Il nuovo governo in Portogallo, la riconferma di Rutte in Olanda, le regionali in Francia e il successore di Merkel in Germania. Tutte le elezioni del 2021 in Europa
Nel 2021 in tutta Europa ci saranno elezioni che potrebbero modificare il panorama politico e i risultati, a seguito di un anno segnato dalla pandemia, potrebbero essere inaspettati. Al momento l’unica certezza sembra essere che la cancelliera tedesca Angela Merkel, dopo 15 anni di governo, terminerà il suo mandato al governo, mentre altri leader dovranno fare i conti con la loro gestione dell’emergenza sanitaria, cercando una difficile rielezione.
PORTOGALLO
L’anno si apre con le elezioni in Portogallo, che si terranno il 24 gennaio. Come si legge su Politico, secondo i sondaggi l’attuale presidente di centrodestra, Marcelo Rebelo de Sousa, ha più del 60% delle preferenze – il che lo rende favorito per la rielezione. Tuttavia, i suoi due sfidanti stanno attirando l’attenzione dei media. L’ex deputata socialista Ana Gomes è data al 13% e André Ventura, il candidato di estrema destra, al 10,6%. Il risultato di Ventura, che ha fondato il partito Chega solo nel 2019, è sintomo di un sostegno alla sua corrente politica, che fino a poco tempo fa non era una forza importante in Portogallo.
OLANDA
Le elezioni presidenziali in Olanda sono in programma dal 15 al 17 marzo e il primo ministro, Mark Rutte, si ricandida per ottenere il quarto mandato. Il suo Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD) è in testa nei sondaggi e mira a vincere 37 seggi – quattro in più di quelli vinti alle ultime elezioni del 2017.
I risultati frammentati dell’ultima votazione, dopo molti tentativi falliti per formare un governo, hanno portato a una debole maggioranza, raggiunta soltanto con una coalizione composta con altri tre partiti: il conservatore Christian Democratic Appeal, il social-liberale Democraten 66 e l’Unione Cristiana di orientamento socio-conservatore.
Mancini e l'addio alla Nazionale: ecco quando lascerà la panchina azzurra
MANCINI A TUTTO CAMPO: LA NAZIONALE, IL RITORNO IN UN CLUB, BALOTELLI E... LE PAROLE DEL CT AZZURRO
MANCINI: VOGLIO ANDARE AI MONDIALI CON L'ITALIA
L'Europeo, i Mondiali in Qatar (novembre-dicembre 2022) e poi forse Roberto Mancini lascerà la panchina della nazionale italiana. Il ct azzurro non si sbilancia, lascia aperte tutte le porte, ma dalle sue parole emerge qualche indizio sulle sue future mosse. "I contratti sono li' ma si possono rompere o allungare in qualsiasi momento. Fare i Mondiali con l'Italia? Intanto dobbiamo qualificarci, visto che non e' cosi' scontato dopo l'ultima volta. Prima abbiamo l'Europeo e poi la Nations League in casa nel prossimo ottobre. Dopo ci sono i Mondiali: nell'arco di due anni abbiamo tre competizioni importanti ed e' chiaro che uno vorrebbe giocarle tutte". Cosi' il ct della Nazionale, Roberto MANCINI, intervenuto a "Tiki Taka - La Repubblica del pallone", il talk show sportivo condotto da Piero Chiambretti in onda in seconda serata su Italia 1, parlando di un possibile rinnovo contrattuale. "Eravamo scesi al ventunesimo posto del ranking mondiale, ora siamo decimi e sesti in quello europeo - ha ricordato con una punta di orgoglio il 56enne allenatore jesino - Abbiamo fatto molto bene in questo anno e mezzo, fortunatamente siamo riusciti a risalire e penso che possiamo salire ancora perche' l'Italia merita molto di piu'".
MANCINI: DOPO LA NAZIONALE ITALIANA TORNERO' IN UN CLUB
Mancini ammette anche di sentire la mancanza di un club: "In Nazionale si giocano poche partite e a volte uno si stanca di stare a casa. Questo e' il problema. E' un grandissimo onore sedere sulla panchina della Nazionale italiana, soprattutto in questo momento in cui la squadra e' tornata molto competitiva e dobbiamo affrontare delle competizioni importanti. Poi sicuramente si', tornero' in un club".
Conor McGregor contro la realtà
C’è uno scarto significativo tra quello che McGregor sa di essere, e quello che dà a credere agli altri.
Adesso che diranno i fan di Conor McGregor? A fine incontro il pensiero è andato a loro, piuttosto che al fighter che aveva bisogno dello sgabello – piuttosto che, cioè, a quel simbolo di onnipotenza e megalomania che non riusciva a tenersi in piedi, all’uomo elegantissimo e ricchissimo, con un completo su misura (strettissimo) che è uscito di scena, dopo essere andato KO per la prima volta nella sua vita, zoppicando appoggiato a una stampella.
