Accolti gli appelli fatti al premier Giuseppe Conte. L'annuncio della Fondazione Einaudi: "Pubblicheremo tutte le informazioni ottenute"
Alla fine la svolta è arrivata: è stato tolto il segreto sui verbali del Comitato tecnico-scientifico sul periodo dell'emergenza Coronavirus. La tanto attesa e auspicata decisione è giunta dopo giorni di durissime polemiche contro il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che è stato accusato a più riprese di aver tentato di nascondere agli italiani tutta la verità sui Dpcm utilizzati nei mesi di marzo e aprile. Il governo aveva fatto ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar di rendere pubblici gli atti secretati del Cts della Protezione civile. L'annuncio è stato dato dalla Fondazione Einaudi, che mediante una nota diramata ha fatto sapere di aver ricevuto dalla presidenza del Consiglio dei ministri la documentazione in questione.
Immigrazione, Matteo Salvini promette: "Quando torneremo al governo sigilleremo i porti"
Matteo Salvini rincara la dose. I continui sbarchi stanno minando la sicurezza del Paese e il leader della Lega lo sa bene. "Noi ci salutiamo col gomito, andiamo in giro con le mascherine e stiamo attenti alle misure di sicurezza anti Covid, poi a Lampedusa sbarcano un sacco di balordi e i geni li spargono nelle regioni italiane - tuona in conferenza con il candidato sindaco Lega Tiziano Genovesi a L'Aquila -. Siamo un Paese strano, teniamo in stato di emergenza gli italiani e facciamo sbarcare migliaia di persone che scappano da una guerra molto particolare, sbarcano con barboncini al guinzaglio, cappelli di paglia e telefonini ultimo modello. Appena ci rimandate al governo torneremo a sigillare i porti come abbiamo sempre fatto" ha poi promesso.
Per l'ex ministro, che lo scorso anno aveva più che dimezzato gli sbarchi e i morti in mare, "i sindaci sono fondamentali, sono la spina dorsale di questo Paese". Anche i sindaci siciliani che si sono presentati uniti da Luciana Lamorgese per fermare gli inarrestabili arrivi, spesso già positivi al coronavirus.
Le manovre di Minniti per tutelare il suo uomo
"Guardate che così il provvedimento non ve lo facciamo passare". Il messaggio era arrivato a Palazzo Chigi nelle scorse settimane dalla Corte dei Conti, e riguardava le decisioni su un settore delicato come quello dell'intelligence
«Guardate che così il provvedimento non ve lo facciamo passare». Il messaggio era arrivato a Palazzo Chigi nelle scorse settimane dalla Corte dei Conti, e riguardava le decisioni su un settore delicato come quello dell'intelligence. Ad essere minacciato di bocciatura era il decreto sulla riconferma al suo posto di Mario Parente, il capo dell'Aisi, ovvero della sicurezza interna. La nomina di Parente è scaduta nel giugno scorso, e Conte intendeva riconfermare il generale dei carabinieri per un altro biennio. Peccato che la nomina andasse contro la legge che regola il funzionamento dei servizi segreti, secondo cui direttori e vice delle due agenzie nonché del Dis, l'organismo di coordinamento, possano essere prorogati nella carica una sola volta. E Parente aveva già compiuto il secondo giro: arrivato all'Aisi come vice nel 2015 su nomina del governo Renzi, diviene direttore l'anno dopo, sempre su decisione di Renzi, con un incarico biennale. Nel giugno 2018 il governo Conte 1 lo conferma per altri due anni. Ma un terzo incarico non era possibile.
Così, anche per aggirare le obiezioni della Corte dei conti, viene ideato uno stratagemma: nel decreto che il 30 luglio proroga lo stato di emergenza viene infilato, senza annunci pubblici, un comma che per garantire la continuità nella gestione dell'intelligence apre le porte a una seconda proroga. Che il beneficiario sia Parente non ci sono dubbi: l'altro direttore, Gianni Caravelli dell'Aise, è lì da pochi mesi, mentre il capo del Dis, Gennaro Vecchione, deve ancora terminare il primo mandato. L'unica continuità messa a rischio dalle norme era quella del capo dell'Aisi. Il comma salva-Parente viene infilato in extremis nel dl, suscitando le perplessità dei membri del Copasir, l'organismo parlamentare di vigilanza, che non erano stati avvisati.
