In un'intervista pubblicata oggi su Libero Selvaggia Lucarelli ha intervistato Beatrice Borromeo, ex modella, giornalista e conduttrice italiana figlia di Carlo Ferdinando Borromeo ed esponente della nobiltà milanese. Fidanzata da sempre con Pierre Casiraghi, figlio minore di Caroline di Monaco e Stefano Casiraghi, nell'ultimo periodo si vocifera che i due siano in procinto di sposarsi.
Nell'intervista la Borromeo parla del peso che ha avuto nella sua vita il suo blasone e del documentario da lei curato "Lady 'Ndrangheta" che verrà messo in onda da stasera su Sky Tg24. Il programma parlerà del ruolo delle donne all'interno di una delle associazioni criminali più feroci del mondo, e la prima domanda della giornalista verte proprio sul come le sia venuta l'idea del format:
"Ero a New York e stavo preparando la tesi del mio master in giornalismo sul traffico di droga attraverso una tratta fino a quel momento inedita, quella Sud America/New York/Italia. Mi capitava di leggere delle intercettazioni e rimanevo basita di fronte ad alcuni passaggi di conversazioni femminili in cui mogli, madri e figlie di boss della 'ndrangheta dicevano cose raccapriccianti. Cose tipo "Bisogna farlo fuori con la sega elettrica" o "Ammazza tuo padre". Mi è venuta voglia di intervistarle, perché parlai con il giudice Gratteri e mi spiegò che le donne nella 'ndrangheta ricoprono un ruolo fondamentale. Accade spesso che quando il marito finisce in galera, loro comincino a occuparsi della gestione economica dell'organizzazione e fungano da tramite tra il carcerato e gli altri criminali. Sono andata a cercare alcune di queste donne e le ho intervistate".
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Luca Ricolfi all'attacco: "Coronavirus? Ci siamo bevuti ogni racconto delle autorità. Conte? Spende soldi che non ha"
È tutto sbagliato, è tutto da rifare. Il copyright della frase è di Gino Bartali, naso triste da italiano in gita, come lo definì in una bellissima canzone Paolo Conte. Il concetto però è sovrapponibile al pensiero di Luca Ricolfi, naso molto sensibile di italiano alquanto perplesso. Editorialista per svariati quotidiani, attualmente in forza al Messaggero, il professore torinese ha fondato l'osservatorio del Nord-Ovest ed è ora responsabile scientifico della fondazione David Hume, che ha creato con il vecchio direttore del Corriere della Sera, Piero Ostellino. In parole semplici, Ricolfi è il più grande sociologo italiano. Nessuno come lui sa annusare gli umori della nostra società, della quale ha una visione lucida e imparziale. In questa intervista dispensa mazzate per tutti, destra e sinistra. Crocifigge il governo per la gestione dell'emergenza Covid-19 e per l'assenza di preparazione della ripartenza. Bastona Conte e i suoi governi gialloverde e giallorosso per la loro politica esclusivamente assistenzialista. Suggerisce nella ricetta ultraliberista e di defiscalizzazione selvaggia l'unica via di salvezza per il Paese. E ne ha pure per gli italiani, che si sono fatti rubare la democrazia senza reagire.
Professor Ricolfi, Conte compie due anni a Palazzo Chigi: com' è cambiata l'Italia sotto l'avvocato?
«La cultura politica dell'Italia era già da avvocati prima: attenzione ossessiva alle procedure e pochissima concretezza. Non so se Conte abbia peggiorato la situazione, certo non è la persona giusta per imprimere una svolta. Dipendesse da me, vedrei bene a capo del governo un contadino che ha fatto il classico».
Alberto Zangrillo, "coronavirus clinicamente scomparso"? Lo studio del San Raffaele su cui si basano le sue parole
Polemica furibonda per le parole del professor Alberto Zangrillo, che intervistato da Lucia Annunziata a Mezz'ora in più su Rai 3 domenica 31 maggio ha affermato che "da un punto di vista clinico il coronavirus non c'è più". Parole che hanno scatenato violentissime reazioni nei suoi confronti, accusato di aver trasmesso un messaggio sbagliato e fuorviante. In serata Zangrillo ha replicato, ribadendo che gli italiani meritano di sapere la verità, ossia che le evidenze cliniche dimostrano che il Covid-19, in Italia, non c'è più.
