Il rancio non è “ottimo e abbondante”, come era d’obbligo per le reclute rispondere, e lui protesta. Dove il “lui” non è un militare, ma un detenuto della categoria “eccellenti”: Cesare Battisti, già terrorista rosso. L’ex-pistolero dei Pac (Proletari armati per il comunismo) sta scontando due ergastoli nel carcere sardo di Massama, in provincia di Oristano. Vi è giunto nel gennaio del 2019 dopo una lunga latitanza dorata prima in Francia e poi in Brasile, dove ha goduto dell’amorevole protezione che i governi e i relativi establishment politico-culturali riservano solitamente ai “compagni che sbagliano“.
Battisti sta scontando due ergastoli
Alla galera Battisti non si è mai rassegnato. E così ieri si è presentato davanti al Tribunale di sorveglianza di Cagliari per sollecitare una diversa qualità e quantità di cibo somministrata dal servizio penitenziario. La notizia, anticipata dall’Unione Sarda, è stata confermata all’Ansa dal legale Gianfranco Sollai. L’avvocato non ha esitato ad esibirsi in una dotta dissertazione sul cibo, evidenziandone il legame non solo con la salute, ma persino con la Costituzione. «Il cibo – ha spiegato – influenza il nostro stato di salute che è un principio costituzionalmente garantito. Il mio assistito si trova in stato di isolamento e può mangiare solo cibo somministrato dall’amministrazione mentre gli altri detenuti possono cucinare il cibo portato dai parenti o acquistato. Abbiamo sollecitato anche analisi ed esami per accertare il suo stato di salute – ha concluso Sollai -, mentre il procuratore generale ha chiesto il rigetto del reclamo».
Orrore senza fine, un autista di bus è stato ammazzato di botte da 3 passeggeri. Belve a cui l’uomo aveva chiesto solo di mettere la mascherina. E oggi, all’indomani della morte, avvenuta ieri sera in ospedale dopo giorni di agonia, si parla di crimine esecrabile. Di punizioni esemplari per i tre responsabili. Di una efferatezza che ha portato alla morte di un uomo dopo giorni di agonia. Una persona uccisa a mani nude per aver richiamato al rispetto delle regole 3 passeggeri a bordo del bus che stava guidando. Un episodio criminale che va oltre il mero fatto di cronaca, quello che arriva dalla Francia. Una vicenda sconcertante che sembra aumentare la portata dell’orrore a ogni nuovo dettaglio che si aggiunge. Ad ogni ultimo commento istituzionale sul drammatico caso…
Autista ammazzato di botte da 3 passeggeri
E così, non accenna a diminuire l’ondata di choc che ha inchiodato la Francia all’orrore dell’uccisione di un autista di autobus. Un uomo massacrato di botte da passeggeri che non volevano indossare la mascherina. La giustizia «punirà gli autori di questo odioso crimine», ha detto su Twitter il nuovo primo ministro Jean Castex, dopo che l’autista, aggredito domenica scorsa, è spirato ieri sera in ospedale. Diversi esponenti politici di tutti i partiti politici hanno espresso la loro indignazione.
Per Francesco Giorgino siamo in una "situazione d'eccezione". Si parla della proroga dello stato d'emergenza scelta da Giuseppe Conte, il termine forse "anticipato" al 31 ottobre. Un unicum nell'Europa alle prese con il coronavirus. E in un intervento sulla Gazzetta del Mezzogiorno, dopo un ragionamento sulla nostra architettura istituzionale, Giorgino sottolinea come "l'emergenza deve essere in atto effettivamente". Dunque si interroga: "Perché prorogare il ricorso ad un sistema decisionale varato nei mesi più difficili e drammatici della pandemia quando la situazione - a detta del governo e di molti presidenti di Regione - è sotto controllo, almeno al momento? Una possibile risposta a tale quesito - prosegue nel ragionamento - risiede nell'esigenza di munire la macchina dello Stato di strumenti celeri ed efficaci. Vero, ma non si dimentichi che la celerità e l'efficacia non sono compatibili solo con lo stato d'eccezione". In definitiva, secondo Giorgino, "vale la pena di ripristinare la normalità dei rapporti tra Governo e Parlamento se non si vogliono creare precedenti di cui pentirsi in futuro. Si pongano al centro dell'attenzione le soluzionni ai problemi dei cittadini e non le strategie politiche. Il Paese ha bisogno di verità e certezze, nel rispetto pieno e totale delle regole della democrazia. Non di giochi di potere", conclude Francesco Giorgino.