Il centrodestra contro il blitz. "Scavalcato il Parlamento"
La Meloni: "Gravissimo che non lo abbia comunicato". Berlusconi sullo stato di emergenza: "Inaccettabile"
Non bastava la proroga dello stato d'emergenza Covid, dentro c'è anche la sorpresa sui servizi segreti. E per il centrodestra è davvero troppo. «È gravissimo che con il favore delle tenebre il governo modifichi la legge sulla nomina dei direttori dei servizi segreti, senza darne comunicazione alcuna», protesta Giorgia Meloni.
Per la leader di FdI, se l'avesse un governo di destra si sarebbe gridato al «golpe».
Invece, insiste, senza clamore il premier Giuseppe Conte non informa il parlamento, quando illustra i contenuti del decreto legge, nè la risoluzione della maggioranza approvata dalle Camere cita la riforma, non vengono avvertiti i componenti del Copasir e tace anche il comunicato di Palazzo Chigi sul decreto approvato nella notte dal Consiglio dei ministri.
Il centrodestra insiste molto sul ruolo centrale del parlamento e sul necessario confronto tra governo e opposizione. In un'intervista a La Verità, nella quale ripete il suo no ad un governo di unità nazionale, Silvio Berlusconi non vuole parlare di deriva liberticida per l'allungamento del periodo di emergenza, ma spiega: «Siamo semplicemente di fronte a una maggioranza così confusa e lacerata al proprio interno da cercare di evitare in ogni modo i passaggi parlamentari. Un piccolo espediente, non un grande disegno, ma comunque inaccettabile in una democrazia rappresentativa. Il parlamento è il luogo della sovranità popolare, senza parlamento non c'è democrazia».
Solo pochi giorni fa, alla cerimonia del Ventaglio, è stata la presidente del Senato Elisabetta Casellati a criticare la proroga dello stato d'emergenza e a prendere posizione contro «un uso eccessivo» dei Dcpm, i decreti del presidente del Consiglio, durante il periodo di emergenza del coronavirus. Per la seconda carica dello Stato, «è una questione di metodo democratico, i dcpm sono stati emanati senza preventiva e dovuta consultazione con un voto del parlamento».
LE CATENE DELLE DISEGUAGLIANZE
I DIRITTI NEGATI AL MEZZOGIORNO E LO SVILUPPO NEGATO DELL’ITALIA
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
Il Sud è stato drasticamente tagliato nella spesa per la scuola e per la sanità, addirittura abolito nella spesa per infrastrutture degli ultimi cinque anni. Tutto ciò è avvenuto in un centro decisionale nascosto come la Conferenza Stato-Regioni. Ma ora è doveroso ringraziare pubblicamente il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per avere posto come tema dominante proprio la crescita delle diseguaglianze. Chiunque si opponga al progetto integrato Alta velocità-porti-retroporti e Ponte sullo Stretto nel Mezzogiorno e alla sua attuazione in due-quattro anni massimo, accompagnato da una corposa fiscalità di vantaggio, si assume la responsabilità della disintegrazione del Paese
Ci siamo fatti del male da soli pensando di fare del bene al Nord con la favola della locomotiva. Ci siamo fatti male da soli fino al punto di essere capaci di autodistruggerci. Il dato è che non solo non abbiamo ridotto le diseguaglianze ma che volutamente le abbiamo addirittura incrementate. Tutto ciò è avvenuto in un arco temporale di dieci anni con una esplosione nell’ultimo quinquennio. Tutto ciò è avvenuto in un centro decisionale nascosto della democrazia tradita italiana che è la Conferenza Stato-Regioni dove si sono saldati gli interessi della Destra leghista e della Sinistra Padronale tosco-emiliana. La governance reale della spesa pubblica italiana è stata saldamente nelle mani “olandesi austriache” di casa nostra che hanno pagato il conto della austerità europea e della crisi industriale del Nord (cassa integrazione e morte della grande impresa) con le risorse nazionali e europee destinate alle donne e agli uomini del Sud per la spesa sociale e per gli investimenti in infrastrutture di sviluppo.
Il giudice di pace fa il tampone ai poteri di Conte sulla pandemia
Da Frosinone una sentenza che mette in discussione la decisione di far restare tutti a casa per il virus
Gran rumore ma poco risultato o se preferite molto fumo ma poco arrosto, scegliete voi. Sta di fatto che c’è un giudice il quale – sia pure per il caso di una singola contravvenzione – ha preso di petto l’intero impianto giuridico dell’intero provvedimento emergenziale ed ha deciso, per conto suo, che quanto ha stabilito, scritto e firmato il Presidente del Consiglio in materia di limitazioni ai movimenti dei cittadini per il Covid, è illegittimo.
