In occasione del quarantesimo anniversario della Strage di Bologna il presidente Sergio Mattarella, a distanza di pochi giorni dalla sua visita a Bologna nel luogo dell’attentato, ha riaffermato “il dovere della memoria, l’esigenza di piena verità e giustizia e la necessità di una instancabile opera di difesa dei principi di libertà e democrazia”.
La giornata commemorativa ha visto anche, nuovamente, invocare quel desiderio di verità che le sentenze fin qui conseguite non hanno raggiunto o hanno addirittura distorto. “E’ inaccettabile che ancora ci siano dei veli” per questo bisogna “fare un lavoro per capire finalmente chi e perché una volta per tutte. Senza veli”, ha detto la presidente del Senato Elisabetta Casellati parlando con alcuni familiari delle vittime dell’attentato. “Già lo sappiamo”, è stata la replica di un familiare delle vittime della strage.
La stessa di chi si accontenta delle verità di comodo, come fa Il Fatto che affida a un articolo di Gianni Barbacetto la sua indignazione per le tesi di chi contesta il teorema “nero” sollecitando indagini sulla pista palestinese. Ebbene chi cerca la verità per Il Fatto è assimilabile ai “terrapiattisti”. Sostenere che tutto è chiaro e tutto è noto significa ignorare i molti colpi che la tesi ufficiale (Nar esecutori, Gelli mandante) ha ricevuto in questi anni: il lodo Moro, la presenza di Carlos a Bologna nei giorni della strage, i misteri legati al corpo mai trovato di Maria Fresu (una delle vittime).
Enrico Ruggeri a muso duro: “La scusa del lockdown serve a tenerci buoni”
Enrico Ruggeri non ci sta. In un’intervista a un sito internet, il cantautore contesta pesantemente la gestione del lockdown per il coronavirus. Lo fa con termini forti. Senza compromessi. Un’intervista, per certi versi, che non si discosta molto dalle critiche di Andrea Bocelli dei giorni scorsi.
“Mi sembra evidente che l’emergenza è stata abbondantemente sfruttata a livello globale da chi ci guida e ci comanda per tenerci buoni e zitti sotto, e gli artisti, in questo, si sono ancora una volta dimostrati tutti molto impauriti e pronti a seguire la scia, ce ne fosse stato uno che, a rischio di prendersi critiche, si sia esposto”. Così Enrico Ruggeri al giornale Tpi. ”Durante le settimane di lock down – prosegue- c’è stata la solita corsa rassicurante a farsi vedere nel gruppo, nel flusso. Nello specifico è stato tutto un #IoRestoACasa, un partecipare a eventi comuni, sempre online, sempre sui social, come sempre impauriti dalla sola ipotesi di non esserci, di perdere consensi, di apparire dissenziente”.
Enrico Ruggeri: “Non ho partecipato al circo”
”Non ho partecipato a questo circo, no. Ho vissuto con difficoltà questo momento nel quale, una società che si vuole vedere e raccontare come evoluta, ha deciso di barattare la libertà con la salute, o, peggio, con una rassicurante idea di salute”, sottolinea Ruggeri, che poi aggiunge: “Pensiamo ai partigiani, quelli per ricordare i quali, il 25 aprile, in tanti hanno cantato Bella ciao dal balcone, perché durante il lockdown usava così, pensi che quei giovani sarebbero andati sui monti a rischiare di morire, in alcuni casi proprio a morire se avessero messo la loro salvaguardia, la loro salute, prima del valore sacro della libertà?”.
Morra sul reddito di cittadinanza ai mafiosi: “Le mogli hanno dimenticato di dire che i mariti erano al 41 bis”
Nicola Morra, presidente della commissione Antimafia, non è preoccupato dei privilegi indebiti ai mafiosi, ma dell’abuso della cassa integrazione da parte delle aziende. Bisogna leggere anche questo, ai tempi dei grillini al governo.
Delirio a 5 Stelle sulla sua pagina Fb
Sentite che cosa scrive sulla sua pagina Facebook l’esponente M5s. «Abbiamo appreso pochi giorni fa che la Cassa Integrazione erogata impropriamente per il Covid ammonta a 2,7 miliardi, mentre le vergognose, esecrabili, miserrime “truffe” (Morra le mette tra virgolette perché evidentemente non le ritiene tali) da indebita corresponsione del Reddito di cittadinanza sono costate 4,5 milioni. A giugno il Presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, aveva fatto rilevare, a proposito di Cassa Integrazione, che “stiamo sovvenzionando anche aziende che potrebbero ripartire, magari al 50%, e grazie agli aiuti di Stato preferiscono non farlo”. Fu massacrato, Tridico, sul piano mediatico…».
