
Turismo, Fidanza (Ecr): “Evitiamo accordi in Europa che ci taglino fuori dai flussi dell’estate”
Fa ripartire il turismo è possibile, se solo l’Europa si muovesse. Fratelli d’Italia da mesi chiede la dichiarazione dello ‘stato di crisi’ per il settore del turismo. “Una scelta che avrebbe consentito di usufruire appieno degli aiuti di stato autorizzati dall’Ue. L’Ue è stata finora latitante: non si sono viste le risorse dedicate al turismo nel Recovery Fund. Risorse che il Commissario Breton aveva promesso addirittura nella misura del 25%.E il bilancio 2021-27 non precede una linea specifica per il settore”. È quanto ha dichiarato il Capo-delegazione di Fratelli d’Italia e relatore ombra sul turismo al Parlamento europeo. L’esponente del gruppo FdI-Ecr è intervenuto al convegno “Turismo e piano di ripresa Ue” organizzato dall’Ufficio del Parlamento Europeo in Italia.
Turismo, Fidanza: “Evitare accordi discriminatori per l’Italia”
“Ora attendiamo la comunicazione della Commissione sul ‘green pass’ e ci auguriamo che possa nascere uno strumento interoperabile in cui raccogliere le diverse certificazioni sanitarie, non solo vaccinali, per evitare corridoi bilaterali e accordi discriminatori che stanno tagliando fuori l’Italia dai flussi della prossima estate”. DA tempo FdI si spende per la ripartenza del Turismo e per i suoi operatori in profonda crisi.
"I militari? Scelta migliore per gestire l'emergenza Covid"
Crisanti afferma che, per gestire l'emergenza Covid, sarebbe stato meglio scegliere un ingegnere di Amazon. Ma si sbaglia. E soprattutto dimentica che, nel 2016, Jeff Bezos lanciò un piano per assumere 25mila veterani in cinque anni: "Siamo costantemente alla ricerca di leader in grado di inventare, pensare in grande e avere una predilezione per l'azione"
"Noi militari...". Alessio Garofalo non indossa più la divisa, ma continua a sentirsi parte dell'Esercito. "L'Esercito ti rimane dentro. Mi ricordo che, da cadetto, il mio Capitano mi portò davanti alla colonna dell'Allievo del palazzo ducale di Modena, dove erano incise queste parole: 'Divorare le lagrime in silenzio, donare sangue e vita.
Questa è la nostra legge e in questa legge Dio'. In questa frase si incarna il valore del sacrificio, inteso come un'opera per far crescere non solo te stesso ma anche l'istituzione alla quale appartieni. È l'Una Acies, la sola schiera, che rimane fortissima tra gli ufficiali. Ti senti parte per sempre".
"Noi militari", dunque. Ed è da qui che dobbiamo partire. Anzi, dalla storia di Alessio: "Ho iniziato a 19 anni, con l'Accademia militare: due anni a Modena e poi a tre a Torino. Sono stato assegnato al Settimo reggimento trasmissioni, in Friuli, dove ho fatto prima il tenente e poi il capitano. Sono stato molto fortunato perché il mio era un reggimento molto operativo e ho avuto modo di fare moltissime esperienze: sono stato due volte in Afghanistan, in Libano e in Kosovo. Ho avuto modo di incontrare, parlare, collaborare e confrontarmi con persone legate alla Difesa di altri Stati e rappresentare l’Italia in diversi contesti internazionali. Verso la fine della mia carriera militare mi sono iscritto al MIP, la Business School del Politecnico di Milano, dove ho conseguito un EMBA (un Executive Master in Business Administration, Ndr) e dove mi ha contattato il talent scouting di Amazon, proponendomi una posizione nel loro percorso dei talenti. Con Amazon ho coperto, in poco più di 4 anni, 7 diversi ruoli di Leadership, dal Regno Unito al Giappone, dove ho passato gli ultimi due anni della mia carriera amazoniana. Ora mi trovo in Arabia Saudita, come Director of Technology per Neom, la città del futuro immaginata dal principe Mohammed Bin Salman".