Non perché ci siano solo due posizioni possibili – i tifosi di Conor e gli “hater” di Conor, come molti pensano – quanto piuttosto perché sembra esserci uno scarto significativo tra quello che McGregor sa di essere, e quello che dà a credere agli altri. Tra l’uomo incredibilmente talentuoso e carismatico ma, a conti fatti, fragile e fallibile, e il fumo di perfezione e successo perenne che getta negli occhi già innamorati di chi lo guarda. Oppure, se preferite, tra lo sportivo dalla personalità ipercompetitiva, e il suo marketing.
In realtà, il presupposto dovrebbe essere l’opposto di quello che pensano i fan più accaniti di Conor McGregor: per chi lo ha seguito in questi anni è impossibile non tifare sempre, almeno in parte, per lui.
Persino quando ci ha trascinato in quell’esibizione a metà tra cinema e circo con Floyd Mayweather, per quanto critici, abbiamo mantenuto quel minimo di ingenuità necessaria per sperare che magari, chissà, Conor sarebbe riuscito a battere il pugile più vincente (e paraculo) di sempre. Era impossibile, lo sapevamo, ma che sogno sarebbe stato: il pugile-idraulico che passa attraverso le fiamme delle arti marziali miste per poi, con un giro lunghissimo, diventare il primo a sconfiggere – se possibile mandandolo KO – il pugile più intoccabile degli ultimi decenni?
Chi è Mario Draghi, l'uomo del "Whatever it takes"
In attesa di scoprire se Draghi sarà effettivamente il prossimo premier, è utile ripercorrere le fasi salienti della sua vita
Mario Draghi è stato convocato al Quirinale da Sergio Mattarella.
Quasi sicuramente, l'ex presidente della Banca centrale europea sarà incaricato di provare a formare un governo tecnico. "Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha convocato per domani mattina alle 12 al Quirinale il professor Mario Draghi": è questo il cinguettio apparso poco dopo le 21:30 del 2 febbraio sul profilo ufficiale del Quirinale su Twitter. In attesa di scoprire se Draghi sarà effettivamente il prossimo premier, è utile ripercorrere le fasi salienti della sua vita.
L'inizio e l'ascesa
Mario Draghi nasce a Roma il 3 settembre 1947. Si laurea con l'economista Federico Caffè presso l'università La Sapienza di Roma, per poi ottenere un dottorato in Economia al prestigioso Massachusetts Institute of Technology. Inizia quindi la stagione dell'insegnamento: all'Università di Firenze, Padova, Trento e Venezia. Sempre negli anni '80, Draghi approda nei corridoi ministeriali nella veste di consigliere economico del ministro del Tesoro Giovanni Goria, che lo designa a rappresentare l'Italia negli organi di gestione della Banca mondiale.
Elezioni 2021: Germania, Perù, Hong Kong e… ecco dove si vota nel mondo
Dalla Somalia al Perù all’Iran, saranno tanti i paesi che nel prossimo anno si recheranno alle urne per eleggere i loro rappresentanti politici
Africa
Il primo paese ad andare al voto nel continente africano sarà l’Uganda, che terrà le elezioni generali a gennaio 2021. In Somalia invece l’8 febbraio si voterà con elezioni indirette per indicare i parlamentari e il prossimo presidente. Il primo ministro Mohamed Hussein Roble ha sottolineato come il governo si stia impegnando per far svolgere delle elezioni credibili e pacifiche. Tornate elettorali anche per il Ciad (prima presidenziali, poi parlamentari), il Benin e il Congo, in cui difficilmente usciranno sorprese dalle urne. In Niger a febbraio potrebbe aver luogo il secondo turno delle presidenziali.
In Etiopia le politiche e le regionali erano previste nel 2020 ma causa Covid sono slittate al 5 giugno 2021. Il rinvio è stato tra i principali motivi dello scoppio della guerra nella regione settentrionale del Tigray. In Zambia invece si voterà in agosto, con il paese in forte difficoltà economica, mentre in Gambia a dicembre con il presidente Adama Barrow che ha deciso di ricandidarsi. Anche Capo Verde e il Somaliland andranno al voto, mentre per dicembre sono previste le elezioni in Libia. Il paese nordafricano è diviso in due e ancora non è certo chi si candiderà e se la popolazione riuscirà ad andare pacificamente alle urne.
