Vanno avanti le proteste dei venditori ambulanti dopo la decisione della sindaca di Roma Virginia Raggi di mettere a bando le licenze, in contrapposizione con quanto stabilito da disposizioni governative. I titolari delle concessioni, secondo la decisione del Governo, possono contare su permessi a esercitare la propria attività validi fino al 31 dicembre 2032 e nelle proteste contro la prima cittadina è stata occupata la sede del Dipartimento sviluppo economico agricoltura e attività produttive sito in via dei Cerchi.
“Purtroppo dopo che lo Stato ha prorogato le licenze ambulanti di tutta Italia fino al 2032, la Sindaca e tutta l’amministrazione hanno deciso che - dopo aver recepito un parere del Garante - che le licenze vanno messe a bando. Ma la legge dice che bisogna prorogare le licenze fino al 2032 e quindi non possono andare a bando” ha spiegato uno dei presenti alla protesta. L’ambulante ha poi denunciato alcuni gravi episodi: “Tutto ciò porta già da una settimana a una situazione di agitazione sociale e di disagio, che può sfociare anche in cose più gravi, visto che un ambulante ha tentato di suicidarsi prendendo 6-7 pasticche e poi si è incatenato. Non capiamo perché l’amministrazione Raggi voglia andare contro una legge nazionale, noi vogliamo solo il nostro diritto. Poi ci saranno i rinnovi e dei requisiti da seguire, bene, noi siamo pronti a seguire le indicazioni date, ma bisogna andare al rinnovo automatico, come è avvenuto in tutta Italia”.
Negli scorsi giorni era andata in scena anche una protesta sotto il Mise, il Ministero dello Sviluppo economico, alla cui guida è stato nominato il leghista Giancarlo Giorgetti. La Raggi aveva così giustificato la decisione: “Si tratta di un lavoro si eredita da padre in figlio e che vede esclusi tutti gli altri, soprattutto i giovani. A Roma capita spesso che le licenze si concentrino nelle mani di poche famiglie, e spesso dei loro prestanome. È una denuncia che arriva dal basso, che tanti operatori hanno fatto chiedendo l’aiuto delle istituzioni”.
Intossicazioni Alimentari: Cosa C'è Da Sapere?
L'intervista di Meghan ed Harry: "Temevano che fosse scuro...". Bordata alla Regina su Archie
L’intervista di Harry e Meghan è andata in onda e i duchi non si sono risparmiati in rivelazioni scottanti, dal matrimonio segreto, passando per i pensieri suicidi di Meghan alla bimba che sta per nascere
L’intervista a Harry e Meghan Markle è stata diffusa dalla CBS e, come c’era da aspettarsi, è piena di rivelazioni, alcune davvero incredibili.
Il colloquio bomba con Oprah Winfrey inizia alle 20, ora degli States (le due in Italia). Abbiamo già i primi stralci da La Repubblica, Il Corriere della Sera, la CNN e il New York Times. È Oprah a esordire: “Voglio sottolineare che Meghan non ha ricevuto alcun compenso per questo colloquio”. Poi cominciano le domande a cui risponde prima la duchessa, da sola insieme alla conduttrice. Meghan Markle ripercorre gli anni in cui ha conosciuto il principe Harry e spiega: “Non sapevo nulla sulla Firm e non feci alcuna ricerca particolare su Google. Li immaginavo come i personaggi di una favola". Ricorda che, prima di incontrare Elisabetta II, Harry le insegnò a fare l'inchino l'inchino nel giardino del Palazzo e racconta: "Il primo incontro con la Regina fu molto informale, spontaneo. Mi regalò un set formato da una collana e da orecchini di perle. Ho sempre fatto quello che mi veniva chiesto di fare, soprattutto nei rapporti con la stampa. Semplice. Bisogna solo rispondere ‘no comment’”.
