► PRIMA PAGINA
Usa, il legale di Trump: «Piano centralizzato per truccare i risultati nelle città guidate dai dem»
Diciamo che chi ci capisce è bravo. Parliamo delle contestazioni e dei ricorsi di Donald Trump al voto che avrebbe incoronato Joe Biden a 46° presidente degli Stati Uniti d’America. Mentre il suo legale Rudy Giuliani rinunciava alla contesa nel Michigan, in un tweet Trump annunciava la propria vittoria elettorale, dando appuntamento per la conferma ad un’apposita conferenza stampa convocata per le 18 ora italiana. Gli avvocati, vi si legge, presenteranno «un chiaro e fattibile cammino verso la vittoria. Tutti i pezzi stanno andando al loro posto». Tranne quello del Michigan, ovviamente.
Giuliani accusa giudici e stampa
Nel corso dell’incontro con i giornalisti, Giuliani ha denunciato l’esistenza di «un piano centralizzato per condurre frodi elettorali in grandi città controllate dai democratici». Nel mirino, Philadelphia e Detroit indicate come luoghi che «hanno una lunga storia di corruzione». Una seconda fonte di imbrogli, l’avvocato di Trump l’ha indicata nella circostanza che ha visto «gli scrutatori repubblicani» tenuti fuori dai seggi mentre «venivano contati i voti postali». «Peggio che in Tanzania», è sbottato Giuliani. A suo giudizio, il vantaggio di Biden in Pennsylvania è grosso modo analogo al numero di schede contestate dalla campagna di Trump. Una vittoria «rubata», ha proseguito, grazie all’appoggio di cui godono i democrats presso «giudici amici dalle opinioni irrazionali».
Leggi tutto: Usa, il legale di Trump: «Piano centralizzato per truccare i risultati nelle città guidate dai dem»
La doccia gelata di Crisanti: "A gennaio non farò il vaccino"
«Normalmente ci vogliono dai 5 agli 8 anni per produrre un vaccino. Per questo, senza dati a disposizione, io non farei il primo vaccino che dovesse arrivare a gennaio. Perché vorrei essere sicuro che questo vaccino sia stato opportunamente testato e che soddisfi tutti i criteri di sicurezza ed efficacia. Ne ho diritto come cittadino e non sono disposto ad accettare scorciatoie». Sono le parole del virologo Andrea Crisanti ospite oggi nello studio di Focus Live, il festival della divulgazione scientifica di Focus, al Museo Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano dal 19 al 22 novembre. «Io sono favorevolissimo ai vaccini - ha continuato Crisanti - ma questi di cui si parla sono stati sviluppati saltando la normale sequenza Fase 1, Fase 2 e Fase 3. Questo è successo perché hanno avuto fondi statali e quindi si sono potuti permettere di fare insieme le tre fasi perché i rischi erano a carico di chi aveva dato i quattrini. Ma facendo le tre fasi in parallelo, uno si porta appresso tutti i problemi delle varie fasi».
In questo momento, secondo Crisanti, «non abbiamo una vera arma a disposizione. Dobbiamo creare un sistema di sorveglianza nazionale che superi le differenze regionali, per equiparare le differenze tra le varie regioni: prendiamo la Calabria, una regione lasciata a sé stessa che chiaramente non può uscire da sola da questa emergenza». Se lui fosse il presidente del consiglio, creerebbe «una rete di laboratori in Italia capaci di fare centinaia di migliaia di test. Creerei una struttura informatica di big data integrata con l’app Immuni. Cambierei la governance di Immuni e cercherei di farla più trasparente in modo che le persone siano più coinvolte. Creerei una rete capillare per portare i tamponi là dove effettivamente servono e cambierei rapporti tra Regioni e Governo per quanto riguarda la governance della sanità pubblica». In particolare, «al posto delle aziende ospedaliere governate dalle Regioni (che allo stesso tempo controllano e governano), romperei questo rapporto. Le Regioni che controllassero e le unità sanitarie completamente indipendenti che spendessero. Questa catena di dipendenza è una delle storture del sistema sanitario nazionale. E infine direi al privato: vuoi aprire un ospedale? Aprilo pure, ma ci metti il pronto soccorso e il reparto di rianimazione. Altrimenti il privato ad esempio gode dei redditi di un’operazione di cardiochirurgia e al sopraggiungere di problemi il paziente passa in rianimazione al pubblico».
Matteo Bassetti a L'aria che tira: "Morto per infarto e tampone positivo? Classificato come decesso per coronavirus"
"Da quando abbiamo cambiato la metodologia di conteggio dei decessi, noi stiamo drammaticamente decrescendo come letalità, ma abbiamo un peccato originale che riguarda marzo-aprile: chiunque arrivava in ospedale con un tampone positivo, anche se aveva avuto un infarto, veniva qualificato poi come morto per coronavirus". Così Matteo Bassetti a L'aria che tira, il programma di Myrta Merlino in onda su La7. Parole forti, parole che fanno discutere, quelle dell'infettivologo, che di fatto afferma che, a suo giudizio, in Italia, forse, i numeri dei decessi per Covid sono sovrastimati.