Così Biden “dimentica” i bambini al confine col Messico
Uno dei principali cavalli di battaglia del Partito democratico alle scorse presidenziali americane era costituito dalle continue e ripetute accuse nei confronti dell’ex presidente Donald Trump circa la mala-gestione del sistema migratorio. Poca accoglienza, respingimenti forzati e dismissione delle procedure che portavano al dialogo diretto con i Paesi centroamericani erano state viste dal neo presidente Joe Biden come una delle primissime cose da cambiare. Adesso, a quasi tre mesi dall’insediamento ufficiale, la sensazione è quella che ancora una volta tutto cambi per non cambiare mai, con i migranti al confine messicano che continuano a vivere il loro quotidiano dramma. In uno scenario in cui, purtroppo, i più duramente colpiti sembrano ancora essere i minorenni.
Da Trump a Biden, nulla è cambiato
Benché abbia negli ultimi mesi espresso sempre parole di compassione e di apertura nei confronti delle persone in difficoltà che fortuna negli Stati Uniti, per adesso nulla è cambiato. I flussi migratori alla frontiera messicana continuano a mettere sotto stress i controlli e le forze dell’ordine in uno scenario che diviene particolarmente complicato quando di mezzo ci sono i minorenni dato che per loro sono in vigore delle regole speciali.
Una volta giunti non accompagnati negli Stati Uniti, non possono essere respinti ma devono obbligatoriamente essere accolti sul suolo nazionale. Lasciati quindi nelle mani delle guardie di frontiera, entro le 72 ore dal loro arrivo devono essere ricollocati nelle strutture di accoglienza, per procede quindi alle pratiche burocratiche di ricongiungimento (se, negli Usa, è presente almeno un loro familiare) o di adozione.
Tod's, calo continuo del fatturato. E in 4 anni il titolo fa quasi -60%
Ecco qual è il male oscuro del gruppo di Della Valle
Non che ci fossero molte sorprese, ma ora arriva la conferma dei numeri: il 2020 di Tod’s è stato difficile per gli effetti devastanti che la pandemia ha avuto su molti comparti. Certo, il boom dell’online ha permesso di contenere le perdite, ma è ovvio che prodotti come scarpe – oltretutto non esattamente “entry level” per quanto concerne il prezzo – necessitino di essere provati in negozio. E in attesa che le nuove tecnologie, come la realtà aumentata, provino a sopperire anche a questa esigenza, non resta che tenere dritta la barra.
Vaccino, Filippo Facci: magistrati, politici e giornalisti. Ecco chi sono i furbetti che hanno saltato la fila
Tutti sono utili, solo io sono indispensabile: devono pensarlo in parecchi, questo pretesto per cercare di procacciarsi il vaccino prima di altri e, soprattutto, a discapito di altri: perché qui non si tratta solo di segnalare che un cialtrone (...) (...) è un cialtrone - siamo abituati - ma di ricordare che un vaccino illegittimo ritarderà un vaccino legittimo, e magari urgente, atteso magari da una persona anziana e a rischio. Ora, nel ricordare che un certo Sergio Mattarella si è vaccinato solo martedì - esempio di persona anziana e, forse, di categoria professionale non irrilevante - il semplice sbirciare la mappa dei furbetti del vaccino, anche superficialmente, lascia intendere che quella italiana sia davvero una malattia endemica. Sintomi: il bisogno di sentirsi a tutti i costi più furbi degli altri, più raccomandati, privilegiati, con una spruzzata eventuale di panico ansiogeno.