Insulti tra Zingaretti e Salvini sulle mascherine: il leader dem infilzato come un tordo
Rieccola! È bastato che la curva del contagio tornasse a salire per convincere la politica a riassegnare alla mascherina il centro della scena. Complice qualche disattenzione o qualche provocazione di troppo, leader e sottopancia hanno cominciato a beccarsi reciprocamente su quel piccolo pezzo di stoffa come non capitava dai tempi bui della fase acuta del virus. E così la mascherina diventa confine tra obbedienti e renitenti, esagerati e minimalisti, apocalittici e negazionisti. In realtà, basterebbe il buon senso. Ma in tempi bastardi come gli attuali, tutto fa brodo. E, soprattutto, fa polemica. Fino ad arruolarvi chi solitamente ne rifugge. Come, ad esempio, Nicola Zingaretti.
Zingaretti: «Scellerato chi non la indossa per farsi pubblicità»
Il segretario del Pd, che il Covid se lo beccò dopo essere salito da Roma a Milano per bere un aperitivo in veste di improbabile testimonial della movida dei Navigli, è perciò più guardingo che mai. Tanto da sostituire Conte nel ruolo di Mr. Amuchina. E avverte: «Oggi il tema è non far rialzare la curva. E quindi continuare a dire a tutti, contro gli scellerati che per farsi pubblicità si tolgono la mascherina, che ci sono tre cose semplici che bisogna fare: mascherina, distanza di sicurezza e igiene delle mani». Sembra buon senso. Se non fosse che quel riferimento a non meglio precisati «scellerati» ha tutta l’aria di un dito ficcato nell’occhio di Matteo Salvini, che solo un paio di giorni or sono la mascherina rifiutò di indossarla nonostante le insistenze di un commesso del Senato.
La piazza Lgbt minaccia di morte Massimo Gandolfini. Ma a sinistra non ci fanno caso
Minacce di morte sono arrivate dalla piazza Lgbt a Massimo Gandolfini, presidente del Comitato “Difendiamo i nostri figli” e organizzatore del Family day. La notizia, che avuto una certa circolazione sui social, non pare però abbia allarmato i “custodi” della democrazia in Italia né i solerti promotori di iniziative contro l’odio e la discriminazione. Insomma, nessuno dalle parti di Laura Boldrini & co si è sollevato (o messo in ginocchio) contro la violenza nei confronti di un uomo che da anni è impegnato sul fronte della difesa dei diritti (sebbene quei diritti non piacciano a chi ritiene di avere il monopolio sul tema). Eppure non è nemmeno la prima volta che capita: già in passato Gandolfini fu oggetto di esplicite minacce di morte.
Le minacce di morte a Gandolfini dalla piazza Lgbt
Anche stavolta le minacce sono state inequivocabili. “Contro la violenza di generi e confini rivoluzione trans. Appendiamo Gandolfini“, si legge sul cartello fotografato a una manifestazione Lgbt a sostengo del Ddl Zan e ora non più rintracciabile sulla pagina di Non una di meno Latina da cui era stato rilanciato. La foto resta però agli atti sulla pagina del Family day, che per primo ha espresso solidarietà a Gandolfini. “Ecco a quale rispetto – si legge nel post – verranno educati i nostri figli nelle scuole grazie ai 4 milioni di euro del bavaglio Zan. E lo chiamano contrasto alle discriminazioni…“.
Vittorio Sgarbi contro il giornalista politicamente corretto: "Capra assoluta"
“Nel politicamente corretto si dice che una donna debba avere gli stessi diritti? Allora non venga con me”. Vittorio Sgarbi con una battuta provocatoria delle sue, ha scatenato per l’ennesima volta l’inferno televisivo.
Ospite a Tv 8, il critico d’arte non ha lesinato il suo repertorio di contumelie, paradossi, aggressioni verbali ed esibizioni pirotecniche che tutti conoscono. Stavolta, a farne le spese è stato un giornalista del settimanale, Chi. Alessio Poeta. Che ha avuto l’ardire di mettere in discussione la provocazione di Sgarbi. Insomma, anziché ironizzare sullo Sgarbi pensiero, ha fatto la vestale del politicamente corretto.
“Se penso che con le tasse che pago contribuisco al suo stipendio, cambierei Paese” dice il giornalista del settimanale Chi.
Vittorio Sgarbi al giornalista di Chi: “Capra assoluta”
Un commento che ha acceso una battaglia dialettica consumata a colpi di battute e insulti: “Ma chi ca**o sei tu?” attacca Vittorio Sgarbi “Ma chi ca**o è lei?!” ribatte Poeta “Sei qua a fare polemica apposta, ti stai agitando per dire stupidaggini col cervello inesistente che hai. Sei una nullità. Lo stipendio di cui parli non lo paghi tu! Capra assoluta!” controreplica Sgarbi che si spinge anche in qualche battuta a sfondo sessuale “Io ho i miei gusti e tu hai i tuoi! Ti piacciono gli uomini?”.