Il punto è che le parole di Zangrillo, ovviamente, non sono pronunciate a casaccio. Tutto si basa su uno studio del San Raffaele di Milano, che sta per essere pubblicato e di cui il medico ha anticipato le conclusioni. In base alla ricerca, tra marzo e maggio la quantità di virus presente nei soggetti positivi - spiega il Corriere della Sera che anticipa i contenut della ricerca - si è ridotta notevolmente. Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia del San Raffaele e professore all’Università Vita-Salute, oltre che curatore del lavoro, ha spiegato al quotidiano di via Solferino: "Abbiamo analizzato 200 nostri pazienti paragonando il carico virale presente nei campioni prelevati con il tampone. Ebbene i risultati sono straordinari: la capacità replicativa del virus a maggio è enormemente indebolita rispetto a quella che abbiamo avuto a marzo. E questo riguarda pazienti di tutte le età, inclusi gli over 65".
Ecco cosa c'è davvero dietro la cacciata del priore di Bose
Con l'allontanamento di Enzo Bianchi da Bose viene messo in discussione pure un modello progressista di cattolicesimo: i radical chic delusi da Bergoglio
Come un fulmine sul campo progressista: Enzo Bianchi deve lasciare la comunità che ha creato. La sorpresa è grossa. A deciderlo è stato lo stesso Papa che - dicono - avrebbe voluto fare di fratel Enzo un porporato.
Un laico in Conclave è una storia non raccontata di recente. Un successore di Pietro non nomina da tempo un cardinale al di fuori dei consacrati. L'ultimo caso risale al 1858. Non se n'è fatto nulla per ora e, con ogni probabilità, fratel Enzo non indosserà la porpora in futuro. Una delle tante svolte, questa del "cardinale laico", che la sinistra si aspetta da Francesco, ma che il Papa non asseconda. Fa il paio con la storia dell'abolizione del celibato sacerdotale, con quella dei preti sposati e con tante altre.
Monastero di Bose, il retroscena sulla cacciata di Enzo Bianchi
Che accade a Bose? La comunità monastica fondata da Enzo Bianchi, a quanto pare, è capofila nella teologia ecumenica e nel dialogo tra le religioni, ma naufraga nel dialogo interpersonale. Uno dei risultati/esperimenti più interessanti del dopo Concilio Vaticano II, è «esploso» all’attenzione dei media. Motivo: il comunicato reso noto sul sito monasterodibose.it in cui si parla di un decreto, firmato il 13 maggio dal segretario di Stato, cardinale Parolin e approvato in forma specifica da papa Francesco. Enzo Bianchi, fondatore nel lontano 1965, due monaci e una monaca dovranno abbandonare Bose e trasferirsi altrove. Il testo è stato letto e presentato ai diretti interessati il 26 maggio. Il decreto segue una «visita canonica», motivata da «certi aspetti problematici per quanto riguarda l’esercizio dell’autorità, la gestione del governo e il clima fraterno» nella comunità oggi guidata dal monaco Luciano Manicardi dopo le dimissioni di Bianchi nel 2017. Ancora un tassello: l’ex priore Enzo Bianchi, in una nota, si è appellato alla Santa Sede «perché ci aiuti e, se abbiamo fatto qualcosa che contrasta la comunione, ci venga detto. Da parte nostra, nel pentimento siamo disposti a chiedere e a dare misericordia». Ma in realtà Roma locuta, Roma ha già parlato. E «qualcosa» è stato davvero fatto, a quanto pare.