Il Tmb di Rocca Cencia è stato sequestrato. Più precisamente è stata sottoposta sotto amministrazione giudiziaria la porzione dell’impianto di trattamento dei rifiuti che si occupa della stabilizzazione della spazzatura. Il motivo è scritto nelle pagine con cui il perito nominato dalla Procura ha allertato i pm circa la scarsa qualità dei rifiuti prodotti dalla struttura: sarebbero sotto gli standard di legge in quanto l’impianto avrebbe lavorato male. I consulenti hanno informato tramite una relazione i pm Carlo Villani e Luigia Spinelli che a loro volta hanno chiesto e ottenuto il sequestro.
Sarebbero indagati manager attuali di Ama o andati in pensione come Pietro Zotti, Massimo Bagatti, Stefano Bina, Marco Casonato, Emanuela Lategano e Riccardo Stracqualarsi.
È una tegola enorme sul sistema dei rifiuti capitolino. L’altro Tmb, quello di via Salaria, è infatti stato chiuso nel settembre 2019 mentre quello di Rocca Cencia, il secondo di proprietà dell’Ama, si scopre adesso mal funzionante e quindi da sequestrare rischiando di far collassare l’intero ciclo dei rifiuti.
Arrivano a Lampedusa a gruppi, uno dopo l’altro: a centinaia gli immigrati sbarcano nell’isola. E, in poche ore, si susseguono soccorsi e avvistamenti.
In poco meno di 24 ore nella più grande delle Pelagie approdano 618 immigrati, tra cui donne e minori. Che vengono soccorsi dagli uomini della Guardia di finanza e della
Capitaneria di porto.
Una ventina gli sbarchi registrati sinora, per
lo più di piccole dimensioni. Ad eccezione di due sbarchi più grandi: dapprima 95 immigrati. Poi altri 267. Tutti stipati all’inverosimile sui barconi.
Diciotto, invece, gli immigrati che, in piccoli gruppi, riescono ad eludere i
controlli. E ad approdare direttamente sull’isola. Ma vengono subito rintracciati.
Proseguono, nel frattempo, anche i trasferimenti dall’hotspot di Contrada
Imbriacola, oramai al collasso dopo gli ultimi arrivi.
Beppe Grillo sul futuro di Roma c'è. Ma sulla ricandidatura di Virginia Raggi la incoraggia o la licenzia? Il fondatore del Movimento 5Stelle entra nella partita delle elezioni nella Capitale (che si terranno fra meno di un anno) e lo fa a modo suo. Sul blog del comico spunta infatti un sonetto di Franco Ferrari, tutto in dialetto romanesco, dal titolo "Virgi, Roma nun te merita" (Virginia, Roma non ti merita). Rime difficili da interpretare, che lasciano interdetti, anche per i numerosi insulti ai cittadini che se la prendono con "questa povera 'Crista'".
"Virginia prendi una valigia tuo figlio e tuo marito che ce ne andiamo da questa gente di fogna - è l'attacco - E che cavolo! Se chiama Virginia, mica è la Madonna der Divino Amore! Quella, dice, che fà li miracoli". Uno stile tutto romano, forse lontano da quelli che furono i sonetti di Trilussa, ma molto vicini a quelle rime, meglio conosciute come 'Pasquinate', che però non se la prendevano con il 'popolo' ma con i Papi e reggenti del momento. Scorrendo però i commenti sulla pagina di Grillo sono più le condivisioni (dopo un'ora 10 volte di più rispetto all'ultimo post del fondatore 5Stelle) che il dissenso per le numerose invettive ricevute.