Mattarella è di parte
Esiste un problema che nessuno vuole affrontare. Quel problema si chiama Sergio Mattarella. Nulla di personale ovviamente nei confronti del Presidente della Repubblica, ma quello che sta accadendo può esser pericoloso per la nostra democrazia. Ormai è chiaro che la lotta politica non è più tra destra e sinistra, bensì tra sovranismo e globalismo, cioè tra chi vuole il ripristino della sovranità degli Stati nazionali e chi invece vorrebbe un super-Stato europeo che esautori le singole sovranità.
Su questo nuovo terreno di scontro il Capo dello Stato, che secondo la nostra Costituzione dovrebbe esercitare le sue funzioni con terzietà, si è invece apertamente schierato per il progetto globalista.
Non c’è occasione in cui il Presidente della Repubblica non richiami uno dei principi cardine del liberismo, la dottrina economica sulla quale poggia l’Unione europea: l’equilibrio di bilancio. L’altro giorno in occasione dei saluti ai nuovi magistrati della Corte dei Conti, pochi mesi fa richiamando l’articolo 97 della Costituzione, quello che assicura – disse Mattarella – la sostenibilità del debito pubblico. Insomma, non la Costituzione primigenia ma quella stuprata dalla Legge costituzionale n. 1/2012 che introdusse nella Carta il vincolo del pareggio di bilancio. Una legge aspramente contraria ai principi della Costituzione del 1948.
Non a caso, come ammesso anche dall’ex ministro della giustizia del Pd Andrea Orlando un paio d’anni fa, una legge costituzionale approvata senza un’adeguata discussione e sotto il ricatto della Bce. Un vero e proprio cappotto di cemento, aggiungiamo noi, che ha condannato a morte la generazione degli attuali quarantenni.
Eppure Mattarella, invece di richiamare gli articoli 1 e 4 della Costituzione – cioè i principi del diritto al lavoro e della sovranità popolare – non perde occasione per insistere sul principio dell’equilibrio di bilancio.
Roberto Fico, altre due ore per le trattativa. Ipotesi: consultazioni-flash prima di salire al Quirinale
Qualche ora in più basterà per raggiungere un punto di incontro? I soliti ben informati avvisano che la trattativa è arrivata a un punto morto, e quindi cosa potrebbe cambiare da qui alle 18, termine ultimo imposto da Roberto Fico prima di salire al Quirinale? Ormai questo tavolo di confronto è diventato una barzelletta, che però non fa ridere nessuno perché va avanti sulla pelle degli italiani: ogni ora in più trascorsa a parlare di aria fritta spacciandola per programmi (quando invece l’unica cosa che interessa alle parti in causa è trovare una spartizione del potere che metta più o meno tutti d’accordo) è un’ora persa nella gestione della crisi sanitaria ed economica.
Di certo c'è che a Fico sono state concesse altre ore in più: la scadenza delle 16 slitta alle 18. Insomma, in atto tentativi disperati per trovare un accordo al tavolo sul cronoprogramma, dove è il tema-giustizia, in particolare, a polarizzare le forze in gioco. Fico, si apprende, potrebbe anche tenere un ultimissimo giro di consultazioni-flash dopo le 18, per sondare i partiti coinvolti prima di riferire al Quirinale.
“Il tavolo di confronto può andare avanti fino alle 18 e Roberto Fico ha specificato che entro stasera andrà al Quirinale per riferire”, hanno battuto le agenzie di stampa. Luciano Ghelfi del Tg2 ha aggiunto un dettaglio in più: prima di salire da Sergio Mattarella, il presidente della Camera potrebbe aver bisogno dell’ennesimo giro di consultazione con i leader dei vari partiti impegnati al tavolo. Ghelfi ha scritto che sarà “rapidissimo”, ma è difficile crederlo alla luce di quanto accaduto in questi giorni, con il confronto che si è prolungato sempre di più senza mai giungere a un accordo su programmi, poltrone e quant’altro.
Silvio Berlusconi, chi lo corteggia nel Pd per un "patto di legislatura": l'ipotesi prende piede
Nel Pd c'è una pattuglia che fa il tifo per Silvio Berlusconi. Quello che era il nemico di ieri, oggi potrebbe diventare il salvatore della Patria. L'uomo che riesce a unire una grande alleanza dopo i disastrosi mesi giallorossi. Capofila Giorgio Gori. Il sindaco di Bergamo, nonché ex direttore di Canale 5, è da tempo che va ripetendo: "C’è bisogno di un governo forte e autorevole, serve un allargamento della maggioranza attraverso un chiaro ed esplicito patto politico e un programma di legislatura". Ancora una volta il dem punta alla "maggioranza ampia, europeista, simile a quella che regge la commissione Ue di Ursula von der Leyen". Il tutto ovviamente con Matteo Renzi e la sua Italia Viva. Ipotesi che ora, mentre il Conte-ter sembra naufragare a causa del mancato accordo, ovviamente prende piede.