Finita la causa, vale la pena di “guardare dentro” la situazione. Una tipica situazione ecclesiale a metà tra grandi ideali e impegni a livello mondiale e la pochezza tipica delle rivalità e gelosie. Umano, troppo umano, dunque. La comunità di Bose è peculiare: «monastica» ma non riconosciuta nell’Ordo monasticum; non ha quindi le forme giuridiche e amministrative classiche delle abbazie, né il sistema di pesi e contrappesi comuni ai monasteri. In secondo luogo, è una comunità laica: né Bianchi né gli altri monaci interessati alle disposizioni sono parte del clero e la comunità non fa riferimento al dicastero dei religiosi. L’intervento vaticano è “atipico” perché non avrebbe giurisdizione diretta e proprio per questo si comprende la gravità della situazione, tolta dal controllo del vescovo locale, al quale poteva andare “per competenza” territoriale. C’è poi un problema comune alle esperienze del dopo Concilio Vaticano II, destinato ad acuirsi nell’immediato futuro. Dopo il Concilio sono nati molti movimenti e forme associative: Focolarini, Sant’Egidio, Neocatecumenali e tanti altri, giuridicamente riconosciuti dalla Chiesa. A differenza degli Ordini e Congregazioni religiose più antiche, questi sono attesi alla prova del cosa accade dopo che il “Fondatore” si fa da parte o muore.
Luigi De Magistris a Libero: "Magistratura contagiata, impossibile curarla"
Luigi de Magistris considera il "Csm-gate" come uno dei punti più bassi toccati dalla magistratura. Però non si stupisce. «Apprendo con grande amarezza le ultime novità sul caso Palamara, che peraltro è scoppiato oltre un anno fa, ma non le considero una novità, anche alla luce di quel che ho dovuto subire io stesso prima di entrare in politica». De Magistris ha rivestito per 15 anni la toga del pm d'assalto, protagonista di memorabili indagini sulla classe politica italiana e di conflitti durissimi con i suoi colleghi; poi è uscito dalla magistratura nel 2009 per fare l'eurodeputato (con l'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro) e due anni dopo è stato eletto sindaco di Napoli. Riconfermato nel 2016, il suo secondo mandato scadrà l'anno prossimo. Oggi ascolta il richiamo del presidente Mattarella sulla «inammissibile commistione tra politici e magistrati» e sulla «degenerazione del sistema correntizio» con l'aria di chi sapeva già come sarebbe andata a finire.
Per la seconda volta in un anno il capo dello Stato, che presiede anche il Csm, fa capire che la magistratura ha bisogno di una riforma radicale.
«Quelli di Mattarella sono interventi puntuali e profondi. Ma ormai non è nemmeno sufficiente la sola riforma del Csm. Tutto il sistema giudiziario è vittima di degenerazioni correntizie, dietro la sacrosanta indipendenza della magistratura si nascondono gravi dipendenze da logiche di potere interne. Quando si legge la frase "è uno dei nostri" negli stralci dei dialoghi fra magistrati intercettati, si comprende che le correnti, nate come espressione della libertà di pensiero, sono divenute uno strumento di protezione e promozione di cordate».
Coronavirus, Vittorio Sgarbi con Zangrillo: "Ci hanno preso per il cu***, strategia del terrore"
Annunciando un suo intervento su YouTube, Vittorio Sgarbi non usa alcun giro di parole e spiega subito, chiaro e tondo, che lui sta con Alberto Zangrillo, il medico finito nella bufera per aver detto che "il coronavirus è clinicamente scomparso". Tesi basata su uno studio del San Raffaele di Milano e confermata il giorno successivo dallo stesso Zangrillo, che non arretra di un millimetro. E si arriva dunque a Sgarbi, che come detto sui social annuncia il suo intervento, alle 16 in punto di lunedì 1 giugno. Intervento di cui anticipa in modo assai esplicito i contenuti. Dopo aver rilanciato le parole di Zangrillo, il critico d'arte commenta: "Hanno preso per il cu*** gli italiani e distrutto l'economia! Subito una Commissione d'inchiesta". Quindi, un hashtag assai esplicito: #strategiadelterrore.
Sondaggio Swg per Mentana, crollo Pd: sotto il 20%, allarme rosso per Zingaretti. Esultano Lega e M5S
Come in ogni lunedì che si rispetti non manca l’appuntamento con il sondaggio Swg realizzato per il TgLa7. Il direttore Enrico Mentana ha dato conto dell’ultima rilevazione, che vede la Lega confermarsi il primo partito con il 27% (+0,1). La notizia grossa è però legata al Pd, che invece in una sola settimana ha perso lo 0,7, scendendo nuovamente sotto il 20%: i dem di Nicola Zingaretti sono attestati al 19,5%, una cifra a dir poco preoccupante e che non farà altro che alimentare le voci del malumore interno al partito nei confronti del segretario.