Dal Campidoglio non si hanno dubbi: si tratta di un incoraggiamento ad andare avanti. Addirittura nel Movimento si parla di 'blindatura' della sindaca. Non è infatti un caso che Grillo faccia suo il sonetto di Ferrari mentre la cronaca romana è scandita da episodi come quelli degli atti di vandalismo sulle spiagge di Ostia, che continuano ad essere usate come discarica di vetri rotti, chiodi e siringhe. Il messaggio di Grillo quindi è 'siete sotto attacco, non mollate'. E non un modo per 'dimissionarla' come vorrebbe una parte del Movimento. O come interpreta il Pd: "Insomma, Virginia Raggi é stata scaricata da Beppe Grillo, direi definitivamente - scrive sui social Monica Cirinnà - Ed é stata scaricata nel modo peggiore: addossando alle romane e ai romani le responsabilità di un’amministrazione pavida, immobile, dannosa".
Il “chiappone impiegatizio” di Lucia Azzolina continua a tenere banco. A ridare linfa alla polemica lo stesso ministro dell'Istruzione che risponde a tono a Dagospia: "Ma il sedere di un uomo è mai stato spiattellato sui giornali con lo stesso disprezzo?". Alla Azzolina, in sostanza, “non sono piaciuti i titoli con cui sono stati accompagnati quegli scatti, soprattutto quelli di un sito di informazione online…”. Tutto pane per i social sempre pronti nel montare anche l'inesistente. @francesca_flati: “dal momento che #Dagospia non ha argomenti né competenze per attaccare la nostra ministra @AzzolinaLucia tenta di sminuirla con beceri insulti sessisti”. @bompresso01: “#Azzolina si offende x l'epiteto 'culone impiegatizio' attribuitele da #Dagospia. Ma davvero si credeva #MoanaPozzi?”. @gavigneri: “ma questi che s'indignano con #dagospia perché ha parlato delle chiappe della #Azzolina, sono quelli che offendono la #Meloni per gli occhi? La #Santanchè per la chirurgia? Che davano della pu... alla #carfagna? La #Cuccarini è fascista? Complimentoni!!”. La ministra grillina dovrebbe certo ricordare che l'ascesa del suo partito è anche frutto degli attacchi sferrati dai suoi leader contro politici, e donne soprattutto, con toni che in certi casi definire sessisti è un eufemismo. E, intanto, Dagospia non molla. Il sito controreplica alla Azzolina: "Mai titoli sui difetti fisici degli uomini e Salvini? Eccoli tutti, in rassegna". Buona lettura.
Una richiesta assurda. Vergognosa. Un’offesa alle vittime, a migliaia di italiani gettati e uccisi nelle foibe dai comunisti di Tito. Nel giorno in cui al Monumento Nazionale di Basovizza, sull’altopiano di Trieste, si recheranno il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e il presidente della Slovenia, Pahor, c’è la richiesta di ammainare la bandiera tricolore.
Foibe, la cerimonia a Basovizza
«Ho appreso che poco fa alcuni rappresentanti istituzionali hanno detto alla Lega Nazionale, che cura la conservazione del monumento di Basovizza, di ammainare il Tricolore che sventola in permanenza su un luogo sacro alla memoria della Patria, peraltro Monumento Nazionale». Lo afferma Maurizio Gasparri. «Spero che si tratti di un disguido perché sarebbe veramente singolare ammainare il Tricolore a Basovizza quando sul luogo si reca il Presidente della Repubblica Italiana».
Un oltraggio alla memoria dei nostri martiri
«Oggi», dichiarano a loro volta il presidente è il vicepresidente vicario del gruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Luca Ciriani e Isabella Rauti, «si sono rincorse voci di una richiesta di ammainare la nostra bandiera tricolore dal monumento di Basovizza. Sia chiaro che si tratterebbe di una scelta insensata e di un autentico oltraggio alla memoria dei nostri martiri vittime della furia comunista delle truppe di Tito. Quella bandiera è intoccabile e sacra e sventola sul nostro monumento nazionale per ricordare un dramma della nostra Patria. Il solo averlo pensato è un atto vergognoso anche se fosse soltanto un retro pensiero».