A Sanremo una lezione all’ipocrisia del buonismo e alle femministe. Beatrice Venezi, chapeau
È calato il sipario sul palco più osservato d’Italia nel momento più duro per gli italiani. Nelle sue luci e nelle sue ombre l’Ariston lascia argomenti di dibattito, polemiche, canzoni. In questo tempo surreale si è aperta una finestra dalla quale provare a scorgere qualche passo di normalità, dove l’arena sono le parole, non il virus. Dove si sono riflesse quelle frasi che possono diventare un veicolo potente, in grado di far emergere visioni e contrapposizioni. Il caso più eclatante è stato lo schiaffo morale di Beatrice Venezi, giovane direttore d’orchestra, finita al centro di un enorme dibattito diventato anche politico per via di una sola frase: «Il mio mestiere ha un nome preciso, si chiama direttore d’orchestra». In poche parole e con il sorriso, Beatrice Venezi ha voltato le spalle a quel femminismo integralista che vuole relegare ad un gioco di vocali quella distinzione inutile e personalmente priva di senso fra ruoli professionali esercitati da uomo o donna.
Lo schiaffo di Beatrice Venezi
Chiamatemi “ Direttore d’orchestra “, non direttrice. Poche parole che hanno acceso il dibattito tra le femministe più accese, tra cui la Boldrini che sull’onda della sua ultima inutile crociata contro l’utilizzo del termine donna sulla Treccani (considerato sessista) ha rimarcato l’importanza delle parole della Venezi “Direttrice è bellissimo, rifletta sui sacrifici delle donne”. “Più che una scelta individuale della direttrice d’orchestra Venezi, è la scelta grammaticale a prevalere e quella italiana ci dice che esiste un genere femminile e un genere maschile. A seconda di chi riveste il ruolo si fa la declinazione. Chi rifiuta questo lo fa per motivi culturali”. Si tratterebbe per la Boldrini , che si professa anche sociologa a tempo perso e ne deve avere molto di tempo in cui smarrirsi, di un problema serio che dimostrerebbe poca autostima.
Svizzera, divieto di indossare il burqa
Il referendum della destra passa con il 51%. Il governo era contrario
Salvo eccezioni per i luoghi di culto, in Svizzera non si potrà più girare col volto coperto.
Con il 51,2% ieri è passato il quesito referendario promosso dalla destra conservatrice per bandire, di fatto, burqa e niqab. Il divieto prevede infatti che nessuno possa coprirsi il viso completamente se si trova in pubblico, nei negozi o all'aperto. Nella Svizzera che aveva già vietato i minareti nel 2009, scatterà una modifica costituzionale che, secondo i promotori del bando, libererà le donne dalla schiavitù del velo integrale. Circa 450 mila musulmani vivono nella confederazione (meno della metà donne) dove persino l'imam di Berna Mustafa Memeti ha parlato del velo integrale come «strumento di oppressione maschile». Socialisti, ecologisti e femministe hanno invece difeso strenuamente il diritto delle islamiche a oscurarsi il volto. Secco il quesito: «Sei favorevole al divieto delle coperture totali del viso?». Pur non menzionando esplicitamente burqa o niqab, era inevitabile il dibattito sui simboli. Fronti contrapposti hanno tirato in ballo sicurezza e islam. La destra da un lato, le «femministe musulmane» dall'altro.
Ines El-Shikh, portavoce dei «Foulard viola», ha definito la legge «inutile, sessista e razzista quando ci sono solo poche donne col burqa». Stando ai numeri forniti, meno di 500 in Svizzera. I cittadini hanno deciso diversamente, pure rispetto ad Amnesty International, in campo contro il divieto (già in vigore in Ticino). Il Sì è anche un colpo per vandali e teppisti, per esempio negli stadi. Ma centrali sono stati gli slogan: «Stop all'islam radicale e all'estremismo». Hanno fatto breccia i manifesti con donne in niqab nero per le strade; respinta invece con il 64,4% l'introduzione dell'identità elettronica.