"Se oggi a distanza di nove mesi - riprende Bassetti - non sappiamo guardare indietro e ammettere un errore, continueremo a essere considerati i peggiori d’Europa. E francamente da medico non mi piace che noi abbiamo una letalità che è tre volte quella degli altri. Perché siamo noi, quasi, che abbiamo insegnato come fare ai tedeschi o ai francesi.Eppure ci troviamo ad avere una mortalità più alta di quella che ha l’India", ha concluso Bassetti.
Coronavirus, il bollettino del 19 novembre: 653 morti e 36mila nuovi contagi. Calano i ricoveri, stabile il tasso di positività
Segni di tenuta nel bollettino relativo all'emergenza coronavirus di oggi, giovedì 19 novembre. I nuovi contagi sono 36.176, di poco superiori rispetto ai 34.282 della vigilia. Sensibile calo delle vittime: 653 morti rispetto ai 753 di mercoledì. Anche i ricoveri sono in chiara frenata: 42 nuove terapie intensive e 106 ricoverati con sintomi, rispetto ai 58 e 538 della vigilia. In totale, sono stati effettuati 250.186, un numero maggiore rispetto ai 243.834 di ieri. Il tasso di positività si assesta al 14,5%, in calo dello 0,1 rispetto a mercoledì. Da inizio pandemia, il totale delle vittime sale a 47.870, il totale ei guariti o dimessi a 498.987. I soggetti attualmente positivi sono 761.671
Forza Italia, tre deputati passano al gruppo della Lega: tra loro Laura Ravetto. Caos dopo l'apertura di Berlusconi al governo
L'apertura di Silvio Berlusconi al governo sulla legge di Bilancio, e il caso-Mediaset con l'emendamento salva-Biscione votato dal Pd, hanno creato un terremoto in maggioranza, un aspro scontro tra Pd e M5s sul ruolo del Cavaliere. E non solo: tensioni anche nel centrodestra, con Lega e FdI che guardano con sospetto l'avvicinamento del leader azzurro ai giallorossi e temono un ingresso in maggioranza (che Berlusconi ha nettamente smentito). Ma soprattutto, la mossa ha terremotato Forza Italia: si apprende infatti che tre deputati azzurri passano al gruppo parlamentare della Lega. Da Berlusconi a Matteo Salvini. E tra loro, c'è anche un nome pesantissimo: si tratta di Laura Ravetto, ex sottosegretario del governo Berlusconi. Gli altri due che scaricano il partito per entrare nel Carroccio sono Federica Zanella e Maurizio Carrara. Un terremoto politico.
Il passaggio alla Lega, come detto, non è casuale. Salvini ha fatto intendere che l’idea che Berlusconi stia offrendo collaborazione e sostanzialmente voti alla maggioranza in cambio di favori a Mediaset. Già nei giorni scorsi la Lega aveva reagito in modo durissimo all’emendamento "salva-Mediaset" presentato dalla maggioranza, prima dichiarando il proprio no, poi astenendosi. Insomma, l'armonia nel centrodestra ha subito un durissimo colpo. E questi tra cambi di casacca lo dimostrano.
Silvio Berlusconi irritato da Matteo Salvini, il retroscena sul "no" al salva-Mediaset: "Ha deciso di dichiararci guerra"
Non è andata giù a Silvio Berlusconi la co-firma del capogruppo della Lega, Riccardo Molinari alla pregiudiziale di costituzionalità contro l'articolo 4bis del decreto Covid. "Quindi Salvini ha deciso di dichiararci guerra...", si sarebbe sfogato il leader di Forza Italia alla notizia di quanto accaduto in commissione Trasporti alla Camera stando a un retroscena di Repubblica. Il quotidiano arriva addirittura a definire il rapporto tra gli alleati ai minimi termini, minato da quel voto contrario del Carroccio alla norma "salva Mediaset". La Lega una settimana fa si era astenuta al voto al Senato per impedire a Vivendi di scalare il Biscione. Ma ad oggi il centrodestra, o meglio, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, sono passati ai fatti.
Se però gli uomini di Fratelli d'Italia non hanno citato espressamente Mediaset nella loro pregiudiziale per far valere l'incostituzionalità dell'articolo con cui il governo di Giuseppe Conte ha deciso di aiutare l'azienda di Berlusconi. Lo stesso non si può dire dei leghisti che vedono come fumo negli occhi, una sorta di "merce di scambio" politico l'emendamento approvato da Pd e Cinque. Da giorni infatti Berlusconi si è detto pronto a votare la legge di Bilancio, favorendo dunque i giallorossi che a numeri non sono messi benissimo.
“Fece opere di grande consenso”: Bruno Vespa elogia Mussolini e viene processato dalla sinistra
Ci risiamo. Guai a lasciarsi scappare qualche parola buona sul Duce. Immediatamente parte il processo di sinistra, come quello di cui è vittima in queste ore Bruno Vespa. “Mussolini? Ebbe un grande consenso in Italia e all’estero per le sue opere sociali”. Apriti cielo. Dopo le parole pronunciate durante la trasmissione televisiva Agorà su Rai3, il giornalista Bruno Vespa, sui social è scattato il linciaggio. Come era già accaduto a Fausto Leali. Ovviamente, in prima fila, c’è Repubblica, che mette insieme tutti gli improperi dei social contro il giornalista.