Fogna ce sarai. Non merita altro Beppe Grillo, con la sua spericolata uscita di ieri per coprire Virginia Raggi sulla via della fuga. Un sonetto in romanesco preso a prestito e sbattuto sul suo blog non fa la felicità. Neppure per un comico che deve essere proprio triste in questo periodo tra i Cinque stelle precipitati nel ridicolo e il figlio a rischio processo per stupro. Roma va rispettata, coccolata, amata, e lui la insulta in maniera davvero greve: Beppe Grillo ha perso la testa. Offende la città e i romani perché deve decidere ancora una volta il destino dei pentastellati.
Beppe Grillo sa che a Roma il suo movimento sarà seppellito e monta sul ring per prendere tutti a pugni. Ma l’uscita dal tombino dove si era rinchiuso è pessima. Era spiritoso, ora non più. Lascia tutti a bocca aperta per uno “stile” che sul palcoscenico meriterebbe solo valanghe di pomodorate in faccia. Sono prove tecniche di declino artistico-politico.
Sparare in faccia ai romani “siete gente di fogna” serve solo a un obiettivo, che pare evidente. Accoppiato all’esilarante – questo sì - “Roma non merita la Raggi” – è l’annuncio dell’uscita della sindaca dal Campidoglio. E’ come se dicesse “Virginia la ritiro io, non vi darò il piacere di umiliarla con il voto popolare”. C’è da dire che la stessa Raggi non l’ha presa proprio bene e si è sfogata su Facebook, ma avendo cura di prendersela per “la gente di fogna” con l’autore dei versetti romaneschi e non col santone genovese.
Sembra quasi sentimentale, Grillo, in realtà è solo cinico. Perché la Raggi ha deluso anche lui e deve fingere di esaltarla “contro una città che non la capisce”. Lo scopo è quello di spianare la strada all’intesa tra Pd e Cinque stelle per il Comune di Roma. Si vota a primavera prossima e Zingaretti non può sopportare una rivolta interna al suo partito. Via la sindaca e l’accordo sarà più facile. Che poi possa essere convincente anche per gli elettori è un’altra roba.
L’emergenza coronavirus «tutt’altro che risolta e che potrebbe anzi riproporsi in forma drammatica», non può «diventare un pretesto per una sostanziale sospensione di alcune fondamentali garanzie costituzionali, prima fra le quali un chiaro e trasparente controllo del Parlamento sulle decisioni dell’esecutivo». Lo scrive il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, in una lettera al quotidiano La Stampa.
Berlusconi: «Dal governo decisioni contraddittorie»
«Il governo Conte ha fin qui scelto di evitare passaggi parlamentari, con il ricorso allo strumento del Dpcm, ma non per questo ha guadagnato in velocità né in efficienza delle decisioni. Un voto alle Camere – con la dichiarata disponibilità dell’opposizione ad evitare, come è ovvio, ogni atteggiamento ostruzionistico – non avrebbe allungato in alcun modo i tempi di decisioni che in alcuni casi erano necessarie. Ma che spesso si sono rivelate contraddittorie e inefficaci e che proprio con il dibattito in Parlamento avrebbero potuto essere migliorate e perfezionate».
"Proroga dello stato di emergenza? Abbiamo capito bene? Io scenderò in piazza, lo dichiaro sin d'ora": A prometterlo è il virologo Massimo Clementi
“Proroga dello stato di emergenza? Abbiamo capito bene? Io scenderò in piazza, lo dichiaro sin d’ora”. A prometterlo è il virologo Massimo Clementi che sulla sua pagina Facebook commenta l’ipotesi di una proroga dello stato di emergenza definendola “una incredibile forzatura. Che va in parallelo con i toni terrificanti (totalmente ingiustificati) con cui Tv e grande stampa stanno descrivendo lo stato attuale dell’epidemia”. Rispondendo a un utente che gli chiede se farà qualcosa per impedire che la proroga ci sia, “ma io non sono un politico – chiosa l’esperto – e, diversamente da altri miei colleghi, non lo voglio proprio fare”.