Covid, Salvini lancia una commissione d'inchiesta sulle colpe della Cina
Una commissione d'inchiesta internazionale per portare a galla, una volta per tutte, le responsabilità della Cina sul Covid. A chiederlo è il leader della Lega, Matteo Salvini. "La priorità è sconfiggere il Covid - aggiunge - ma subito dopo sarà necessaria una Commissione d’Inchiesta Internazionale per svelare e punire le colpe, le bugie, gli errori, i ritardi e la malafede del regime cinese". Salvini allarga questo tema oltre i confini nazionali dopo le accuse ad alcuni politici tedeschi di aver incassato soldi dalla Cina per una grossa commessa di mascherine.
Salvini è molto attivo in questi giorni in cui sta dando il suo contributo alla campagna di vaccinazione, prendendo contatti con tutti coloro che sono in grado di aumentare la capacità dell'Italia di incrementare le somministrazioni delle dosi. Motivo per cui ha parlato anche con l'ambasciatore indiano nel nostro Paese. Per Salvini bisogna accettare e acquistare i vaccini prodotti ovunque, ovviamente se affidabili e sicuri, a partire dallo Sputnik della Russia, su cui anche il ministro della Salute Roberto Speranza oggi ha fatto una significativa apertura.
Sanremo, confessioni di un discografico pentito: "50 mila euro per cantare"
E dopo il flop dell’Ariston rinasce la canzone di protesta
Tace finalmente il teatro Ariston, dormono i Maneskin. E nel suo ufficio nella bassa bergamasca, dopo il prestigiosa selezione di “ LIVE Coast to Coast, a Parigi (la rassegna che celebra gli artisti emergenti europei) e la finale a Miami (con gli applausi da Eminem, Shakira e Alan Walker) Ezio Paloschi, discografico della etichetta artigianale “out-recording- studio” ha deciso di fare outing su Affaritaliani.it.
Di svelare i retroscena della filiera discografica italiana.
Da anni Paloschi va a caccia di esordienti, confeziona provini ,lancia talenti sconosciuti. Come Reg Kaltani, detto il Guetta della bassa bergamasca, nato al “quartiere 18” di Durazzo, quartiere malfamato al pari di Forcella. Kaltani emigrato a Cividate, ha incontrato Ezio Paloschi, e insieme hanno lanciato il “ trap remix” , ovvero una cover da ballare nelle discoteche europee del celebre tormentone “Fade” di Alan Walker . Miracolo bergamasco: il “trap remix “ ha scalato le classifiche americane.
Ecco poi il dj bergamasco Frezzy I. B. con “Regmode”
Coronavirus, l'affondo di Antonio Socci: "Tutta colpa della Cina, ma preferiscono ignorarlo"
È un fenomeno che ha dell'incredibile. Dappertutto (tanto più in Italia), quando si verifica un disastro, la domanda immediata che ci si pone - soprattutto sui media - è la seguente: chi ne è responsabile? Accade sempre. Ebbene, da otto mesi subiamo la più grave catastrofe dalla Seconda guerra mondiale, una pandemia che non ha fatto solo centinaia di migliaia di morti nel mondo e 35 mila in Italia, ma che ha devastato le economie di tutto il globo (la nostra più di tutte) e sta continuando a paralizzare la vita sociale, economica e politica dei popoli. Eppure in questo caso, e solo in questo caso, non si trova nessuno che indichi le responsabilità o si chieda "di chi è la colpa?" Perché il colpevole è ignoto? No, è notissimo.