Gori è in buona compagnia. Dello stesso parere anche il deputato Claudio Mancini, ex consigliere regionale del Lazio: "Il dialogo con Forza Italia può avvenire innanzi tutto sul Recovey Plan, sulla legge elettorale e, in prospettiva, per creare le condizioni migliori per eleggere un presidente della Repubblica europeista". Da qui l'appello: "È giusto proporre un patto di legislatura intorno al quale allargare l’attuale maggioranza alle forze europeiste e anti nazionaliste". Sì Berlusconi, no Giorgia Meloni e Matteo Salvini dunque.
Paolo Mieli a L'aria che tira, lo sfogo: "Governo di poveracci e con persone imbarazzanti? Vediamo se Mattarella lo permette"
Tra chi si espone, c'è per certo Paolo Mieli. Lo storico non si nasconde parlando della crisi di governo in atto. Non si è nascosto con Libero, dove ha spiegato che l'Italia ha bisogno di un governo forte, altrimenti meglio tornare subito alle elezioni, pur con l'ok del Cts affinché siano svolte in sicurezza al tempo della pandemia. E non si è nascosto neppure a L'aria che tira, su La7, dove era ospite nello studio di Myrta Merlino. Parole forti, incisive, quelle di Paolo Mieli, al quale non piacciono i mercanteggiamenti in atto e che, soprattutto, teme il governo che potrebbe uscire da un nuovo accordo tra giallorossi.
"Mi piacerebbe che si andasse al voto, perché qualsiasi accordo tra gente che si odia sarebbe un pastrocchio", premette con evidente riferimento a Matteo Renzi, Giuseppe Conte e tutte le altre parti in causa che semplicemente non si sopportano. "Gente che si odia, veti su ministri, ministri messi lì per provocare, chiacchiere finte, poveracci - picchia durissimo Mieli -! Se Conte rimane lì per Renzi è una sconfitta devastante. Quando un Parlamento è così consumato è meglio che prenda una boccata di ossigeno", rimarca.
Quando il confine fu venduto: il massacro nascosto di italiani
La storia di due fratelli, al termine della Seconda guerra mondiale, e il confine orientale ceduto ai titini
Nei Promessi Sposi, Alessandro Manzoni le aveva definite "gente meccaniche, e di piccol affare".
Operai e artigiani che guadagnano poco e che sono, allo stesso tempo, attori e spettatori impotenti della grande Storia. È quello che succede quotidianamente attorno a noi, mentre il mondo sfreccia sempre più veloce. È quello che è successo a migliaia di italiani al termine della Seconda guerra mondiale, quando l'Italia, sconfitta, si vide costretta a cedere gran parte dei suoi territori orientali alla Jugoslavia di Josip Broz Tito. Chi, fino a quel momento, si sentiva parte del nostro Paese venne abbandonato oltre confine, in una terra che si faceva ogni giorno più ostile e che avrebbe visto la fuga di almeno 300mila connazionali. Una emorragia che sarebbe durata 13 anni - dal 1943 al 1956 - e che avrebbe preso il nome di esodo giuliano dalmata. Ma non tutti scapparono. A decine di migliaia finirono prima ammazzati e poi gettati nelle foibe, le cavità carsiche che tutto inghiottono.
È in questa cornice che, ne Il confine tradito (Leone editore), Valentino Quintana dipinge la storia dei fratelli Gherdovich, Giorgio e Mattia. Due personaggi sui generis. Il primo, prima di essere un fascista deluso, è un galantuomo che ama l'Italia. Il secondo, un partigiano "che imbraccia la visione del Risorgimento italiano ed europeo".
Governo, Paragone(Italexit): sembra il Grande Fratello, avvilente
Roma, 2 feb. (askanews) - "Siamo incartati in una bolla ipnotica di gestione del potere, è avvilente tutto quello che stiamo vedendo, tutti trascinati in una rissa da bar promossa da Renzi, in cui l ego di Renzi confligge con quello di Conte, ecc. Da fuori ci dicono che sembra viviamo in una specie di Grande Fratello..... E mi spiace perché più il tempo passa e più verranno al pettine nodi incredibili, soldi, liquidità che manca, ristori che non arrivano, gli inganni sui vaccini, c è mancanza di trasparenza come dicevo in aula, non c è una legge che disciplina il piano vaccinale e questo è assurdo".
Così il senatore del gruppo Misto e fondatore di No Europa per l Italia - Italexit con Paragone, Gianluigi Paragone, commentando la crisi di governo mentre si attende l'esito del tavolo di maggioranza voluto dal presidente della Camera, Roberto Fico, dopo il primo giro di consultazioni.