Da dove cominciamo? Forse dalla Campania, dove le cosiddette «categorie prioritarie» hanno fatto sentire tutti prioritari e hanno risvegliato un po' tutte le categorie, complice un confuso piano vaccinale ereditato dal governo precedente (anche se il ministro della Sanità è lo stesso) dove la scarsa disponibilità di vaccini, la tipologia degli stessi, la corrispondenza a determinati target di età e alla loro conservazione sono tutte cose che possono orientare l'utilizzo verso determinate categorie. Insomma, non è semplice, ma dovrebbe essere possibile. Ci sono gli ultraottantenni, gli insegnanti ora anche universitari (a scuole chiuse) e naturalmente le forze dell'ordine: tutte categorie esposte. Ma a quanto pare si sentono molto esposti e necessari - oltre ai medici - anche i farmacisti, i biologi, i veterinari, i chimici, gli psicologi, i paramedici tipo infermieri e ostetriche. E poi ci sarebbero i fornitori di apparecchiature elettromedicali, gli assistenti dei dentisti, anche i giornalisti - da vergognarsi - e ovviamente i magistrati. Tutta gente che spinge, mentre un sacco di anziani aspettano.
Gli italiani attualmente positivi sono mezzo milione. Morti e contagi, il bollettino Covid fa paura
Mentre mezza Italia sta per diventare zona rossa per l'aumento dell'indice Rt il bollettino del ministero della Salute fotografa l'andamento dei casi. Continuano a crescere i nuovi contagi di Covid 19 in Italia: sono stati 26.824 nelle ultime 24 ore (dato più alto dal 27 novembre) a fronte dei 25.673 di ieri; lievissimo calo per il numero dei tamponi effettuati (369.636 oggi contro i 372.217 di ieri) con il tasso di positività che sale al 7,3% dal 6,9% di ieri.
I morti di oggi sono 380 (ieri 373) per un totale da inizio pandemia di 101.564. Cresce anche la pressione sulle strutture ospedaliere con 23.656 ricoverati con sintomi (+409, ieri +365) e 2.914 in terapia intensiva (+55, ieri +32).
Note postive arrivano dalla campagna di vaccinazione, con oltre 280mila dosi somministrate nelle ultime 24 ore: attualmente le persone che hanno ricevuto il vaccino sono 6.287.009.
Nel Lazio «su oltre 14mila tamponi (-2.009) e oltre 23mila antigenici per un totale oltre di 38mila test, si registrano 1.757 casi positivi (-43), 24 decessi (+8) e +757 guariti. Diminuiscono i casi, mentre aumentano i decessi, i ricoveri e le terapie intensive. Il rapporto tra positivi e tamponi è a 11%, ma se consideriamo anche gli antigenici la percentuale scende al 4%. I casi a Roma città sono a quota 800», evidenzia l’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato, nel bollettino al termine dell’odierna videoconferenza della task-force regionale per Covid-19 con i direttori generali di Asl e aziende ospedaliere, policlinici universitari e ospedale pediatrico Bambino Gesù.
Lazio in lockdown da lunedì. Il ministero: ecco le regioni che passano in zona rossa
Nell'immediato futuro delle regioni italiane a eccezione della Sardegna c'è la zona rossa o arancione. La conferma arriva dal ministero della Salute che fa trapelare la mappa dei colori dell'Italia a partire da lunedì 15 marzo. Tra le nove regioni che andranno in zona rossa c'è il Lazio che passa dalla fascia gialla alla categoria di rischio più alta che equivale a un lockdown.
Il ministro della Salute, Roberto Speranza, sulla base dei dati e delle indicazioni della Cabina di Regia, firmerà infatti le nuove ordinanze che andranno in vigore a partire da lunedì 15 marzo. Secondo quanto si apprende da fonti del ministero, passano in area rossa le Regioni Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Veneto e la Provincia autonoma di Trento che si aggiungono a Campania e Molise che restano in area rossa.
Tutte le altre Regioni saranno in area arancione per gli effetti del decreto legge approvato stamane. È in corso una verifica sui dati della Basilicata. La sola Sardegna resta in area bianca.