Si tratta della Cina comunista. La cui responsabilità è chiara. Il 1° aprile scorso il cardinale Charles Maung Bo, presidente della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche ha scritto: "C'è un governo che ha la responsabilità primaria, a motivo di ciò che ha fatto e di ciò che ha mancato di fare, e questo è il regime del Partito comunista cinese a Pechino () Bugie e propaganda hanno messo in pericolo milioni di vite in tutto il mondo questo regime è responsabile, attraverso la sua negligenza e repressione criminale, della pandemia che oggi dilaga nelle nostre strade". Quale altro giornale italiano, oltre a Libero, ha riportato queste parole? Ma c'è ancora di più. Il professor Joseph Tritto nel libro "Cina Covid-19" (Cantagalli) mostra che a quel tipo di virus si arriva con l'ingegneria genetica e siccome a Wuhan, dove è scoppiata l'epidemia, c'è proprio un laboratorio che da anni lavora esattamente su quei "prodotti", la conclusione è chiara. Tritto fa anche i nomi di chi lavorava in quel laboratorio ed era capace di progettare questo virus chimerico ricombinante e di produrne dei cloni (in questo caso evidentemente il virus è sfuggito di mano per carenza di sicurezza).
Copasir, tre costituzionalisti: così si sta violando la legge, la presidenza deve andare a FdI
Tre costituzionalisti concordano: si sta violando la legge sulla nomina del presidente del Copasir, l’organismo parlamentare di controllo dei Servizi segreti.
La legge 124 istitutiva del Copasir prevede, infatti, che la presidenza dell’organismo di garanzia vada, per diversi motivi, all’opposizione. Quindi a Fratelli d’Italia, l’unico partito che è rimasto fuori dalla maggioranza. E che non ha votato la fiducia al governo Draghi.
Ma l’attuale presidente del Copasir, il leghista Raffaele Volpi, si è rivolto ai presidenti delle Camere invocando, per restare alla guida dell’organismo che deve andare ad Fdi, il precedente di Massimo D’Alema. Che, nel 2011, rimase in sella anche con il governo tecnico di Mario Monti, sancendo, così, proprio uno strappo alla lettera della legge 124.
Il precedente del caso D’Alema invocato dalla Lega per restare alla guida del Copasir
A differenza di tutti i suoi predecessori l’attuale presidente leghista del Copasir, Angelo Volpi, cita – ma a sproposito – il caso D’Alema. E non si è, quindi, è dimesso con il passaggio del suo gruppo alla maggioranza. Ma ha, invece, chiesto un’interpretazione della legge 124 ai presidenti delle Camere, la forzista Elisabetta Casellati e il grillino Roberto Fico.
D’Alema era subentrato all’allora presidente del Copasir, Rutelli che aveva, a sua volta, apprezzabilmente avvertito il dovere morale di dimettersi dalla carica dopo aver abbandonato il partito democratico, pur rimanendo alla opposizione.
Dopo le foibe la Resistenza: un libro smonta le tesi di Pansa. Laterza è ormai la casa editrice dell’Anpi
Bisogna “rinsaldare gli anticorpi dell’antifascismo”. Questo lo scopo del libretto che Laterza dà alle stampe dopo quello di Eric Gobetti teso a minimizzare il dramma delle foibe. Si intitola “Anche i partigiani però” e si presenta come un’operazione di fact checking per ristabilire la verità sulla Resistenza. L’autrice del libro, Chiara Colombini, lavora all’Istituto storico della Resistenza di Torino. Non proprio una voce super partes. Ma come sempre avviene dalle parti della sinistra, la verità ideologica si sovrappone al vero e fanno tutt’uno.
Il libro sulla Resistenza di Chiara Colombini
Il libro, che in sostanza è un’apologia della Resistenza fondata sul principio aprioristico che i partigiani non hanno mai commesso atrocità, viene salutato con entusiasmo dal Fatto: “Un piccolo manuale di difesa delle idee e che restituisce le giuste ragioni a chi ha sempre avuto ragione”. Guai a dare spazio alle “ragioni dei vinti”, si finisce con l’oscurare un “mito”, quello resistenziale, che deve continuare ad essere fondativo dell’etica collettiva.
La civile Svizzera domani alle urne per vietare burqa e niqab alle islamiche
In passato è riuscito a far approvare il referendum contro la costruzione dei minareti in Svizzera. E per domani il Comitato di Egerkingen attende fiducioso gli svizzeri su un altro passaggio fondamentale: il referendum per vietare il burqa e il niqab negli spazi pubblici.