Bruno Vespa: l’anno prossimo parlerò male di Mussolini
Alla bufera social scatenatasi contro le sue affermazioni sul consenso degli italiani a Mussolini, nel presentare il suo nuovo libro, ‘Perché l’Italia amò Mussolini (e come è sopravvissuta alla dittatura del virus)‘, Bruno Vespa risponde oggi sui suoi social, affermando in estrema sintesi che indiscutibile è la brutalità del fascismo “ma lo è anche lo straordinario consenso che tra il 1926 e il 1936 Mussolini ebbe in Italia e all’estero”.
“A proposito delle polemiche successive a mie affermazioni ieri ad Agorà sugli anni del consenso a Mussolini, vorrei innanzitutto presentare alcune referenze – esordisce Vespa – Negli anni scorsi ho curato al Vittoriano due mostre sulle leggi razziali con Marcello Pezzetti, lo storico italiano più autorevole della Shoah. Ho accompagnato l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nella visita a una di esse. Nel mio documentario sul 1948 trasmesso dalla Rai ho ripercorso con Liliana Segre lo strazio della sua deportazione. E così via.
I medici: «In Campania è dramma, dobbiamo già scegliere chi curare e chi no. Non ce la facciamo»
L’urlo dei medici, la situazione sanitaria nella Campania zona rossa «è allo stremo. Ogni giorno ricevo centinaia di messaggi di colleghi. Dicono tutti la stessa cosa: non ce la facciamo più, non è vero che abbiamo ancora posti letto disponibili per pazienti Covid. Cominciamo a dover scegliere chi curare e chi no». A denunciarlo all’Adnkronos Salute è Pierino Di Silverio, componente dell’esecutivo Anaao-Assomed nazionale. «Nell’ultimo mese e mezzo si è infettato in Campania il 30% degli operatori», avverte. «Nelle prossime settimane sarà sempre peggio. E se la curva non si raffredda noi scoppiamo. Abbiamo una valanga di pazienti che necessità di cure, non tutti da terapia intensiva. Ma che restano troppo tempo in ospedale».
I medici in Campania: siamo rimasti da soli
«Nessuno vuole colpevolizzare e crocifiggere. Però stiamo soffrendo e alla fine e restiamo da soli» avverte. «Isolati con le istituzioni che decidono senza ascoltarci e i pazienti, che non sapendo contro chi protestare, iniziano a darci addosso. C’è sulla gestione dell’emergenza Covid in Campania un rimpallo di responsabilità tra la Regione e il Governo. Una deresponsabilizzazione di cui dovrebbero vergognarsi entrambi. Viene chiuso il pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli dove in questo momento ci sono 4 pazienti in un reparto a bassa intensità di cura. Che se peggiorano vanno trasferiti. Intanto però si è chiuso un servizio ai cittadini che chiedono assistenza».
Le foto della vergogna: ecco chi specula sulle bombole d'ossigeno
La richiesta di bombole di ossigeno è aumentata del 400%. In farmacia reperirle è difficilissimo. E online si scatena la speculazione: dalla bombola usata dalla nonna alle aste su ebay
Contenitori usati venduti a 300 euro su Facebook, bombole usurate messe all'asta, serbatoi di marca non specificata o privi di garanzie sul contenuto. Si sa solo la provenienza: Usa.
Ma c'è anche mezzo litro d'ossigeno "spacciato" a 132 euro, su ebay. La speculazione non risparmia nemmeno l'aria. Con la seconda ondata in corsa, a scarseggiare non sono solo i posti in terapia intensiva, ma anche le bombole di ossigeno, indispensabili per gestire a casa i pazienti Covid più critici. "La domanda è aumentata mostruosamente, fino al 400 per cento", avverte Riccardo Maria Iorio, presidente napoletano di Federfarma.
Il nodo delle bombole
Ma quello che manca nelle farmacie non è tanto l'ossigeno medicinale, per cui "non vi è alcun rischio di carenza", come sottolinea l'Aifa. Il nodo restano i contenitori. "In Italia - spiega all'Ansa Antonio Magi, presidente dell'Ordine dei medici di Roma - abbiamo circa 3 milioni di bombole d’ossigeno su cui poter contare, ma in realtà un milione sono state distribuite in passato e mancano all’appello, perché non sono stati riportati i vuoti. E a questo si sta affiancando un fenomeno di accaparramento. Il rischio è quello di dover affrontare nelle prossime settimane una carenza di questi contenitori, come è stato, nella prima ondata della pandemia, con la carenza delle mascherine”. Da qui l'appello disperato del presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei farmacisti Andrea Mandelli: "Chi ha una bombola in casa, la riconsegni. Può salvare una vita".