PiazzaPulita, Adalberto Calvi di 96 anni si scatena contro Sileri: "Ho 96 anni, quando mi vaccinate?"
Adalberto Calvi, papà di Fabio, regista di PiazzaPulita, su La7, vive a Bergamo e "non ha ancora avuto uno slot per vaccinarsi", dice Corrado Formigli. Che mostra la sua immagine con un cartello con scritto: "Ho 96 anni, quando mi vaccinate?". Pierpaolo Sileri, che è in collegamento, è in imbarazzo: "Dovrebbe essere già vaccinato", risponde il sottosegretario alla Salute. "Non dovrebbero esistere disparità così tra regioni. Mi informerò su cosa sta accadendo non solo ad Adalberto, ma in Lombardia", assicura mentre in studio cala il gelo.
Nella regione governata da Attilio Fontana, infatti, ci sono ritardi e polemiche sulla campagna vaccinale. "La coda degli anziani fuori dal centro vaccinale di Niguarda per gli errori di Aria che manda 900 convocazioni al posto delle 600 previste è una vergogna", denuncia lo stesso Guido Bertolaso, consigliere per le vaccinazioni in Lombardia, in un post pubblicato sul suo profilo Facebook. "Ho mandato la Protezione Civile ad assisterli, mi scuso con tutti loro". Bertolaso è poi riuscito a risolvere la situazione: "La Protezione Civile è intervenuta assistendo tutte le persone che si sono presentate al Niguarda per la somministrazione dei vaccini anti-covid" e "l'ospedale ha risposto prontamente vaccinando sia i 600 cittadini 'programmati' che i 300 in più".
Ma le scuse del consulente lombardo non sono bastate all'opposizione, che ha gridato allo scandalo per l'ennesimo pasticcio firmato da esponenti del Pirellone. "Regione Lombardia è un disastro senza fine, una ne pensa e cento ne sbaglia. Ma ancor peggio degli errori sui vaccini, sui tamponi o sui numeri, sono i continui rimpalli di responsabilità, gli scaricabarile, quella sindrome da accerchiamento dell’amministrazione che non trova giustificazione alcuna nella realtà", attacca senza mezzi termini il segretario del Partito democratico lombardo Vinicio Peluffo.
La storia del M.S.I.
Il Movimento Sociale Italiano (dal 1972: Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale) è stato un partito politico fondato il 26 dicembre 1946 da reduci della Repubblica Sociale Italiana (come Giorgio Almirante, Pino Romualdi) ed ex esponenti del regime fascista (come Arturo Michelini e Biagio Pace). Il simbolo del partito fu scelto nel 1947: la “fiamma tricolore”, emblema degli “arditi” della prima guerra mondiale. Il partito si sciolse il 27 gennaio 1995, confluendo, in maggioranza, nella rinnovata Alleanza Nazionale.
Storia
[modifica] Inizio difficile
Il partito, che ebbe Almirante come primo segretario, che ebbe inizialmente l’appoggio del generale fascista Rodolfo Graziani, ebbe il suo battesimo elettorale nel 1948, quando ottenne il 2.01% dei voti alla Camera dei deputati e lo 0,89% al Senato della Repubblica, eleggendo sei deputati (Almirante, Roberto Mieville, Michelini, Giovanni Roberti, Guido Russo Perez e Luigi Filosa) e un senatore (Enea Franza).
Con la scomparsa della lista dell’Uomo Qualunque, il MSI aumentò discretamente i suoi consensi soprattutto nel Sud Italia, dove i proprietari terrieri lo sostennero in risposta alle occupazioni e alle proteste contadine dei braccianti sostenuti dal PCI.