L’iniziativa per “il divieto di dissimulare il viso” è stata proposta dallo stesso Comitato di Egerkingen. E l’esito della consultazione è al momento incerto.
Gli ultimi sondaggi danno una lieve maggioranza di Sì. Ma il numero dei favorevoli è in netta diminuzione rispetto a rilevamenti precedenti.
La proposta anti burqa in Svizzera, sostenuta dal partito populista di destra Udc, prevede il divieto di coprirsi il viso con eccezioni per “motivi inerenti alla salute, alla sicurezza, alle condizioni climatiche e alle usanze locali“.
L’ultima eccezione si riferisce prevalentemente al Carnevale. E per quanto riguarda la salute, va ricordato che il voto si svolge mentre vige l’obbligo di coprirsi naso e bocca con la mascherina per proteggersi dal contagio del Coronavirus.
Vittime del Covid, a Bergamo familiari “snobbati” per la visita di Draghi: «Ennesima provocazione»
Alle celebrazioni per la Giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid i familiari di chi ha perso la vita potrebbero non essere invitati: è il paradosso che si consuma a Bergamo, dove il 18 marzo è atteso il presidente del Consiglio Mario Draghi. Si tratta una situazione simile a quella che si verificò anche in occasione del concerto al cimitero Monumentale, alla presenza del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, e poi rientrata con una frettolosa marcia indietro che infine aprì le porte solo al comitato “Noi denunciamo”. A sollevare il caso, che coinvolge direttamente il Comune guidato da Giorgio Gori, sono stati i legali dei familiari delle vittime del Covid.
Per il Comune è «presto per ipotizzare» un invito
«Apprendiamo dalla stampa locale che secondo il Comune di Bergamo sarebbe ancora “presto per ipotizzare una rappresentanza” dei legali dei familiari delle vittime. Un concetto che si sarebbe potuto esprimere in mille modi diversi. Ma che, così espresso, suona come l’ennesima puerile provocazione di un Comune (e di chi ne fa le veci), che ha sempre inviso l’attività di denuncia dei familiari delle vittime tanto da non essersene mai interessato. E per la quale non ha mai speso pubblicamente una parola di sostegno», hanno scritto in una nota i legali Consuelo Locati; Luca Berni; Giovanni Benedetto; Alessandro Pedone; Piero Pasini; Robert Lingard.
La rabbia dei familiari vittime del Covid di Bergamo
A rendere ancora più paradossale e odiosa la vicenda c’è il fatto che proprio dai legali che rappresentano i familiari delle vittime del Covid era partito l’invito a Draghi, con una lettera inviata alla presidenza del Consiglio il 22 febbraio e nella quale si sottolineava il senso di abbandono da parte delle istituzioni. Un sentimento corroborato anche dalla scarsa attenzione rivolta ai familiari in occasione della precedente, rara visita dei vertici dello Stato in città.
Un «film già visto»
«Sembra di rivedere – hanno sottolineato gli avvocati – un film già visto nei toni e nei modi. Quello del concerto presso il cimitero Monumentale di Bergamo alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lo scorso giugno che vide l’invito in extremis del presidente del comitato “Noi Denunceremo”, Luca Fusco (e rispetto al quale ci risulta lo stesso sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, non ha ancora chiarito i rapporti pubblicamente)». Un riferimento, quest’ultimo, al sospetto di un legame politico tra i due, che ha già lacerato i rapporti interni al Comitato Vittime.
Il Recovery affidato agli americani di McKinsey, Meloni: «Incredibile». E Pd e Leu cadono dal pero
Non solo la ferma opposizione di FdI, che ha già annunciato un’interrogazione. La scelta del ministero dell’Economia di affidarsi alla società di consulenza americana McKinsey per la stesura del Recovery Plan sta creando un terremoto anche nelle forze che compongono la stessa maggioranza, che si accodano alle proteste del partito di opposizione. «È possibile che con tutti i ministri, viceministri, sottosegretari, capi dipartimento, capi uffici legislativi, task force, dirigenti, tecnici e funzionari dello Stato che abbiamo, il governo Draghi debba affidare la stesura del Recovery Plan ad una società privata di consulenza?», ha chiesto Giorgia Meloni, rilanciano una grafica di FdI, che bolla la vicenda come «incredibile».