Meloni: “Polonia e Ungheria sfidarono i carri armati russi, non si fanno ricattare sul Recovery Fund”
“Mi ha colpita che in un momento come questo la triplice sindacale abbia annunciato uno sciopero dei dipendenti del pubblico impiego. Se io fossi un dipendente, mi presenterei in ufficio il 9 dicembre. E penso che lo farà la maggioranza di loro”. Parola di Giorgia Meloni, , ospite della puntata di Stasera Italia speciale in onda su Retequattro
Meloni: lo sciopero del pubblico impiego è una forzatura
“Tutte le persone dotate di buon senso di rendono conto di come oggi, in un’Italia in ginocchio, quelli più in difficoltà sono coloro che non hanno la certezza di uno stipendio”. Per la leader di Fratelli d’Italia incrociare le braccia adesso sarebbe un’offesa a imprenditori e partite Iva. “Nel pubblico impiego ci sono e ci sono sempre state mille difficoltà ma c’è almeno la certezza di un presente e di un futuro. Che milioni di altri italiani non hanno. Proprio per rispetto di questi milioni di italiani, lo sciopero non è la cosa migliore. Quella dei sindacati è una forzatura ideologica che rischia di alimentare uno scontro sociale”.
Recovery fund, Ungheria e Polonia hanno sfidato i carri russi..
“Sul tema del Recovery Fund, la posizione di veto da parte di Ungheria e Polonia è colpa di chi ha sottoscritto a luglio un accordo al Consiglio europeo che prevedeva alcune cose. E poi ha pensato di cambiare le carte in tavola per ricattarle. In buona sostanza hanno detto ‘se non fai quello che ti diciamo noi, per esempio sull’immigrazione, tu non hai i soldi per aiutare i tuoi cittadini a uscire dal Covid’. A me sembra un ricatto vergognoso”.
“Governo disastroso sui trasporti”: Ruspandini (FdI) chiede le dimissioni del ministro De Micheli
La questione sicurezza sui trasporti pubblici tiene banco in Parlamento. Un dibattito che ha assunto i contorni dello scontro dopo le dichiarazioni del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli che in un’intervista di qualche settimana fa, ha parlato di un rischio contagio bassissimo sui mezzi di trasporto pubblico. Ad incalzare il Governo e l’operato del ministro competente, c’ha pensato in queste ore il senatore di Fratelli d’Italia Massimo Ruspandini, responsabile nazionale del Dipartimento Trasporti del suo partito.
Riorganizzare il trasporto pubblico in Italia
“Da nove mesi a questa parte stiamo assistendo ad uno scempio organizzativo del MIT che avrebbe dovuto realizzare il nuovo sistema del TPL senza aver invece concretizzato nulla. Di questo abbiamo parlato oggi – sottolinea il senatore – nella riunione del Dipartimento Nazionale Trasporti di FdI per sottolineare che per il Trasporto Pubblico Locale il governo ha fallito su tutta la linea Il trasporto pubblico locale è ancorato a vecchi e superati modelli di gestione e di governance. Occorre un cambiamento coraggioso di riorganizzazione generale del trasporto pubblico in Italia, intervenendo in modo strutturale e coordinato, fornendo linee guida ferme e certe alle Regioni e misure economiche adeguate.
Inadeguate le misure adottate
Massimo Ruspandini, in una nota, annuncia battaglia sulle omissioni e sulle contraddizioni del governo: “Riteniamo assolutamente inadeguate le misure per la tutela degli operatori taxi, NCC e Bus Turistici e abbiamo focalizzato l’attenzione sulla situazione drammatica che sta vivendo l’intero comparto aereo che coinvolge circa 200mila lavoratori. Rimangono ancora senza risposta molte istanze da parte di compagnie aree, di società di servizi e di gestione aereo portuali. Il piano industriale dell’ATI-Alitalia è scomparso da mesi ma è stato nominato un Cda composto da quasi dieci persone, come nella migliore tradizione della Prima Repubblica. Dobbiamo infine segnalare l’incresciosa vicenda dell’amministratore delegato di FS Gianfranco Battisti: varie Procure stanno indagando per una presunta frode e le deprecabili assunzioni facili in Enav Tehcnosky”.
Dalla Cina all’Iran: le “trappole” lasciate da Trump a Biden
Non sappiamo ancora se Donald Trump riuscirà o meno a ribaltare l’esito delle ultime elezioni presidenziali per vie giudiziarie. Nel caso in cui dovesse farcela, il tycoon si aggiudicherebbe altri quattro anni di Casa Bianca. Una fumata nera chiuderebbe definitivamente la faccenda sancendo la vittoria di Joe Biden. In attesa di capire l’esito di questa estenuante vicenda, in politica estera Trump è pronto a lasciare qualche “polpetta avvelenata“ all’amministrazione democratica che, molto probabilmente, entrerà in carica a partire dal 2021.