Salta tutto? No, non salta nulla, a patto però che la Corte Costituzionale non metta bocca o che la Procura non impugni, o che qualche altro giudice non trovi l’argomentazione stuzzicante e anzi divertente, visto che la materia giuridica e del diritto in genere è in Italia molto più simile a una scatola di bricolage che a una delle regole. Il magistrato, stando alle notizie lette ieri, avrebbe obiettato che il capo del governo non può infliggere una pena – di fatto gli arresti domiciliari – per motivi di salute pubblica, proprio perché a detta di tale giudice (di pace) si tratta di una pena. E non si può per motivi di pubblica salute sottoporre un cittadino alla privazione della libertà con modalità identiche a quelle seguite per gli arresti domiciliari. Dunque, se un Presidente del Consiglio mette ai domiciliari dei cittadini, quali che siano le sue buone intenzioni sanitarie, costui di fatto applica un regime penale che la sua funzione di capo del governo non prevede e non lo autorizza. Ergo, contravvenzione – perché di questo si trattava nel caso specifico – annullata.
Ex Ilva, bomba sociale dietro l’angolo: il governo si fa raggirare e resta inerte
Dieci mesi di trattative, tutto è come prima Perché si aspetta ancora invece di varare un piano per rilanciare l’area tarantina?
Tutti ricorderanno gli impegni del presidente Conte, del ministro dello Sviluppo economico Patuanelli, del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Turco in merito alla chiusura positiva del difficile rapporto con il concessionario del centro siderurgico di Taranto; una chiusura positiva che doveva avvenire entro maggio, no entro giugno, no entro luglio, no ora entro settembre.
Penso che è solo ridicolo che uno Stato come il nostro continui a essere preso in giro da una Società che si è rivelata non solo inadempiente ma scorretta. Ora però si pone un problema: da almeno quattro anni, in più occasioni, abbiamo assistito alle seguenti dichiarazioni, alle seguenti critiche formali.
ALTALENA SCHIZOFRENICA
Il contratto iniziale, quello firmato dal Ministro Calenda, anche se legato a un bando di gara internazionale, anche se ampiamente supportato da pareri prodotti da illustri esperti di contrattualistica internazionale, si sarebbe rivelato poco garantista.
Il ministro Di Maio, appena diventato responsabile del Dicastero dello Sviluppo economico, ritenne che quanto firmato dal ministro Calenda era «indifendibile» ed era necessario riscriverlo o, addirittura, annullarlo. Dopo tre mesi di approfondimenti, come già riportato in miei precedenti Blog, l’Avvocatura generale dello Stato ritenne valido quanto sottoscritto dal precedente ministro Calenda e la Società Arcelor Mittal si impegnò a ridimensionare il numero di esuberi
Il ministro Patuanelli invece ha vissuto a cavallo della rivisitazione del cosiddetto “scudo penale”; una richiesta avanzata dall’ex ministra per il Mezzogiorno Barbara Lezzi e che fu condivisa dal governo. In tal modo venne offerta la occasione ad Arcelor Mittal di aprire un contenzioso in quanto veniva rivisitato sostanzialmente il contratto firmato in precedenza.
Terremoto al San Carlo, il Tar annulla la nomina di Barresi. L'Azienda ospedaliera resta senza guida
POTENZA – Il Tar Basilicata ha annullato per vizi di legittimità la nomina dell’attuale direttore generale del San Carlo, Massimo Barresi.
La sentenza è arrivata questa mattina a poco meno di un mese dall’udienza del 7 luglio sul ricorso presentato dall’attuale direttore amministrativo dell’Asp, il potentino Giuseppe Spera, che contendeva al dg napoletano l’incarico alla guida dell’azienda ospedaliera regionale lucana.
Barresi, protagonista fin dal giorno del suo insediamento di una serie di discutibili scelte gestionali, venne scelto dalla vecchia amministrazione regionale guidata dalla governatrice facente funzioni Flavia Franconi (durante il periodo di impedimento del governatore titolare Marcello Pittella per le note vicende giudiziarie) a dicembre del 2018. Vale a dire un mese dopo la scadenza naturale della legislatura.