Il contratto tra Mef e americani «firmato nei giorni scorsi»
Sul tema il deputato di FdI e responsabile per l’innovazione del partito, Federico Mollicone, ha già annunciato la presentazione di una interrogazione. Ora anche da Pd e Leu si levano voci di protesta, per una scelta che appare piombata inaspettata sulle stesse forze di maggioranza. La notizia che sta scuotendo i “Dragi boys”, infatti, è emersa grazie a indiscrezioni di stampa. In particolare, è stata Repubblica a riferire che «il contratto tra la società e il ministero è stato firmato nei giorni scorsi» e che «è stato il Mef, guidato da Daniele Franco, a contattare McKinsey per accelerare la riscrittura del piano italiano e colmare i ritardi accumulati nei mesi scorsi».
Sanremo 2021, vincono i Maneskin ma è bufera sul televoto: "Fedez e Michelin secondi?", cosa non torna
Il Festival di Sanremo 2021 se lo sono aggiudicati i Maneskin con "Zitti e buoni". All'esordio sul palco del teatro Ariston, il gruppo che ha iniziato a farsi strada grazie a xFactor ha trionfato col suo rock al termine della 71esima edizione, che passerà alla storia come la prima - e si spera unica - senza pubblico a causa dell'emergenza coronavirus che dopo un anno ancora perseguita l'Italia e il mondo intero. I Maneskin sono entrati nella terna finale insieme a Francesca Michelin e Fedez ed Ermal Meta, battendoli entrambi quando in realtà non sembravano essere i favoriti, vista la mole di preferenze su cui potevano contare gli altri artisti in gara per la vittoria.
In particolare non è mancata una polemica piuttosto accesa sui social per il fatto che Chiara Ferragni, potendo contare su oltre 20 milioni di follower su Instagram, abbia influenzato pesantemente l'esito del televoto, riuscendo a far rimontare Fedez e la Michelin fino al secondo posto, a un soffio dalla vittoria finale. Ovviamente nulla di illecito, ma per i fan degli altri artisti non è facile digerire il fatto che l'imprenditrice digitale possa spostare numeri così imponenti pure a Sanremo, stando comodamente seduta sul divano di casa sua insieme al figlio Leone che è più famoso di molti cantanti impegnati al teatro Ariston quest'anno.
Per quanto riguarda il resto, Willi Peyote con il brano "Mai dire mai (La locura)" si è aggiudicato il premio della critica Mia Martini, mente Colapesce e Di Martino con "Musica Leggerissima" si sono portati a casa il premio Lucio Dalla, assegnato dalla sala stampa composta da radio, tv e web. Un premio è stato destinato anche a Fiorello: si tratta del Città di Sanremo, che Amadeus ha voluto fargli recapitare "perché senza di lui il Festival non avrei potuto farlo". "È il premio più bello della mia carriera - ha replicato lo showman siciliano - lo dedico a tutti quelli che hanno lavorato affinché il Festival arrivasse alla quinta puntata È il nostro premio", ha chiosato Fiorello che già nel corso della serata aveva chiesto un applauso per le maestranze.
Coronavirus, bollettino 6 marzo: quasi 100mila morti, crescita costante di contagi e ricoveri
Continua a peggiorare giorno dopo giorno la situazione epidemiologica dell’Italia, tanto che il Comitato tecnico scientifico ha suggerito caldamente al governo presieduto da Mario Draghi di attuare subito un lockdown duro, essendo la diffusione delle varianti del Covid fuori controllo. L’alternativa sarebbe far scattare in automatico la zona rossa nel momento in cui si supera la soglia dei 250 contagi per 100mila abitanti: nel nuovo Dpcm firmato da Draghi è invece previsto che a decidere se attuare o meno la zona rossa sono i governatori.