Detto altrimenti, The Donald sta preparando il suo personalissimo giro di vite finale per un’uscita di scena a effetto. Il mirino è ovviamente puntato sulla Cina, rivale economico e geopolitico numero uno degli Stati Uniti. Tuttavia potrebbero non mancare proiettili da sparare su altri bersagli, tra cui Iran, Corea del Nord, Cuba e Venezuela, solo per citare alcune nazioni con le quali Washingotn ha conti più o meno aperti.
La Cina nel mirino
Dicevamo della Cina. Dopo le ripetute accuse sul virus rivolte a Pechino, Trump deve incassare la fumata bianca del Rcep, il mega accordo commerciale stretto tra il gigante asiatico e altri 14 Paesi di Asia e Oceania. Questo significa che il Dragone è tutt’altro che isolato. E che la guerra dei dazi mossa proprio da Trump per indebolire il governo cinese ha avuto effetti alquanto limitati.
Il presidente uscente, ha anticipato Axios John Ullyot, portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa, annuncerà un nuovo round di sanzioni contro la Cina per la violazione dei diritti umani e l’atteggiamento belligerante nei confronti degli Usa che minaccia la sicurezza nazionale. “A meno che Pechino non cambi corso e diventi un giocatore responsabile sullo scacchiere globale, il futuro presidente vedrà che rappresenterebbe un suicidio politico ribaltare le storiche mosse di Trump”, ha osservato Ullyot.
Vasco Rossi ridicolizza i “compagni” di sinistra: “Lotta Continua? Sì, a casa con mamma e papà…”
“Ero di sinistra, ma non sono mai stato comunista. Semmai, anarchico…”. Lo aveva già detto qualche anno fa, in una intervista ad Aldo Cazzullo. Ma stavolta Vasco Rossi ha rincarato la dose e oltre a “sfottere” i compagni di sinistra ironizza anche sulle femministe degli anni Settanta, quelle del sesso libero, ma che alle prime corna di lasciavano offese…
Nell’ultimo numero di Vanity Fair la popolare rockstar di Zocca parla del Covid, ma anche di tanto altro. Di politica, per esempio, con qualche stoccata retroattiva contro i compagni “figli di papà” che giocavano a fare la rivoluzione. Concetti poi ribaditi in una lunga intervista concessa al Corriere della Sera. “Sopravviveremo anche a questo”, dice Vasco Rossi, senza però nascondersi la gravità del momento. “Sono sopravvissuto alla noia. Vivendo a Zocca sapevo che da lì bisognava partire perché se sei in pensione ci stai benissimo, ma a 20 anni non c’è niente da fare… Sono sopravvissuto agli anni 70. Quando c’erano gli anni di piombo, le Brigate rosse, Lotta Continua e Potere Operaio…”.
Vasco Rossi e quelli di Lotta Continua
Vasco spiega che lui si sentiva “un indiano metropolitano”, un “anarchico vicino a Pannella” cui sembravano “matti quelli che si chiamavano potere operaio ed erano studenti, come gli altri che si chiamavano Lotta continua”, e poi al pomeriggio tornavano a casa, dai genitori… perché erano studenti, e la loro lotta continua finiva lì”. Ma l’aneddoto più bello è quello che riguarda le femministe, quelle della coppia aperta, della sincerità e dialogo nella coppia innanzitutto, “alla mia prima confessione di tradimento, mi ha mollato”.
Ricordi e attualità, come quella del coronavirus, che lui chiama questo «Covid del cazzo». In passato si era scagliato contro i negazionisti, oggi incita alla resistenza. “Sopravviveremo, a meno che non muoia di noia per il lockdown”.
Ndrangheta, arrestato il presidente del consiglio della Regione Calabria
Rapporti tra clan e politica. 20 arresti a Catanzaro, tra cui il presidente del Consiglio regionale della Calabria
C'e' Domenico Tallini, presidente del Consiglio regionale della Calabria, fra le 20 persone arrestate stamane dai carabinieri del comando provinciale di Catanzaro, nell'ambito dell'inchiesta su presunti rapporti fra politici locali e 'ndrangheta. Tallini, esponente di Forza Italia, secondo quanto si apprende, e' agli arresti domiciliari. per concorso esterno in associazione mafuiosa e scambio elettorale.
RAPPORTI CLAN-POLITICA: L'OPERAZIONE DI CATANZARO
I carabinieri del comando provinciale di Catanzaro e del comando provinciale di Crotone hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Catanzaro su richiesta della direzione distrettuale antimafia, nei confronti di 20 indagati, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, impiego di denaro, beni o utilita' di provenienza illecita, detenzione illegale di armi, trasferimento fraudolento di valori, tentata estorsione, ricettazione e violenza o minaccia a un pubblico ufficiale.
Il provvedimentoe' scasturito da due attivita' investigative convergenti, sviluppate rispettivamente dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Catanzaro e del Nucleo Investigativo di Crotone, dirette e coordinate dal Procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri, dal Procuratore Aggiunto, Vincenzo Capomolla e dai Sostituti Procuratori Paolo Sirleo e Domenico Guarascio. Le indagini hanno riguardato l'operativita' della cosca di 'ndrangheta Grande Aracri di Cutro (KR) nell'area di origine e nel territorio catanzarese, con particolare riferimento alle iniziative imprenditoriali avviate in quest'ultima provincia mediante il reimpiego di capitali della cosca.