Nicola Zingaretti fa arrabbiare le parlamentari Pd. Rivolta dopo lo scontro con Concita De Gregorio
Non si placa la polemica nel Pd, dopo il testo che Concita De Gregorio ha dedicato a Nicola Zingaretti. Il segretario deve sapere che molte tra le parlamentari dem sono contro lui: discutono animatamente, e la prima critica riguarda «il tono della replica di Nicola, che non avrebbe mai fatto una cosa simile se a scrivere quel fondo fosse stato un uomo. Vergognosa prova di machismo, e proprio contro una donna di sinistra».
Ed è solo il primo gol per Concita. Poi: «Nicola deve ricordarsi che Concita sta pagando di tasca sua tutte le condanne per le querele a carico dei giornalisti de l’Unità, per la fine che è stata fatta fare alla testata fondata da Antonio Gramsci. Sono tutti scappati, Concita no. Almeno un po’ di rispetto ci vuole, per come è stata trattata». Secondo gol per la De Gregorio.
Ma non finisce qui, perché si arriva alla tripletta: «Nel partito si era parlato della direzione di Rai3 proprio per Concita, sia per il suo valore professionale che per quanto sta patendo da anni per colpa nostra, ma inspiegabilmente quella nomina è stata affondata da qualcuno che sta sempre in mezzo a noi». Qualcuno dica a Zingaretti che i social è meglio lasciarli a chi li sa maneggiare, e dai grillini su questo tema può iniziare ad imparare. Un tweet sbagliato può rovinare anche chi guida un partito tranquillo. E se cominciano ad arrabbiarsi le parlamentari...
Bonaccini ferma pure i diesel
Oltre ai colori delle Regioni tocca fare attenzione pure al bollino rosso per i diesel, a causa dello smog, nell’Emilia Romagna guidata da Stefano Bonaccini. Per lo sforamento dei livelli di polveri sottili Pm10, oggi e domani in ogni provincia saranno in vigore le misure emergenziali che prevedono lo stop alla circolazione di tutti i veicoli diesel euro 4, l’abbassamento del riscaldamento nelle case e nei siti produttivi. Senza dimenticare la pandemia, il coprifuoco...
Si sgonfia il fango sulla Lombardia: archiviata inchiesta sui vaccini
A quattro mesi di distanza dall'apertura dell'indagine conoscitiva, l'intero fascicolo è stato archiviato dalla Procura di Milano
La Regione Lombardia era finita nell'occhio del ciclone a causa del presunto acquisto di vaccini antinfluenzali a un prezzo superiore rispetto a quello di mercato.
Adesso, a quattro mesi di distanza dall'apertura dell'indagine conoscitiva, l'intero fascicolo è stato archiviato dalla stessa Procura di Milano (ricordiamo che l'archiviazione di un fascicolo conoscitivo non passa per un gip).
Fascicolo archiviato
Il fascicolo, senza indagatiné titoli di reato, si focalizzava sul ritardo negli acquisti dei vaccini antinfluenzali da parte della Regione guidata da Attilio Fontana, oltre che sullo scarso numero di dosi disponibili. Era stato aperto dal pm di Milano, Giordano Baggio, del dipartimento Reati contro la pubblica amministrazione. L'inchiesta era inoltre coordinata dall'aggiunto Maurizio Romanelli, ed era stata aperta sulla verifica di alcune notizie di stampa e sullo studio dei bandi pubblici.
Striscia la Notizia, "suo malgrado". Roberto Fico ridicolizzato, lo strepitoso "vaffa" di Ezio Greggio
Tutta l'inadeguatezza di Roberto Fico, il presidente della Camera a cui Sergio Mattarella ha conferito un mandato esplorativo per ragioni piuttosto oscure. Tutta l'inadeguatezza del grillino, che viene fatta emergere anche da un graffiante servizio di Striscia la Notizia, proposto nella puntata in onda su Canale 5 lunedì 1 febbraio. Servizio in cui un finto Fico, interpretato da Dario Ballantini, si sfoga con i politici di fronte ai palazzi del potere, chiedendo di essere sollevato dall'incarico, appunto. Una satira graffiante e molto centrata.
I grillini danno vita al gruppo “la resistenza”. Sono una ventina di irriducibili anti-Renzi
E costituito da una ventina di persone quella fetta di deputati e senatori malpancisti che nel nome dell’antirenzismo si candida a diventare la spina nel fianco del prossimo esecutivo. Questa volta però, secondo quanto apprende l’Adnkronos, i ribelli si sarebbero dati anche un nome di battaglia: “la resistenza”.
La fronda comincia ai primi di dicembre
Tutto comincia nei primi giorni di dicembre, quando una cinquantina di parlamentari M5S, in un documento indirizzato ai vertici, minaccia di votare no alla risoluzione di maggioranza relativa alla riforma del Mes, che riceverà poi il via libera dalle Camere il 9 dicembre.