Intanto il bollettino di sabato 6 marzo rilasciato dal ministero della Salute non trasmette affatto buone notizie: oggi sono stati registrati 23.641 contagiati, 13.984 guariti e 307 morti su 355.024 tamponi analizzati, con il tasso di positività che è risalito al 6,7 per cento (+0,3 rispetto a ieri). Continua ad aumentare anche la pressione sul sistema sanitario nazionale: il saldo dei ricoveri in reparti Covid è +327 (20.701 posti letto attualmente occupati), mentre quello dei ricoveri in terapia intensiva è +46 (2.571) con 214 ingressi del giorno.
Gli attualmente positivi sono saliti a 465.812, mentre i morti sono ormai prossimi a raggiungere quota 100mila: sono 99.578, un’enormità. La buona notizia arriva dalla campagna di vaccinazione, che finalmente sta iniziando a decollare: nelle ultime 24 ore sono state somministrate più di 200mila dosi per un totale di 5.231.708.
Sanremo 2021, Giorgia Meloni fa i complimenti al direttore d'orchestra Beatrice Venezi: "Da applausi sulle donne"
Alla co-conduzione della quarta serata di Sanremo che rianima gli ascolti del Festival della Canzone c'è il direttore d'orchestra Beatrice Venezi, per la parte delle Nuove Proposte. Ed è lei la protagonista della prima mezza polemica che si scatena sui social: “Quello che conta per me è il talento e la preparazione con cui si svolge un determinato lavoro. La posizione, il mestiere, hanno un nome preciso e nel mio caso è direttore d'orchestra" dice la Venezi sul palco con Amadeus che non osa chiamarla "direttrice" e le fa spiegare il perché. Sul caso interviene anche la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni che in un post sui social si complimenta con la Venezi: "Complimenti a Beatrice Venezi - scrive la Meloni - che a Sanremo ha liquidato, con una semplice frase, questa rincorsa confusa al politicamente corretto".
Speranza, la lettera mai vista: "Se era un piano segreto, lei…"
Il carteggio riservato dopo le notizie sul "piano segreto". Speranza infuriato: "Informazioni riportate incautamente"
Martedì 21 aprile, interno giorno. Ufficio del ministro della Salute. Roberto Speranza sfoglia il Corriere della Sera, arriva a pagina 11 e gli si accappona la pelle. Lo immaginiamo così il momento in cui il ministro scopre l'avventata intervista rilasciata da Andrea Urbani, direttore generale della Prevenzione e membro importante del Comitato tecnico scientifico anti Covid
Uno choc cui segue per reazione una missiva di fuoco - che ilGiornale.it mostra in esclusiva - inviata al "caro Andrea" e che segna il primo atto della "strategia difensiva" del dicastero per riparare al vespaio di polemiche provocato dal suo direttore generale.
Per capire facciamo un salto indietro, come già ampiamente ricostruito nel Libro nero del coronavirus (clicca qui). Il 20 aprile, un giorno prima del patatrac, il Corriere della Sera pubblica un’inchiesta su "errori, omissioni e sottovalutazioni" che hanno accompagnato i primi mesi di pandemia. Nel pezzo si parla della (folle) decisione di bloccare i voli dalla Cina lasciando il "buco" degli scali intermedi, ma anche di silenzi normativi, assenza di mascherine ed altre questioni già emerse nell’inchiesta di Inside Over di alcuni giorni prima. Forse per "rispondere" all'articolo del Corsera, i tecnici del ministero della Salute si sentono in dovere di replicare. E il giorno successivo Urbani smentisce "vuoti decisionali" rivelando urbi et orbi l’esistenza del "Piano segreto": "Già dal 20 gennaio - dice - avevamo un piano secretato e quel piano abbiamo seguito. La linea è stata di non spaventare la popolazione e lavorare per contenere il contagio".