Dopo il verdetto dei giudici amministrativi (su cui Barresi può ancora proporre appello in Consiglio di Stato) spetterà al governatore Vito Bardi decidere sull’inizio di un nuovo corso del San Carlo, che potrebbe slittare al termine di un periodo di reggenza ad interim, in attesa del riordino complessivo del sistema sanitario regionale.
Vittorio Sgarbi sospeso dalla Camera, lo sfogo: "Roberto Fico fascista, è tornata l'Inquisizione"
Vogliono impedirmi di parlare, oggi è tornata l’Inquisizione”. Vittorio Sgarbi è un fiume in piena contro Roberto Fico, il presidente della Camera definito “fascista” dal critico d’arte, che ha subito 15 giorni di sospensione dall’attività parlamentare a causa degli episodi dello scorso 25 giugno. In quell’occasione Sgarbi aveva avuto un confronto acceso con Mara Carfagna e Giusi Bartolozzi (entrambe appartenenti a Forza Italia) ed era stato trascinato di peso fuori dall’Aula. Il deputato del gruppo Misto non ci sta però a subire anche la lezioncina di Fico, che ha parlato di “regole del vivere civile che vanno rispettate in ogni luogo”. “Io sono una voce libera - ha replicato Sgarbi - vogliono impedirmi di parlare perché due signore ritengono di essere state offese, le ho sentite pure borbottare che io sarei in cerca di visibilità. Forse loro, che sono delle nullità in Parlamento. In quanto a Fico, è inutile e pure bugiardo, con un’aria solenne ha fatto una ricostruzione totalmente falsa. Voleva che ammettessi cose che non avevo detto, che chiedessi perdono, ma andate a fare in…”. Chiarissimo il concetto espresso da Sgarbi, che poi avvisa i colleghi: “Lo rifarei mille volte e lo rifarò, questi mentecatti e incapaci non potranno impedirmi di parlare”.
Silvio Berlusconi, Mediaset: i due articoli in base ai quali la Corte europea può riaprire il processo
Ancora lontana la riconsiderazione del caso Mediaset che ha visto Silvio Berlusconi condannato per frode fiscale. "Non è possibile fino a questo momento comunicare quando la Corte esaminerà il ricorso in oggetto", ha tenuto a precisare la Corte europea dei diritti dell'uomo riguardo la pratica 8683/14, "Silvio Berlusconi vs.Italy". Il leader di Forza Italia, secondo il magistrato Amedeo Franco, sarebbe stato punito ingiustamente, per una volontà che veniva dall'alto. Tra le armi dei legali del Cav, elenca Il Giornale, l'articolo 6 della convenzione europea, quello che garantisce il diritto a un equo processo, sotto l'aspetto della mancata imparzialità del giudice. Numerose infatti le testimonianze in grado di provare il pregiudizio colpevolista di Antonio Esposito, il presidente della sezione feriale della Cassazione che pronunciò il verdetto.
Non solo, perché ad aggiungersi a questo la mancanza del rispetto dell'articolo 7, quello che garantisce a tutti un giudice "stabilito per legge". Secondo questo principio a giudicare Berlusconi sarebbe dovuto essere niente di meno di Franco, il giudice che denunciò al diretto interessato il "plotone d'esecuzione" contro di lui. Ma così non andò. Gli errori furono due, come riporta il quotidiano di Sallusti. Il primo, quello commesso dalla Corte d'Appello di Milano che in un primo momento aveva indicato nell'1 agosto la prescrizione dei reati, anziché nel 14 settembre; il secondo, di autore ignoto, che fece disperdere per quattro giorni nei meandri della Cassazione il fax della Corte d'Appello milanese che correggeva l'errore. Tutti motivi che fanno pensare a una riapertura del caso, magari questa volta rispettando le regole.
Immigrazione, Massimo Galli sulle navi da quarantena: "Fanno salire i contagi", la rotta pericolosa di Conte e Cts
Una decisione tutta politica che come ha sottolineato il professor Massimo Galli in un'intervista all'Huffington Post - e come ha provato il caso giapponese - potrebbe provocare conseguenze nefaste. «La Diamond Princess», ha detto il primario di Malattie Infettive dell'ospedale Sacco di Milano, «ha dimostrato che una nave da crociera non è il posto giusto per tenere delle persone che hanno un'infezione insieme ad altre sane. C'è stato un momento in cui quella nave era il "terzo Paese" al mondo come numero di casi». Sette passeggeri sono morti. L'ultimo a scendere dall'imbarcazione, fortunatamente in buone condizioni, è stato il comandante Gennaro Arma. Le immagini della Diamond Princess ci sembravano provenire da un altro pianeta tanto Conte in quei giorni era sicuro che il Covid al massimo ci avrebbe dato un buffetto.