La notizia è esplosiva. Un esponente storico della sinistra toscana ha deciso di voltare pagina. E di sostenere la candidata del centrodestra Susanna Ceccardi alla guida della Regione. Si tratta di Massimiliano Bernardi, ex assessore di Rifondazione comunista al Comune di Carrara. Deluso dall’abbraccio “mortale” del Pd con i 5Stelle, è pronto al grande passo. Lo rende noto la stessa europarlamentare leghista sul suo profilo Facebook.
Toscana, ex di Rifondazione comunista volta pagina
“Sostengo Susanna Ceccardi e darò indicazione ai miei elettori di votarla”, ha detto Bernardi. Che oggi è consigliere comunale di opposizione a Carrara, a guida 5Stelle. Soddisfatta per l’adesione, la candidata del centrodestra sottolinea che la scelta di Bernardi non è isolata. “Non è l’unico esponente di sinistra che non si riconosce più nelle politiche del Pd e dei 5Stelle. E passa con noi”, ha detto la Ceccardi in un incontro pubblico. “Sui temi sociali la sinistra ha completamente abbandonato le fasce più deboli. Mi fa piacere che esponenti attivi in passato a sinistra adesso si rivolgano a noi. Merito dell’impostazione post ideologica e concreta che vogliamo dare alla Toscana. Coraggio!”.
Lo stesso accadde durante la campagna elettorale dell’europarlamentare leghista a sindaco di Cecina. “Ebbi varie adesioni dall’estrema sinistra. E sono tutti tasselli che mi fanno ben sperare anche per questa campagna. La nostra proposta politica non si rivolge al centrodestra classico. Ma anche all’elettorato di sinistra che è rimasto deluso sui temi sociali”.
"Taci e digiugna, vigliacco". Matteo Salvini è stato l'uomo che da ministro degli Interni ha riportato in Italia Cesare Battisti, riconsegnandolo alla nostra giustizia per pagare il pegno per i suoi crimini. Condannato all'ergastolo, il terrorista rosso mai veramente pentito dei suoi omicidi degli anni Settanta ora è detenuto nel carcere di Oristano. Il suo legale ha presentato un reclamo al Tribunale di sorveglianza di Cagliari sostenendo che il suo assistito non sia in buone condizioni di salute anche perché gli verrebbe servito "poco cibo e di pessima qualità". Sentite queste parole, il leader della Lega è letteralmente esploso su Facebook: "Assassino comunista si lamenta del menù in carcere?", chiede polemicamente. La risposta: "Taci e digiuna, vigliacco". L'unica possibile, per Salvini.
"Proroga dello stato di emergenza? Abbiamo capito bene? Io scenderò in piazza, lo dichiaro sin d'ora". A prometterlo è il virologo Massimo Clementi che sulla sua pagina Facebook commenta l'ipotesi di una proroga dello stato di emergenza definendola "una incredibile forzatura. Che va in parallelo con i toni terrificanti (totalmente ingiustificati) con cui Tv e grande stampa stanno descrivendo lo stato attuale dell'epidemia".Rispondendo a un utente che gli chiede se farà qualcosa per impedire che la proroga ci sia, "ma io non sono un politico - chiosa l'esperto - e, diversamente da altri miei colleghi, non lo voglio proprio fare".
Alessandro Sallusti paragona il premier Conte all'imperatore Napoleone per voler prorogare lo «stato di emergenza» proclamato all'inizio della pandemia e in vigore fino a fine mese. Per il direttore del Giornale la richiesta di Conte: è il sogno di tutti i leader: usare la democrazia per scalare il potere e poi, raggiunto l'obiettivo, sospenderla o limitarla per rimanere in vetta senza troppi problemi. Il Virus Corona, oltre ai corpi, infetta quindi anche le istituzioni". Sallusti spiega che, "oggi non ci sia nessuna urgenza: l'epidemia è sotto controllo, le Regioni hanno imparato la lezione e gestiscono autonomamente prevenzione e cura e una decretazione ordinaria appare sufficiente a fare fronte a eventuali novità che potrebbero presentarsi. Non c'è più emergenza quindi, e in più non c'è data di scadenza".Infine la stoccata finale: "Non una delle decisioni prese in questi ultimi sei mesi da Conte in forza dei suoi poteri da imperatore ha dato gli esiti sperati, o quantomeno le poche efficaci, tipo il lockdown, sarebbero state sicuramente adottate anche per via ordinaria. Non abbiamo nulla contro gli imperatori, a patto che si dimostrino capaci. Per Conte-Napoleone, più che alla campagna d'Italia, il Covid assomiglia a una Waterloo. Non dico Sant' Elena, ma Porto Cervo potrebbe essere un giusto finale di epopea", conclude nel suo editoriale sul Giornale.