Zone Rosse, giovedì la riunione per ridiscutere i 21 parametri: Lombardia e Piemonte, una prima vittoria
In mattinata si sono fatte sentire le proteste in particolare di Attilio Fontana e Alberto Cirio, governatori di Lombardia e Piemonte, entrambe zona rossa. Proteste contro i 21 parametri previsti dall'ultimo dpcm per stabilire la colorazione delle zone (gialla, arancione, rossa, in base alle quali aumentano le restrizioni per contenere il contagio da coronavirus). In particolare, i governatori tenendo conto della mutata situazione chiedono di essere "promosse" a colorazioni meno stringenti, insistendo sul fatto che sarebbero soltanto cinque i parametri fondamentali per le decisioni.
E dopo un iniziale rifiuto, ecco che nel pomeriggio si arriva a una parziale svolta. Francesco Boccia, ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, ha infatti convocato per giovedì alle 16 una riunione con le Regioni per discutere proprio dei 21 parametri. All'incontro, si apprende, prenderanno parte anche il ministro della Salute, Roberto Speranza, e il presidente dell'Iss, Silvio Brusaferro. Possibile, insomma, che vengano rivisti i criteri e che, dunque, venga rivista anche la classificazione di alcune regioni.
Bruno Vespa lapidato per le frasi su Benito Mussolini: "Criminale, fascista, vergognati"
Ormai non devi più dire cose estreme, provocatorie, controcorrente per essere giudicato un fascista. No, basta pronunciare cose ovvie, abbastanza risapute, frasi di buon senso. È così che funziona la Dittatura del Pensiero Unico: nega la veridicità di fatti conosciuti e modifica il passato in nome del politicamente corretto. Ne sa qualcosa, suo malgrado, Bruno Vespa, ieri ospite della trasmissione Agorà su RaiTre, dove ha presentato il suo ultimo libro, Perché l'Italia amò Mussolini (Mondadori). In un passaggio del programma il celebre giornalista ha osato dire: «Nel libro racconto gli anni del consenso: Mussolini ha avuto un consenso enorme, all'estero e anche in Italia, per le sue opere sociali. Ha creato i contratti nazionali, l'Inps, la settimana di 40 ore». Apriti cielo! Per queste affermazioni gli sono piovuti addosso sui social insulti e accuse di revisionismo e collaborazionismo tipo: «Vespa sta provando a riabilitare la figura di Mussolini», «Vespa è uno dei responsabili della grande opera di rimozione dei crimini fascisti», «È un nostalgico che fa apologia del fascismo». Naturalmente non è stato bersagliato solo lui, ma anche Agorà e la sua conduttrice, Luisella Costamagna, "rea" di non aver contestato l'affermazione di Vespa e di aver consentito che venisse rilanciata sui social; e più in generale tutta la Rai, "colpevole" di aver permesso questa "marchetta" al libro "fascistissimo".
Tutti questi odiatori meriterebbero di essere snobbati o di ricevere una pernacchia. Ma noi ci sforzeremo di replicare nel merito. Costoro mettono in discussione il fatto che Mussolini godesse di un consenso enorme, all'estero e in Italia. Spiace deluderli, ma era proprio così. E a dirlo è un certo Renzo De Felice, che tutto era fuorché uno storico fascista: i dementi del web si leggano Mussolini il Duce: gli anni del consenso (1929-1936), sempre che siano in grado di farlo, per comprendere come il regime riuscì a costruire il consenso interno anche attraverso azioni di politica economico-sociale. E, se proprio non gli basta, si guardino il recente M - Biografia non autorizzata di Benito Mussolini (Uno Editori) di Marco Pizzuti per ricordare come, prima della guerra di Etiopia del 1935-36, Mussolini godesse di una grande stima negli Usa, in Gran Bretagna e Francia, al punto che la stampa estera si sbilanciava definendo l'Italia fascista un paese modello. Vespa dice anche che Mussolini creò i contratti nazionali, l'Inps e la settimana di 40 ore. Le iene del web e i siti smaschera-bufale obiettano che non furono conquiste del regime fascista.
Recovery Fund e migranti, Giorgia Meloni aveva ragione. Orban svela la verità sul ricatto Ue
La partita sul Recovery Fund e quella sull’immigrazione si intrecciano. Ieri è stato confermato anche dal primo ministro dell’Ungheria, Viktor Orban, che all’agenzia di Stampa “Mti” ha spiegato: “Il governo ungherese, in linea con la posizione segnalata al vertice europeo di luglio, ha posto il veto sul bilancio, facendo uso di un diritto garantitogli dai trattati comunitari”. Al centro, il nodo dello “stato di diritto”, clausola per l’accesso al programma Recovery.