L'avvocato foggiano ritiene di essere stato il più bravo del mondo ad affrontare l'emergenza e coerentemente, a distanza di pochi mesi, attua una tattica rivelatasi fallimentare. Il professor Galli non è contrario a priori all'utilizzo delle imbarcazioni come luogo per la quarantena, ma solo «se vengono usate per metterci, come nave ospedale, tutte le persone già infettate, sempre che la nave abbia tutto ciò che è necessario per curarle e che si possano trasferire rapidamente in ospedale nel caso ci fosse bisogno di ventilazione». La linea del primario del Sacco è netta: «Credo che la nave sia stata scelta in assenza di altre soluzioni praticabili dato che non mi sembra il caso in questo momento di sequestrare alberghi e villaggi turistici, però funziona poco. Come ho detto, temo nella possibile commistione».
I libanesi diventano amici libici. Le comiche al ministero degli Esteri
Manlio Di Stefano è sottosegretario agli Affari Esteri da ben due governi, e sul suo profilo Twitter elenca scrupolosamente le sue deleghe: Asia, Onu, Imprese e Spazio, precisando di essere anche “responsabile Rousseau Lex Parlamento”, incarico quest’ultimo pomposamente vago. Ebbene, alla luce della sua posizione di primo piano alla Farnesina, Di Stefano non poteva certo esimersi dall’esprimere dolore e vicinanza al popolo libanese dopo la terribile esplosione che martedì ha sconvolto Beirut. Per questo la sera stessa, d’impulso, ha twittato urbi et orbi il suo doveroso comunicato di solidarietà. Già, ma a chi? Purtroppo ha sbagliato indirizzo: “Con tutto il cuore - ha scritto commosso - mando un abbraccio ai nostri amici libici”.
Ora, è vero che anche la Libia non è messa propriamente bene, devastata da una lunga guerra civile e finita in mano a Erdogan, ma - avrebbe detto Di Pietro - che c’azzecca con la strage di Beirut? Perché, se di Tripoli ce ne sono effettivamente due, una in Libia e l’altra in Libano, è fuori discussione che di Beirut ce n’è una sola. E allora? Possibile che un sottosegretario agli Esteri non conosca la differenza che passa tra un libanese e un libico? Certamente no, sarebbe un’ipotesi dell’irrealtà in qualsiasi parte del mondo, meno che nell’Italia del fantastico mondo grillino, dove l'incompetenza al potere è diventata una virtù, anche se l'idea che la politica migliore la possano fare i cittadini, gli inesperti, e i nemici del congiuntivo ha già prodotto disastri senza precedenti, complici ovviamente i troppi italiani che ci hanno creduto.
Di fronte a una tragedia di proporzioni epocali come quella di martedì, piombata in un Paese già vicino al default, è difficile anche fare ironia sulla crassa incompetenza della classe dirigente che Grillo ha catapultato dal nulla al governo con una rivoluzione sgangherata e stracciona che ha elevato l’ignoranza a sistema. Ma i social si sono ugualmente scatenati di fronte a uno sfondone che non poteva passare sotto silenzio, anche perché i Cinque Stelle, quando si tratta di storia, geografia (Beirut in Libia, Matera in Puglia) o anche di grammatica, non colpiscono mai da soli, come i leggendari fratelli De Rege. E infatti nella notte, dopo il disastroso errore - inutilmente cancellato e corretto – del sottosegretario, l’ineffabile senatrice Elisa Pirro ha pensato bene di dar manforte al più illustre collega mettendo così a segno su Twitter una memorabile doppietta: “Le immagini dell'esplosione avvenuta a Beirut sono sconvolgenti. Esprimo la mia vicinanza al popolo libico”. Quando si dice copiare dal compagno sbagliato.