Il gruppo social si chiama “la resistenza”
E’ proprio in quelle settimane, raccontano, che si crea una sinergia tra le due frange ribelli di Camera e Senato. “Gli irresponsabili”, si chiamano scherzosamente tra di loro i malpancisti. Viene creata anche una chat ‘parallela’ a quelle normalmente utilizzate nell’ambito dei lavori parlamentari: il gruppo social viene battezzato appunto “la resistenza”.
Miliardari si fingono poveri camerieri per ottenere il vaccino anti Covid: scoperti e umiliati in pubblico
Sciacalli, scoperti e puniti. Due miliardari si fingono poveri per ottenere il vaccino contro il Covid. E ora, rischiano il carcere. L’episodio è avvenuto in Canada e sta creando scalpore, vista anche la notorietà della coppia. Si tratta di Rodney e Ekaterina Baker (nella foto del Guardian): lui magnate nel settore dei un casinò ed ex presidente della Great Canadian Gaming Corporation, lei attrice.
Secondo quanto riportato dalla stampa internazionale, i due hanno noleggiato un aereo per raggiungere una remota comunità nel territorio dello Yukon, nel nordovest del Canada. Arrivati sul posto si sono spacciati per dipendenti di un motel locale per ottenere in anticipo il vaccino altrimenti destinato ai residenti più anziani e vulnerabili. Quando la truffa è venuta alla luce, la coppia è stata multata di 1.800 dollari per avere violato le misure d’emergenza dello Yukon. Anche in Italia, tra file saltate e “influenze” nascoste, non ci siamo fatti mancare i furbetti…
Baker è stato costretto a dimettersi dal casinò per il quale lavorava e il ministro dei servizi sociali dello Yukon ha notificato alla coppia un avviso di comparizione in tribunale. Se condannati, potrebbero scontare fino a 6 mesi di carcere. “Sono indignato da questo comportamento egoistico. Tutti qui nello Yukon siamo indignati”, ha detto il ministro John Streicker. “Trovo inquietante che la gente scelga di mettere a rischio i propri connazionali canadesi in questo modo”, ha aggiunto. La coppia dovrebbe comparire in tribunale il 4 maggio. Nel frattempo suoi social è partito il pubblico ludibrio contro la coppia.
Salvini: «Pensioni, cartelle, giustizia e vaccini. Il Paese è nel caos, il governo litiga sulle poltrone»
Matteo Salvini torna sulle trattive di governo in corso. E tra il serio e il faceto, commenta: «Molti parlamentari piuttosto che lasciare la poltrona voterebbero alieni. Spero che questa settimana si chiuda questa manfrina dell’esecutivo». Matteo Salvini, ospite di Buongiorno Lombardia, su Telelombardia, ricorre all’ironia per stigmatizzare lo stallo della crisi e la fase delle consultazioni di Fico. Questioni aperte, rispetto alle quali il leader della Lega rilancia compattezza e disponibilità del centrodestra, ribadendo: «Siamo compatti. Stiamo facendo proposte. Abbiamo detto a Mattarella, “comunque vada noi votiamo in Parlamento quello che porta il governo”: il rimborso per bar e ristoranti, la rottamazione delle cartelle elettorali, le vaccinazioni». Ma sottolineando al tempo stesso che: «Penso che sia difficile andare al governo con quel Pd che ha cancellato il decreto sicurezza. Che vuole cancellare Quota 100. Come faccio a stare insieme a chi ha una visione del mondo totalmente diversa dalla mia?». Con un partito al governo grazie a accordi di palazzo che non hanno previsto il passaggio per le urne? «Io – rimarca a riguardo Salvini – coi 5Stelle di Toninelli che bloccavano tutto ho detto “basta. Molliamo le poltrone per restituire parola a italiani”. Loro, invece, si son messi d’accordo tutti: Di Maio, Boldrini, Conte, Zingaretti, Renzi. Salvo poi tornare a litigare di nuovo»…
Italia senza vaccini ma al tavolo si accordano sulla legge elettorale che fa più comodo a loro
Il tavolo sul programma di governo, in corso a Montecitorio da questa mattina alle 9.30 e insediato per volontà del presidente ‘esploratore’ Roberto Fico, riprenderà e porterà avanti i lavori anche nella giornata di domani, per chiuderli entro e non oltre le ore 13. L’annuncio è arrivato nella serata di ieri. E certo un programma di governo, per di più con un documento scritto come pretende Italia viva, non è una faccenda che si può sbrigare in quattro e quattr’otto.