Secondo Orban sono considerati rispettosi del principio “quei Paesi che ammettono migranti”. E dunque risuonano le parole che la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni aveva pronunciato qualche settimana fa alla Camera, accusando l’Unione Europea di “utilizzare i soldi del Recovery Fund per piegare nazioni che vogliono difendere le loro radici, la loro identità, i loro confini”. E avvertiva, rivolta all’Assemblea: “Non fate finta di stupirvi quando alla fine porranno il veto”. Una prospettiva che, dunque, si è pienamente verificata. E complica tutto il quadro di integrazione Ue e soprattutto di reazione alle criticità attuali, tra cui senz’altro la gestione dei flussi migratori.
Veto sul Recovery Fund: così Boldrini & Co hanno perso un’altra occasione per stare zitti
Il veto di Ungheria e Polonia al bilancio Ue, che ha bloccato anche il Recovery Fund, ha offerto l’occasione alla sinistra italiana per dare l’ennesima prova di ipocrisia e incapacità di andare al cuore dei problemi. Tutta la questione per loro, infatti, si risolve nel consueto teatrino di attacchi a Giorgia Meloni e Matteo Salvini, “rei” di essere “amici di Orban“. Ma la faccenda, in realtà, a leggerla con attenzione, è seria. È serissima. E, specie da parte di forze che – loro malgrado – si ritrovano al governo del Paese, meriterebbe un approccio un tantino più responsabile della solita propaganda insulsa guidata dalla solita Laura Boldrini.
Il problema del potere di veto
Lo stop imposto da Ungheria e Polonia, infatti, oltre alle ripercussioni pratiche sui tempi del Recovery Fund, pone (almeno) due grandi questioni rispetto ai meccanismi stessi dell’Ue e del tanto atteso Fondo. La prima riguarda il potere di veto dei singoli Paesi, che oggi arriva dalle latitudini di Visegrad, ma che domani – come già diversi osservatori notano – potrebbe facilmente arrivare dal profondo Nord rigorista. Vale a dire da Paesi come Olanda, Danimarca, Svezia e Finlandia che fin dall’inizio non è che abbiano visto proprio di buon occhio il Recovery.
Usa, tutti i sospetti di Donald Trump portano al software elettorale degli amici dei Clinton
Mettiamola così: o Donald Trump è un pazzo che si ostina a tenere sotto scacco la più grande potenza mondiale oppure c’è del vero in quel che dice. Nel qual caso, bisogna smetterla con gli anatemi e andare a vedere. Che il presidente Usa (è tale almeno fino al 20 gennaio) sia inviso all’informazione americana e mondiale non è un mistero. Che questo sia sufficiente a negargli il diritto di ricorrere contro eventuali brogli, è roba degna della Corea di Ciccio Kim e non certo della patria di Abramo Lincoln o di Franklin D. Roseevelt. Tanto più che a guidare Trump in questa battaglia è un legale del calibro di Rudy Giuliani, l’inventore – da sindaco di New York – della formula “tolleranza zero“. Uno, cioè, che non mette a repentaglio la propria reputazione in cambio di un onorario, per quanto lauto possa essere.
Rudy Giuliani: «Abbiamo le prove»
Nel mirino dell’italo-americano è finita la Dominion Voting Systems. È un’azienda canadese produttrice di software utilizzati per il conteggio elettorale. Li hanno adottati ben 28 Stati, tra i quali alcuni decisivi per l’esito delle elezioni. Secondo Giuliani e Trump, il software avrebbe cancellato o dirottato 2,7 milioni di voti a favore di Joe Biden. Bugie? Si vedrà. Giuliani sostiene di avere le prove ma di non poterle ancora mostrare.
"I Clinton sono i più corrotti...". Sganciata la bomba su Hillary
È in uscita il libro di memorie di Linda Tripp, ex funzionaria della Casa Bianca, che rivelò agli inquirenti della relazione extra coniugale tra Bill Clinton e Monica Lewinsky. Nel libro la Tripp descrive i Clinton come una coppia di "deplorevoli corrotti", invischiati in affari loschi
L’8 dicembre uscirà A basket of Deplorables. What i saw inside the Clinton White House. Il libro è stato scritto da Linda Tripp, la funzionaria della Casa Bianca che registrò le conversazioni con Monica Lewinsky, che portarono all’impeachment di Bill Clinton.
Come riporta il Daily Mail, nel suo libro di memorie la Tripp, che è scomparsa ad aprile 2020, racconta il vero volto dei Clinton, durante la sua permanenza alla Casa Bianca. Il quadro che emerge dalle parole dell'ex funzionaria è quello di due persone corrotte, capaci di atti “deplorevoli” per screditare e rovinare gli avversari.
La donna, che ha scritto le sue memorie con l’aiuto di un legale, sostiene senza mezzi termini che Bill Clinton dovrebbe essere inserito nel registro dei predatori sessuali, a causa della sua dipendenza dal sesso. “Il presidente era un predatore, che dovrebbe essere registrato come molestatore sessuale”, scrive la Tripp, confermando le indiscrezioni che sono emerse dall’amicizia di Clinton con il pedofilo Jeffrey Epstein. Nei libri sul magnate scomparso viene fatto più volte il nome dell’ex inquilino della Casa Bianca e di come fosse dipendente dalle belle donne e dal sesso.