Open Arms, Matteo Salvini sfida i magistrati: "Non sequestrano solo me, ma tutti gli italiani"
Matteo Salvini, i "92 minuti di applausi in Senato": Casellati travolta, polemica con la collega
"Avanti a testa alta, Amici!", scrive Matteo Salvini rilanciando un suo video sui social. Un video in cui il protagonista è lui stesso: "Viva l'Italia, viva la libertà, viva la democrazia. Grazie a chi mi manda a processo, mi fate un gran regalo. In quel tribunale ci vado a schiena dritta". Il video è di qualche giorno fa, riguarda la discussione in aula sul rinvio a giudizio, poi puntualmente piovuto, per Open Arms. E al termine dell'intervento, si scatena un lunghissimo applauso delle opposizioni a sostegno di Salvini. Applauso che la dice lunghissima. E infatti viene rilanciato da Salvini con la dicitura: "92 minuti di applausi per il Capitano! Forza Matteo, siamo con te!". Nel video si vede anche una Casellati in difficoltà: non riesce a chiudere la seduta, l'applauso è troppo lungo. E se la prende anche con una senatrice che protesta: "Non ho mai interrotto un applauso", sottolinea stizzita.
"Navi quarantena per i migranti? Sarà un disastro". L'infettivologo stronca Lamorgese
"Le navi-quarantena? Rischiano di creare focolai invece che evitarli. L'effetto potrebbe essere come quello della Diamond Princess in Giappone all'inizio dell'epidemia". A stroncare il piano del ministro dell'Interno Luciana Lamorgese per risolvere la questione coronavirus e immigrazione è l'infettivologo Massimo Galli in un'intervista all'Huffington post.
"In linea generale - dice Galli - se ci sono persone che devono fare la quarantena non sapendo se sono infettate o no, diventa complicato nel momento in cui ti arriva un focolaio da gestire. Se poi le strutture a terra sono inadeguate, sei da capo a dodici. Paradossalmente sarebbe diverso se si mettesse su una nave tutto un gruppo di infetti con uno staff medico e tutte le necessarie cautele".
Per Galli la soluzione migliore sarebbe "sequestrare alberghi e villaggi turistici, anche se ovviamente non è il caso in questo momento". E quindi il problema resta...
Riforma sport, la situazione precipita. E Malagò (furioso) "convoca" Conte
Momenti tesissimi nel mondo dello sport. Dopo lo stop alla riforma da parte del Movimento 5 stelle che ha quasi portato alle dimissioni del ministro Vincenzo Spadafora, a scendere in campo a muso duro è il presidente del Coni Giovanni Malagò. «È evidente che chiamerò stasera il presidente del Consiglio - ha detto il dirigente - perché il mondo dello sport è arrabbiato. Ci era stato detto che entro domani questa vicenda sarebbe stata sistemata e io dovrò mandare un report al Cio».
Malagò si riferisce alle risposte che il Coni dovrebbe dare al Comitato olimpico internazionale riguardo i rilievi fatti sulla riforma firmata dal governo giallo-verde e in particolare dal leghista Giancarlo Giorgetti. Il Cio aveva sostenuto che la riforma minava l'indipendenza dello sport dal mondo della politica e aveva minacciato, in assenza di chiarimenti, di escludere l'Italia dalle prossime Olimpiadi. Sostanzialmente, gli atleti italiani già qualificati avrebbero sì potuto partecipare, ma sotto la bandiera neutrale del Cio e non sotto quella tricolore.
Ora la situazione si ingarbuglia ancora di più, anche perché appare impossibile che la legge delega voluta da Spadafora possa effettivamente arrivare domani in Consiglio dei ministri. Troppi i nodi da sciogliere in maggioranza. Ai Cinquestelle non piace la creazione di un nuovo dipartimento sport all'interno del Ministero che finirebbe col togliere poteri all'ente Sport & Salute creato da Giorgetti al fine di limitare la giurisdizione del Coni di Malagò. Il Pd, invece, non condivide i limiti troppo stringenti messi al numero dei mandati possibile per ogni dirigente e che potrebbero "decapitare" numerosissime federazioni proprio alla vigilia dell'anno olimpico. La situazione, insomma, è complicata. E la palla bollente, per volere di malagò, passa nelle mani del premier Conte.