Coronavirus, Pasqua in lockdown e abolite le zone gialle: i provvedimenti annunciati da Roberto Speranza
Il lockdown è arrivato puntuale, un anno dopo il primo che ha caratterizzato il periodo dell’esplosione dell’epidemia in Italia e in tutta Europa. Dal 3 al 5 aprile tutto il territorio nazionale sarà zona rossa, compresi quindi i giorni di Pasqua e Pasquetta. È quanto emerge dalla riunione tra il governo presieduto da Mario Draghi e le Regioni e gli Enti locali. Inoltre sarà prevista un’ulteriore stretta che entrerà in vigore il 15 marzo e sarà valida fino al 6 aprile: non verrà però adottato un altro Dpcm, bensì un decreto legge che sarà approvato oggi dal Consiglio dei ministri.
Al di là del lockdown previsto per Pasqua, il ministro Roberto Speranza avrebbe avvisato che le ultime regioni rimaste in giallo (Sicilia, Calabria, Lazio e Valle d’Aosta) stanno per passare alla zona arancione. Resta esclusa soltanto la Sardegna, che dovrebbe essere ancora bianca. Un’eccezione rispetto a una situazione nazionale in evidente peggioramento: l’indice Rt è salito a 1.16 e soprattutto siamo a un passo dai 250 casi per 100mila abitanti, scenario da zona rossa obbligatoria.
L’unica speranza data dal ministro della Salute nel corso dell’incontro con le Regioni riguarda la campagna di vaccinazione: “Negli ultimi due giorni abbiamo somministrato circa 200mila dosi ogni 24 ore - avrebbe dichiarato Speranza secondo quanto appreso dall’Ansa - in Italia tutti i vaccini utilizzati sono efficaci e sicuri e il siero è l’arma fondamentale che abbiamo per superare questa fase”.
Football Legend Christian Vieri
Cos’è il “bomber”? Questa parola inglese ha in sé due significati, uno connesso all’altro: l’attaccante che sfonda la rete a furia di gol e l’attaccante che fuori dal campo si destreggia tra donne bellissime ed invidiate da tutti.
Il nostro spazio “Football Legend” di questa settimana è dedicato ad un ex calciatore italiano riconosciuto come il più forte attaccante tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei Duemila. Un giocatore che ha segnato tanto e dato altrettanto al calcio nazionale e che allo stesso modo ha riempito le pagine dei rotocalchi rosa frequentando modelle, veline e donne da sogno. Ladies and gentlene, Christian Vieri detto “Bobo”.
Quando di parla di “Bobo” Vieri vengono in mente tante cose: le dodici maglie cambiate in diciotto anni di carriera (ed i tanti gol segnati con queste), la gloria della Nazionale, la forza fisica impressionante.
Nativo di Bologna in quanto il padre Roberto (detto “Bob”) nel 1973 giocava nella squadra felsinea, Vieri si trasferì con la famiglia in Australia dove il padre aveva trovato un ingaggio come allenatore di una squadra locale, il Club Marconi. Dall’altra parte del Mondo, “Bobo” iniziò a tirare i primi calci ad un pallone e a capire che quello sarebbe stato il suo mestiere: diventare un calciatore professionista.
Tornati in Italia, i Vieri si stabilizzano a Prato, la città paterna ed il giovane Christian venne tesserato in una piccola squadra locale e si fece notare come attaccante per il suo physique du rôle e perché “vedeva” la porta come pochi.
Piazzapulita, Andrea Crisanti difende il vaccino Astrazeneca: "Sicuro". Ma lui ha fatto Pfizer
Il caso AstraZeneca approda a “Piazzapulita”, il programma di Corrado Formigli su LA7, giovedì 11 marzo, e gli esperti gettano acqua sul fuoco: “Il vaccino è sicuro e efficace”. E il viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri anticipa: “Quasi tutta l’Italia in arancione da domani”.