Monica Lewinsky era quindi una delle tante donne che “andavano e venivano” dallo Studio Ovale, racconta la Tripp. Ogni volta che una delle amanti del presidente minacciava di esporsi pubblicamente, ecco che si attivava quella che la Tripp chiama “la macchina dei Clinton", pronta ad infangare qualsiasi persona si mettesse tra loro e la presidenza. La mente organizzatrice era Hillary: “Dobbiamo distruggerla”, era solita affermare la First Lady. La macchina del fango ideata da Hillary per proteggere il marito (e se stessa) dai continui scandali, consisteva nell’attaccare la persona a livello mediatico, screditandola pubblicamente. “I Clinton sono tra i politici più corrotti sulla scena internazionale”, afferma Linda Tripp nel libro. Tripp ha dipinto i coniugi dem come “deplorevole feccia”, invischiati in operazioni poco chiare e pronti a tutto pur di nascondere i loro “sordidi segreti”.
"L'immunità può durare anni": l'ultima scoperta sul coronavirus
Secondo uno studio le cellule immunitarie sarebbero in grado di persistere nell'organismo dei pazienti guariti dal Covid-19 per un periodo molto lungo
Anni, se non decenni: l'immunità al coronavirus potrebbe durare un tempo sufficientemente lungo da far tirare un sospiro di sollievo agli esperti in vista della somministrazione del vaccino.
La notizia arriva da un approfondito studio, ancora in attesa di revisione, intitolato Immunological memory to SARS-CoV-2 assessed for greater than six months after infection. Secondo la ricerca, otto mesi dopo l'infezione, la maggior parte delle persone guarite dal virus conserva una quantità tale di cellule immunitarie da prevenire il ritorno della malattia.
La durata dell'immunità
Un simile tasso di declino a breve termine starebbe a significare che le cellule immunitarie sarebbero in grado di persistere nell'organismo dei pazienti per un periodo molto lungo. Come detto, il paper, pubblicato online, è in attesa di peer review. Tuttavia, sottolinea il New York Times, resta lo studio più completo sulla memoria immunitaria al coronavirus mai realizzato fino a oggi.
Anche l’ex pm Ingroia tra i complottisti: “Origine oscura del Covid, potrebbe entrarci la mafia”
“Se fosse vero che questa pandemia Covid non è stata casuale ma è stata determinata, penso proprio che sia possibile che le mafie italiane e quindi la ‘Ndrangheta abbiano avuto un ruolo”. Lo ha dichiarato l’ex pm Antonino Ingroia intervistato da Klaus Davi per il web talk “KlausCondicio”.
“I capi della mafia italiana – ha aggiunto – siedono al tavolo mondiale delle mafie internazionali, quindi di quella cinese, per cui, sia pure in modo indiretto, non si può escludere che la ‘Ndrangheta abbia avuto un ruolo all’origine del virus, seppure indiretto“. Ingroia sul Covid si inserisce, dunque, in un fronte assolutamente trasversale. Ultimo in ordine di tempo, dopo il conduttore di Radio Maria.
“I capi mafia siedono con la mafia cinese”
Per Ingroia “i capi della mafia italiana siedono al tavolo mondiale delle mafie internazionali, quindi di quella cinese, per cui, sia pure in modo indiretto, non si può escludere che la ‘Ndrangheta abbia avuto un ruolo all’origine di questo virus, seppure indiretto”. Frasi che, inevitabilmente, hanno sollevato un polverone.
“Imporre il lockdown aiuta le mafie e non è detto che sia un aiuto involontario. Magari un domani scopriremo che non è stato un atto involontario per chi lo impone. Dal lockdown mafia e ‘Ndrangheta traggono oggettivi benefici prestando soldi, rilevando aziende in difficoltà. Per loro è un aiuto perché li rende protagonisti dal punto di vista finanziario”.
Rampelli: “Gli autonomi vanno tutelati come i dipendenti: i loro rimborsi siano all’80% come la Cig”
Eliminare le “discriminazioni odiose” tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi. E garantire ugualmente entrambe le categorie di fronte alla crisi economica innescata dall’emergenza Covid. A chiederlo è il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, ricordando che “i primi, se non sono dipendenti pubblici, rischiano il licenziamento, ma i secondi rischiano la fame. Perché a questo porta la chiusura delle attività”. I rimborsi degli autonomi, è dunque la richiesta, siano paragonati alla Cig.
“Basta discriminazioni tra autonomi e dipendenti”
“Non ci possono essere – ha avvertito Rampelli – stipendi giustamente garantiti all’80% con la cassa integrazione da un lato ed elemosine una tantum, bonus, prestiti, crediti d’imposta immaginifici e burocrazia dall’altro”. “Oltretutto – ha proseguito l’esponente di FdI – pare evidente che oggi la categoria più debole, un vero ‘proletariato pandemico’, è rappresentata da imprese, attività produttive, professioni e su questa fragilità sociale deve concentrarsi lo Stato con i suoi interventi“.