Risale al 16% il M5S, che fa registrare un incremento dello 0,3% rispetto a sette giorni fa. Una flessione importante, ma che Mentana definisce fisiologica, tocca invece a Giorgia Meloni: FdI ha perso 0,6 punti ed è scesa al 13,9%, ma dopo che nelle scorse settimane era salita in maniera vertiginosa. Perde qualcosa anche Silvio Berlusconi: la sua Forza Italia si ferma al 6% (-0,3). Nelle retrovie, invece, si registra il +0,3 di Matteo Renzi, che però con Iv è a stento al 3%. Alle sue spalle Carlo Calenda con Azione (2,8%).
Cardinale Danneels confessa: “11 cardinali hanno lavorato per costringere Benedetto XVI a dimettersi”
Il cardinale Godfried Danneels confessa prima di morire:”11 cardinali hanno lavorato nell’ombra per costringere papa Benedetto XVI a dimettersi“. Undici cardinali scomunicati (Bergoglio è uno di loro): non c’era nessuna successione. Il cardinale Godfried Danneels prima di morire confessa che lui e altri cardinali hanno pianificato è architettato costretto papa Benedetto XVI a dare le dimissioni, e lasciare il posto a Bergoglio. Secondo il diritto canonico, questo gruppo, che lui stesso definisce una “mafia”, viene scomunicato dalla latae sententiae.
Nell’ultima settimana di settembre 2015, il Cardinale Daneels ha presentato la sua biografia a Bruxelles, e ha riconosciuto l’esistenza di un gruppo di Cardinali che hanno lavorato insieme per controllare la successione di Giovanni Paolo II e impedire il Cardinale Joseph Ratzinger, che allora era Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, di ascendere alla cattedra di Pietro. Nella presentazione, Danneels ha rivelato di aver fatto parte di una “mafia” (con i cardinali Kasper, Silvestrini, Van Luyn, Martini, Murphy O’Connor, Lehman, da Cruz, Husar e Hume) e che hanno lavorato nell’ombra per costringere papa Benedetto XVI a dimettersi e ad abilitare Jorge Mario Bergoglio per diventare Papa.
Va sottolineato che questa “mafia”, conosciuta tra loro come “Il gruppo di San Gallo”, a causa del monastero svizzero in cui si sono tenuti i loro incontri, si è auto-scomunicata dalla Chiesa, come promulgata la costituzione apostolica Universi Domenici Gregis di Giovanni Paolo II,che proibisce le trame e gli accordi tra cardinali per influenzare l’elezione di un papa.
Deceduto il cardinale che parlò della "mafia di San Gallo"
Il cardinale belga Danneels è deceduto all'età di 85 anni. Aveva parlato della "mafia di San Gallo", cioè di un gruppo di cardinali progressisti cui apparteneva. Per i tradizionalisti, quel consesso di alti prelati ha favorito l'elezione di Jorge Mario Bergoglio al soglio di Pietro
Godfried Danneels è deceduto nella mattinata di oggi. Il cardinale belga lascia la sua vita terrena all'età di 85 anni. Aveva già rassegnato le proprie dimissioni dagli incarichi ricoperti nelle mani del pontefice argentino quando, alla fine del primo decennio degli anni 2000', aveva raggiunto la soglia - limite dei 75 anni che, salvo deroga pontificia, rappresenta la soglia di pensionamento per gli ecclesiastici della Chiesa cattolica. Ma di Danneels si era parlato anche, se non soprattutto, in funzione del Conclave che ha eletto Jorge Mario Bergoglio al soglio di Pietro. Quello svoltosi nel 2013, poco dopo la rinuncia di Benedetto XVI.
La "mafia" di San Gallo? Era già nota
In questi giorni ha fatto discutere l’uscita di una biografia sulla figura del cardinale belga Godfried Danneels, ex primate del Belgio e prossimo padre sinodale di nomina diretta del Pontefice. Si è parlato anche di complotto per fare eleggere papa Bergoglio. In realtà composizione e linea del gruppo si conoscevano già da anni.