Inevitabilmente, i conduttori in studio, Adriana Volpe e Alessio Viola cercano di gettare acqua sul fuoco. Ma c’è poco da fare. Neanche Barbara Alberti, presente in trasmissione, riesce a gestire la polemica. Tanto che Sgarbi alla fine molla tutti e se ne va. A modo suo, annunciando di rinunciare al compenso per l’intervento. E di avere comunque risollevato lo share della trasmissione. La trasmissione Ogni Mattina su Tv8 viaggia intorno all’1 per cento di share pari a meno di novantamila spettatori. Audience che il Vittorio nazionale può permettersi di snobbare.
"Non devi essere risultato positivo". Lo Stato e la beffa ai medici-eroi
I giovani dottori in prima linea contro il Covid. Il Miur pubblica il bando di specializzazione: rischio trappola
Neolaureati eroi ieri, a rischio beffa oggi. Il diavolo - si sa - spesso si nasconde nei dettagli. E migliaia di giovani dottori oggi quel demone temono di averlo visto scritto nero su bianco nel bando ministeriale che divide le loro vite dal sogno della professione medica. Per partecipare al concorso infatti devono assicurare di “non essere risultati positivi al Covid-19” e di non essere stati recentemente a contatto con qualche infetto. E così chi tra loro si è speso in prima linea contro il virus, ora vive l’incubo di trovarsi fregato. In termine tecnico: cornuto e mazziato.
Lo scorso marzo il dl “Cura Italia” li aveva abilitati per decreto e spediti al fronte senza tanti fronzoli. Freschi di laurea, molti giovani dottori hanno risposto alla chiamata alle “armi”: hanno stipulato un’assicurazione e si sono messi a disposizione delle Regioni. Nelle guardie mediche, nelle Usca a curare pazienti infetti a casa, nei servizi territoriali, nei centralini a rispondere alle chiamate disperate dei malati o a sostituire i colleghi più esperti come medico di famiglia. Un lavoro passato forse in sordina, ma decisamente utile nel pieno dell’emergenza coronavirus.
Nei giorni scorsi il Miur ha pubblicato il tanto atteso bando per le specializzazioni. Migliaia di posti a concorso (si parla di appena 14.400) e troppi candidati, che dovranno fare a pugni per ottenere un posto. Niente di nuovo sotto al sole, se non fosse che questo è il maledetto anno del coronavirus. Dunque anche per gli aspiranti dottori il concorso sarà diverso dagli altri. Tra gli allegati al bando, infatti, ne appare uno dedicato interamente allo svolgimento dell’esame. Ovviamente tutti i candidati dovranno “rispettare scrupolosamente le misure di distanziamento”, portare mascherine, guanti e tutto il resto. Ma soprattutto dovranno presentare una dichiarazione in cui, pena conseguenze penali, dovranno dichiarare “di non essere sottoposti alla misura della quarantena” (e ci sta), di “non essere risultati positivi al Covid-19”, di non avere la febbre oltre 37,5° e “di non aver avuto contatti negli ultimi 14 giorni con persone risultate affette” da Sars-CoV-2.
Ecco perché Conte vuole tenere segreti i verbali sul Coronavirus
Smascherate le intenzioni del governo e del premier: "Non vogliono fare sapere agli italiani quali sono le reali motivazioni alla base dei Dpcm"
Nelle scorse ore il Consiglio dei ministri ha dato il via libera alla proroga dello stato di emergenza per il Coronavirus fino a giovedì 15 ottobre 2020. Una scelta che ha scaturito infinite e dure polemiche specialmente da parte dell'opposizione, che ha accusato Giuseppe Conte di aver messo in atto una strategia con un fine ben preciso: consolidare il potere dell'esecutivo, in difficoltà su vari fronti, così che possa muoversi al di fuori delle norme. "Quella di cui vi state occupando non è la salute degli italiani ma del vostro governo. Lo stato di emergenza vi serve per consolidare il potere, per agire senza regole e controlli", è stato l'attacco di Giorgia Meloni.
Le assurdità dei giallorossi sono sotto gli occhi di tutti: quotidianamente sottolineano giustamente l'importanza delle misure di sicurezza per limitare la diffusione del contagio, ma nel frattempo consentono lo sbarco anche di immigrati positivi. Una situazione tanto assurda quanto grave che potrebbe portare gli italiani nuovamente in una condizione di lockdown. Ma non è finita qui: il premier vorrebbe mantenere segreti i verbali sulle attività del Comitato tecnico-scientifico prodotti in questi mesi di emergenza Covid-19. L'ipotesi di una segretezza imposta da "ragione di ordine pubblico" fa immaginare quanto possa essere poco pulitca la coscienza di chi ha preso determinate decisioni.
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