Corrado Formigli apre il talk partendo dal blocco della somministrazione di un lotto specifico di AstraZeneca a seguito di due morti sospette (il terzo caso, un militare di Trapani, è stato ufficialmente escluso, nda) e dal comunicato AstraZeneca che esclude nessi o falle rispetto ai decessi improvvisi. Il professor Guido Rasi, dell’Università Tor Vergata, ha rassicurato: “Abbiamo avuto trenta casi di trombosi venosa su 5 milioni di vaccini e zero sui 30 milioni in U.K., questi sono i dati. Quando però c’è una tendenza anomala, come in questo caso, si sospende la somministrazione e si verificano 4 step: come è stato trasportato il vaccino, come è stato conservato, come è stato ricostruito e come è stato somministrato. Poi si verifica sui pazienti se ci sono dei casi di malattie associabili e se ci siano nessi con il vaccino. Ma non è giustificata tutta la sospensione dell’AstraZeneca che è un vaccino che ha il 100% di efficacia su morte e ospedalizzazione. Il vero problema è che in Italia non stiamo sequenziando abbastanza il virus e le sue varianti, come quella inglese”.
Altrettanto cauto il microbiologo dell’Università di Padova, Andrea Crisanti: “E’ difficile stabilire il nesso di causa e effetto tra un vaccino e una morte sospetta. Purtroppo siamo nella norma dei casi dei vaccini, al momento non ci sono delle differenze con altri tipi di vaccini. Se si riesce a dimostrare una densità di casi nel tempo e nello spazio legati a quel lotto allora c’è stata problematica, altrimenti no. Che vaccino ho fatto? Io ho fatto Pfizer, ma farei AstraZeneca, non esistono dati che dicono che causa complicazioni gravi. Pensate solo che oggi il vaccino per il vaiolo non sarebbe approvato, aveva effetti collaterali gravi, ma lo abbiamo fatto e abbiamo debellato il vaiolo. Il vaccino per il Covid ha effetti collaterali ma niente che non passi con un normale antinfiammatorio”.
Coronavirus, da lunedì fino a 14 regioni in zona rossa: lockdown nazionale di fatto per un mese
Oggi, venerdì 12 marzo, le decisioni ufficiali. Sia sulla stretta ulteriore al dpcm del 6 marzo, sia sulle colorazioni delle regioni a partire dal prossimo lunedì. Una sintesi? Italia in lockdown. La curva epidemiologica corre e gli ospedali soffrono, dunque quasi tutta Italia sarà zona rossa. Ovvero in lockdown con serrata per bar, ristoranti, studenti costretti alla didattica a distanza, limitazioni per parrucchieri, centri estetici e tutti i negozi in generale.
Di seguito, tutte le regioni che rischiano il cambio da arancione a rosso: Piemonte, Lombardia, Veneto, le province autonome di Trento e Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Marche, Lazio, Molise, Campania, Calabria. Già rosso l'Abruzzo, dovrebbe restare arancione la Puglia. Sicilia in giallo e addirittura la Sardegna, oggi bianca, torna sotto osservazione e potrebbe rischiare il giallo. Insomma, tutta Italia dal 15 marzo di nuovo rinchiusa in casa. Un incubo, con le varianti che mordono.
Come detto, solo oggi verrà ufficializzata la certificazione, ovvero il cambio di colore, ma l’indice Rt registrato ieri già consente di ipotizzare i nuovi colori delle regioni. Secondo la norma in vigore con Rt pari a 1 si va in fascia arancione, con 1,25 si passa in fascia rossa. Notevole il caso di Lazio e Calabria, che potrebbero saltare direttamente dal giallo al rosso. In Lazio ieri l’Rt è arrivato a 1,3 e l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato parla di "situazione in peggioramento". Uguale sorte potrebbe toccare alla Calabria dove il numero dei contagi continua ad aumentare.
Possibile, dunque, che non siano stabilite ulteriori strette per il weekend dato che tutta Italia sarà di fatto zona rossa: le ordinanze per il passaggio di fascia entreranno infatti in vigore lunedì 15 marzo e rimarranno in vigore fino al 28 marzo. La settimana successiva tutta l’Italia sarà blindata per le vacanze di Pasqua, proprio come accaduto a Natale. Insomma, di fatto fino al 5 aprile saremo in lockdown. Tutti o quasi.