Vittorio Sgarbi insulta Virginia Raggi: "Andrà a fare in cu*** come merita", l'affondo per il caso-sampietrini
Vittorio Sgarbi passa all'attaco del sindaco di Roma: “Ennesima inutile decisione della Raggi”. Il tema è quello della rimozione dei Sanpietrini in via IV Novembre. Una questione che per il critico d'arte non ha alcun senso: "I sampietrini a Roma sono la storia, andrà via prima la Raggi di loro. Anzi, ne sono sicuro: andrà a fare in cu** come merita". Intanto Sgarbi deve fare i conti con la sospensione della durata di quindici giorni dalla Camera. Il motivo ormai è ben noto: nel mirino del presidente grillino dell'aula, Roberto Fico, gli episodi dello scorso 25 giugno in Aula e gli insulti rivolti in quella sede alla vicepresidente Mara Carfagna e alla deputata Giusi Bartolozzi.
Matteo Ricci, insulti e sfottò a Daniela Santanché: "Il coronavirus non arriva dai neg***. Come va in Sardegna?"
Perché la sinistra non vincerà mai? Una buona spiegazione, efficace, arriva da questo violento dibattito, chiamiamola pure rissa, tra Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e dato in grande ascesa nel Pd, e Daniela Santanchè, la pitonessa di Fratelli d'Italia. Il contesto è lo studio de L'aria che tira, il programma in onda su La7. Il tema è quello che tiene banco in questi giorni, l'immigrazione e i legami di questa con il coronavirus, insomma i rischi a cui si espone il nostro Paese costretto a subire una infinita sequela di sbarchi. Tesi condivisa da tutti, o no? No, quelli del Pd la rigettano. E Ricci per rigettarla afferma quanto segue: "Il coronavirus non è di pelle nera e non arriva dai negri, come direbbe la Santanchè. È una stupidaggine colossale che cozza con l'intelligenza di tutti gli italiani", sentenzia. La Santanchè gli risponde bollandolo come "ridicolo". Il punto è che nessuno dice che "il coronavirus lo portano i negri", ma semplicemente che dall'emergenza migratoria discende un concreto rischio-contagio, e gli ultimi focolai stanno lì a dimostrarlo. Ma, ovviamente, Ricci questo lo rifiuta. E non è finita. Notevole anche un altro passaggio della rissa, ad attaccare è sempre il piddino: "La Santanchè dalla sua villa in Sardegna ci vuole far capire che bisogna stare attenti ai neri". Insomma, il sindaco fa leva sull'odio di classe, sfotte la Santanchè per le sue vacanze. Peccato che la pitonessa di Fratelli d'Italia gli risponda, semplicemente: "Ma chi è in Sardegna?". Insomma, capito perché la sinistra non vincerà mai?
Mai più Troika. La lezione della Grecia: ecco perché abbiamo detto no al Mes
"Mai più Troika". Ecco perché la Grecia dice no al Mes. La sintesi la fa senza troppi giri di parole Miltiadis Varvitsiotis, ministro per le poliche Ue di Atene che sta ancora pagando l'austerity per il salvataggio del paese ellenico. Il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis ha detto no al fondo salva-stati per le spese sanitarie previsto dall'Unione europea per l'emergenza Covid. Il motivo? "Abbiamo vissuto con il Mes per dieci anni. Il Meccanismo europeo di stabilità è stato fondato sul problema greco e abbiamo la conoscenza di cosa sia un memorandum. Non è una storia facile. L'Europa viene con tanta pressione". In sintesi: "No more Troika, questo sarebbe il titolo..." sintetizza Varvitsiotis in un'intervista al Tg2 rilanciata dall'europarlamentare di Fratelli d'Italia Carlo Fidanza.
Coronavirus, atti secretati: la violenta protesta contro Giuseppe Conte della Lega al Senato
Che cos'ha da nascondere Giuseppe Conte? Come è noto, ha fatto ricorso al Consiglio di Stato contro quanto richiesto dal Tar, ovvero di mostrare agli italiani i verbali delle riunioni in cui il governo ha deciso come agire per fronteggiare l'emergenza coronaviurs, a partire dal lockdown. Un caso inquietante perché ci si interroga, appunto, sulle ragioni per le quali non potremmo sapere quali fossero i presupposti su cui si sono basate le decisioni. Il premier fa riferimento a non meglio precisati motivi di "ordine pubblico" per i quali vuole mantenere il segreto. Spiegazione che francamente non convince. E per certo non convince la Lega. I senatori del Carroccio, infatti, nella giornata di mercoledì 5 agosto hanno inscenato una dura protesta a Palazzo Madama proprio per chiedere la desecretazione di quegli atti. "Verità, verità", scandivano a gran voce. Poi le urla, le proteste, gli striscioni. Insomma, bagarre al Senato contro il presunto avvocato del popolo.
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