Palamara alza il tiro: Ermini? Anche lui eletto al Csm col sistema dell’hotel Champagne. E Pignatone…
Luca Palamara alza il tiro suoi suoi ex-colleghi che lo hanno messo all’indice ed espulso dalla magistratura trattandolo come un appestato.
E quello che era un timore recondito, il fastidioso ronzio di un’ape vicino all’orecchio, inizia a prendere pericolosamente concretezza: Luca Palamara ne ha per tutti, nessuno escluso.
La biblica parola d’ordine è: “muoia Sansone con tutti i Filistei”. E l’azione è conseguente.
Il problema per i suoi ex-colleghi a questo punto non è più “chi”, ma “quando”. E “come”.
Prendiamo Ermini, il placido avvocato toscano proiettato da Renzi ai vertici del Csm.
Ieri fra Ermini – che ha definito incautamente l’ex-pm romano una “scoria” – e Palamara, c’è stato il primo round. Oggi è arrivato il resto.
“La versione iniziale per cui il ‘Sistema’ (sottinteso Palamara, ndr) si identificava in quella famosa notte all’Hotel Champagne, alla quale avevano partecipato Lotti, Palamara e Ferri, e che avrebbe significato l’aspetto più deteriore del correntismo, oggi non l’accetta più nessuno per un motivo molto semplice: il vicepresidente Ermini è ancora il vicepresidente del Csm e venne eletto con lo stesso meccanismo di quella sera”.
Covid, Matteo Bassetti dà la sveglia: prendiamo il vaccino russo e diamo AstraZeneca anche agli over-55
Matteo Bassetti dà la sveglia alle istituzioni: il piano vaccini è a rischio, bisogna accelerare con tutti i mezzi a disposizione. "Se riusciamo a mettere in sicurezza gli ultra 80enni entro l estate, la prossima estate sarà un'estate di luce come era stata lo scorso anno. Senza ovviamente esagerare ma se mettiamo in sicurezza le persone più che fragili che poi sono gli anziani già lì avremo fatto un grandissimo passo verso l'uscita". Lo ha detto il primario della clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, Matteo Bassetti, a Tv2000 ospite del programma 'Il mio medico'.
"Quello che mi interessa - ha spiegato Bassetti a Tv2000 - non è avere il raffreddore ma che non mi venga la polmonite. Perché se gli italiani non hanno la polmonite non vanno negli ospedali e non muoiono. Questo è l'obiettivo che dobbiamo porci. Quindi ok anche al vaccino russo di ottima efficacia. Poi arriverà quello di Johnson & Johnson. Dobbiamo aprire il più possibile ad altri vaccini perché questa è una guerra contro il tempo".
Altro tema è la fornitura dei vaccini attualmente in uso. Non solo per i ritardi, ma anche per le limitazioni su quello AstraZeneca, "non consigliato" agli over-55. Bassetti, ospite di Myrta Merlino a L'aria che tira su La7, ha spiegato che "si è ridotto il numero di vaccini perché la capacità di produzione è minore di quanto previsto. L'operazione dell'Aifa (che sconsiglia agli over-55 il vaccino AstraZeneca, approvato dall'Ema senza tale limitazione, ndr) rischia di essere castrante. Noi dobbiamo mettere in sicurezza più persone possibile anche con un vaccino che non è efficace al 100 per cento".
Le Iene, Luigi Pelazza condannato a 2 mesi di carcere: "Violenza privata", una sentenza che può stravolgere la tv
Una sentenza storica che potrebbe cambiare il modo di fare giornalismo, televisione, o perlomeno alcuni modi di fare interviste d'assalto. Il Tribunale di Milano ha condannato l’inviato del programma televisivo di Italia 1, Le Iene, Luigi Pelazza a 2 mesi di carcere, convertiti su richiesta dell’imputato alla pena pecuniaria di 15mila euro e sospesa, per il reato di violenza privata ai danni della giornalista Guia Soncini, costituita parte civile e difesa dall’avvocato Davide Steccanella.
Assolto invece "per non aver commesso il fatto" l’altro imputato, il cameraman Osvaldo Camillo Verdi, perché dal processo non è emersa la certezza che fosse presente quel giorno. Il pm Francesco Cajani aveva chiesto 9 mesi di carcere. "E' stato condannato il 'metodo Iene'", dice l'avvocato di Guia Soncini. “E’ una sentenza importante – afferma Steccanella –perché ha stabilito che non sempre il ‘metodo Iene’ è scusato dal pure legittimo diritto di cronaca. In questo caso si era trattato di un vero e proprio agguato nel cortile interno di un palazzo privato, impedendo alla mia cliente di fare rientro in casa propria fino all’arrivo delle forze dell’ordine per confezionare un servizio a effetto”.