Francesco Accardi: “MUSSOLINI FU IL PIU’ GRANDE STATISTA NON SOLO D’ITALIA, MA DELL’EUROPA DEL XX SECOLO; NON MI VERGOGNO, COME ALTRI, A DIRLO AD ALTA VOCE!”
Qui riporto il completo operato di Benito Mussolini, nei suoi vent’anni di governo; come noterete è lungo ma spero che avrete la pazienza di leggerlo, per comprendere a fondo le opere di un uomo, prima amato e poi odiato dal suo stesso popolo.
l decennio si apre con la breve ma intensa crisi del 1921, legata alla caduta internazionale della domanda e della produzione e aggravata dagli squilibri nei rapporti economici tra Stati e dalle difficoltà legate alla riconversione dall’economia di guerra a un’economia di pace.
In quell’anno, la disoccupazione cresce di oltre sei volte rispetto all’anno precedente. La ripresa si manifesta già nei primi mesi del 1922, e alla fine dell’anno la disoccupazione risulta riassorbita per un terzo.
Dal 1922 al 1926 si ha un periodo di rapida espansione economica, soprattutto nel settore industriale. La produzione manifatturiera cresce del 10% l’anno.
Il nuovo ministro delle finanze Alberto De Stefani avvia una politica di disimpegno dello Stato dall’economia, pur non rifiutando di intervenire per salvare banche e industrie in difficoltà. Vengono così definitivamente smantellati i controlli e i vincoli statali inaugurati durante la guerra, sono privatizzate le aziende pubbliche in attivo, viene ridotta l’incidenza delle imposte dirette.
L’obiettivo di De Stefani è riportare in pareggio il bilancio dello Stato: per far questo egli punta su una drastica restrizione della spesa pubblica, che in soli quattro anni scende dal 35% al 13% del reddito nazionale. La riduzione del disavanzo pubblico, comportando una minore richiesta di finanziamenti da parte dello Stato, fa sì che il denaro dei risparmiatori si orienti verso gli impieghi industriali. Contemporaneamente si assiste alla svalutazione della lira rispetto alle maggiori monete. Ciò consente una crescita della competitività delle merci italiane sui mercati internazionali.
La domanda risulta trainata soprattutto dalle esportazioni e dagli investimenti industriali, giacché i consumi privati ristagnano. La crescita annua di questi ultimi è infatti di poco superiore al 2%. I salari crescono meno della produttività, nonostante la riserva di manodopera si riduca. Il numero dei disoccupati ufficiali scende infatti dalle 600 000 unità del 1921 alle 100 000 del 1926. La stabilità dei salari, pur in presenza di una forte crescita economica, è soprattutto effetto del nuovo clima politico e del monopolio fascista sui sindacati.
Come Prevenire la Caduta dei Capelli
La caduta dei capelli può avere molteplici cause, tra cui alimentazione, carenza di minerali, medicinali, grave stress, varie patologie, inquinamento e genetica. Circa un terzo della popolazione ne soffre, e di questa frazione migliaia di persone sono di sesso femminile [1] . Non hai la garanzia di poter prevenire una caduta geneticamente programmata o dovuta a fattori che sfuggono al tuo controllo. Tuttavia, puoi fare del tuo meglio su numerosi fronti per consentire ai capelli di mantenersi sempre al top della forma, senza lasciare che cadano prima del necessario.
Evitare di Danneggiare i Capelli
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Riduci l'utilizzo dell'asciugacapelli. Il calore indebolisce le proteine dei capelli. Il calore costante e l'asciugatura possono renderli fragili, cosa che causa una caduta che non si verificherebbe altrimenti [2] . L'asciugatura all'aria è preferibile per tutelare la loro salute, quindi cerca di lasciarli asciugare naturalmente e limita l'utilizzo dell'asciugacapelli.