La Cgia certifica il drammatico sorpasso causato dal Coronavirus
A causa del calo dei lavoratori dovuto all'epidemia da Coronavirus in Italia ormai si pagano più pensioni che buste paga. E' il dato drammatico fotografato dall'Ufficio studi della Cgia di Mestre, che ha messo a confronto gli ultimi dati sul lavoro risalenti allo scorso mese di maggio, con gli occupati scesi a 22,77 milioni di unità, con quelli sulle pensioni risalenti al 1° gennaio 2019, che dimostrano come a recepire l'ambito assegno all'epoca fossero 22,78 milioni di ex lavoratori.
"Se teniamo conto del normale flusso in uscita dal mercato del lavoro da parte di chi ha raggiunto il limite di età e dell’impulso dato dall’introduzione di “quota 100” - scrive la Cgia - successivamente all’ 1 gennaio dell’anno scorso il numero complessivo delle pensioni è aumentato almeno di 220 mila unità. Pertanto, possiamo affermare con una elevata dose di sicurezza che gli assegni stanziati alle persone in quiescenza sono attualmente superiori al numero di occupati presenti nel Paese". E' quanto spiega il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo.
“Il sorpasso è avvenuto in questi ultimi mesi. Dopo l’esplosione del Covid, infatti, è seguito un calo dei lavoratori attivi. Con più pensioni che impiegati, operai e autonomi, in futuro non sarà facile garantire la sostenibilità della spesa previdenziale che attualmente supera i 293 miliardi di euro all’anno, pari al 16,6 per cento del Pil. Con culle vuote e un’età media della popolazione sempre più elevata, nei prossimi decenni avremo una società meno innovativa, meno dinamica e con un livello e una qualità dei consumi interni in costante diminuzione”.
Sebbene gli effetti della crisi dovuta al Covid avranno un impatto molto negativo dal punto di vista occupazionale, è evidente che il progressivo invecchiamento della popolazione italiana sarà un altro grosso problema con il quale fare i conti. Afferma il segretario della CGIA Renato Mason:
Va avanti come un treno l’inchiesta della Corte dei conti del Lazio sugli emolumenti «extra» che avrebbe indebitamente percepito Domenico Arcuri nella veste di amministratore delegato della società Invitalia, partecipata al cento per cento dal ministero dell’Economia e delle Finanze. Giovedì i finanzieri del nucleo di Polizia economico-finanziaria di Roma, su ordine del vice procuratore Massimo Lasalvia, hanno notificato all’attuale commissario straordinario per il potenziamento delle infrastrutture ospedaliere necessarie a far fronte all'emergenza Covid-19 un atto di costituzione in mora, con il quale si chiede ad Arcuri e ad altre 14 persone di restituire entro 10 giorni all’erario 1,9 milioni di euro. Con questo atto si interrompe infatti il termine della prescrizione, che nella giustizia contabile è di 5 anni. L’indagine è partita quando, il 7 dicembre 2016, la sezione del Controllo sugli enti della Corte dei conti ha trasmesso alla procura regionale del Lazio le criticità riscontrate dal controllo eseguito dai magistrati sulla gestione finanziaria relativa all’anno 2014 dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e sviluppo d’impresa spa (Invitalia). Secondo la nuova normativa, infatti, tale società avrebbe dovuto adeguare il compenso dell’amministratore delegato all’80% del limite massimo retributivo di 240.000 euro annui, cioè di 192.000 euro annui. Allo stesso modo avrebbe dovuto adeguare il compenso del presidente del consiglio di amministrazione al limite massimo del 30% dell’ad, cioè a 57.600 euro. È emerso...
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