Quella delle interviste "d'assalto" è una polemica antica, e non riguarda solo le Iene. Tanti personaggi, nel corso degli anni, hanno manifestato fastidio nei confronti di un metodo considerato invasivo, aggressivo. Secondo l'Agi, Pelazza e Verri il 19 settembre 2015 “dopo essersi introdotti indebitamente”, fingendosi dei corrieri, nello stabile della donna, “con violenza esercitata in modo idoneo a privare coattivamente della libertà di determinazione e di azione della parte offesa, le impedivano di accedere alla palazzina e con analoga violenza le impedivano di fare rientro nella propria abitazione, costringendola a tollerare la loro presenza con una serie insistente di domande alle quali la parte offesa dichiarava da subito di non voler rispondere”.
Giorgia Meloni sulla crisi: "Elezioni più vicino di quel che si pensi, Sergio Mattarella non le ha escluse"
Giorgia Meloni non cambia idea. Per la leader di Fratelli d'Italia l'unica soluzione a questa crisi di governo è il ritorno alle urne. "Mi pare che il centrodestra sia rimasto compatto, al di là di quello che annunciavano gli osservatori. Per noi il modo più responsabile di risolvere la crisi è sciogliere le Camere e tornare al voto, qualsiasi governo nascesse in questa legislatura avrebbe gli stessi problemi: partiti che stanno insieme più per paura delle elezioni che per portare avanti una visione comune".
Ma la Meloni e gli alleati di Lega e Forza Italia non sembrano gli unici a pensare alle elezioni. La numero uno di FdI, in un intervento ai microfoni di Mix delle Cinque su Rai Radio1, si lascia andare a una rivelazione che farà senz'altro tremare Giuseppe Conte. Il motivo è presto detto: basta affiancare il nome del presidente della Repubblica alla parola "voto" da seminare il panico. "La mia speranza è alta. Credo che, in realtà, le elezioni siano più vicine di quanto non si voglia dire. Lo stesso Presidente Mattarella nei colloqui con noi non ha escluso questa ipotesi". In sostanza, le urne sono lontane, "ma comunque più vicine di quanto non la diano gli osservatori".
Non mancano le critiche all'attuale governo. In particolare al flop nella gestione della pandemia. "Un voto? Siamo molto sotto lo zero - tuona - è una vergogna spendere i soldi degli italiani così in questo momento, tra l’altro con procedure opache. Non si potevano usare tanto bene, non so, le tende della Croce Rossa, della Protezione civile piuttosto che tutte le strutture che giacciono nei magazzini delle aziende italiane che non le possono utilizzare perché non si fanno gli eventi? Era così difficile?". E pensare che premier e ministri si sono prodigati per mesi nell'elogiare la gestione dell'emergenza.
Covid, bomba criminalità e crisi economica (ma i porti italiani restano aperti)
La scorsa settimana l’ennesima nave carica di immigrati irregolari è stata fatta sbarcare in Sicilia, al porto di Augusta; sono infatti ben 373 le persone prelevate da gommoni in difficoltà e caricate dalla Ocean Viking della Sos Mediterranee che ha poi chiesto di attraccare in Italia a causa del progressivo peggioramento delle condizioni marittime: “Nel Mediterraneo centrale il meteo sta rapidamente peggiorando. Molte persone hanno il mal di mare. Le onde si stanno alzando e non c’è modo di ripararsi. C’è bisogno urgente di un porto sicuro”.
Porto sicuro che il Ministero dell’Interno non ha esitato a fornire, permettendo così lo sbarco. Tutto ciò nonostante il fatto che nel contempo, a causa del Covid, gli italiani sono oggetto di restrizioni di vario tipo a causa del Coronavirus e gli spostamenti tra regioni e anche tra Paesi sono fortemente limitati. Insomma, il governo italiano non ha alcuna intenzione di fermare gli sbarchi di irregolari, nemmeno con l’emergenza sanitaria e la conseguente pesante crisi economica che sta investendo il Paese. L’Italia resta “porto aperto” a prescindere.
Nulla di sorprendente considerato che da quando Luciana Lamorgese è ministro dell’Interno, gli sbarchi di immigrati clandestini sono triplicati rispetto al periodo di Salvini: 314.134 contro gli 11.471 del 2019. Lo scorso luglio gli arrivi erano già incrementati del 148%. Secondo gli ultimi dati, nelle strutture di accoglienza sono presenti 80.905 immigrati, più altri 650mila irregolari circa, liberi di circolare per il territorio. Viene inoltre segnalato un incremento degli arrivi dalla Tunisia, Paese in preda a forte crisi economica, ma certamente non in guerra, così come non lo sono la Nigeria, il Gambia, l’Algeria e il Bangladesh.
ILCORTO.EU
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