In questi giorni ha fatto discutere l’uscita di una biografia sulla figura del cardinale belga Danneels, per lungo tempo primate del Belgio e prossimo padre sinodale di nomina diretta del Pontefice. Alcune ricostruzione giornalistiche hanno apertamente parlato di una specie di complotto tra porpore organizzato in quel di San Gallo (Svizzera) per arrivare fino all’elezione al soglio di Pietro di Jorge Mario Bergoglio. Ad onor del vero le ricostruzioni sono state ben alimentate dallo stesso Danneels che, in una video-intervista concessa al giornalista Christian Laporte, ha detto che parlare di “gruppo di San Gallo” non è corretto, perché «per descrivere noi stessi e questo gruppo, noi dicevamo “mafia”».
Tutti hanno sorriso, compreso il cardinale, ma diciamo che questa battuta non ha favorito ricostruzioni equilibrate. Anche perché, nella stessa intervista, uno degli autori della biografia dell’ex primate del Belgio ha rincarato la dose. Jürgen Mettepenningen ha dichiarato, infatti, che, dopo la rinuncia di Benedetto XVI nel 2013, «questo gruppo ha veramente ottenuto il suo obiettivo con l’elezione di Francesco», aggiungendo che il cardinale Daneels è stato «uno degli artefici dell’elezione di Papa Francesco». Queste citazioni hanno aperte le speculazioni sulla presunta lobby, così che gli autori della biografia si sono affrettati a buttare un po' di acqua sul fuoco, specificando che il gruppo di San Gallo era un gruppo informale come ce ne sono tanti. Nessuna lobby. Inoltre, dopo il 2006 non si sarebbe più auto-convocato.
Silvia Romano "salvata dallo Stato, mio marito tradito e ucciso". La vedova di Failla accusa: cosa non torna nei due sequestri
Lo Stato italiano ha salvato Silvia Romano, pagando un riscatto, ma ha tradito Salvatore Failla, rapito anche lui in Africa e ucciso dai terroristi il 2 marzo del 2016. Non era un volontario di una Ong o di una Onlus, e forse questo mediaticamente ha pesato. Era uno dei operai della Bonatti sequestrati in Libia per motivi di estorsione. Lui e Fausto Piano sono stati ammazzati, gli altri due colleghi sono tornati a casa sani e salvi. Ma la moglie di Failla, Rosalba Castro, punta il dito contro il governo in carica all'ora, quello di Matteo Renzi.
Lo Stato non ha fatto abbastanza, spiega a Repubblica la vedova, "oggi lo penso più che mai". Sotto accusa i "lunghissimi tempi del rapimento durante il quale chi, in Italia, doveva occuparsi della sua liberazione non ha fatto altro che temporeggiare. Eppure sapevano dove era tenuto prigioniero mio marito. Ci hanno imposto il silenzio assoluto anche dinanzi alle ripetute telefonate che ricevevo dai rapitori, senza darci alcuna informazione in merito. Eppure, loro dovevano essere coscienti che prolungare un rapimento significava aumentare le possibilità di un tragico epilogo, come difatti poi è accaduto. Ogni giorno mi tormento di dubbi: e se avessi disobbedito? Se avessi parlato? Magari Salvo ora sarebbe vivo". Non solo: "Durante il periodo del rapimento ci sono stati diversi bombardamenti contro alcuni gruppi di terroristi. Penso che lo Stato avrebbe dovuto attivarsi maggiormente nel creare un dialogo internazionale per evitare questi pericolosi attacchi nelle zone in cui sapevano essere nascosti come prigionieri dei cittadini italiani. Purtroppo non è stato fatto". Il governo e le autorità hanno taciuto anche sulla trattativa per il riscatto: "Il governo ci promise che saremmo stati convocati per avere spiegazioni, ma purtroppo non ci ha mai convocato nessuno. Io, però, non mi arrendo". Finora gli unici condannati dalla giustizia sono i vertici dell'azienda per le mancate misure di sicurezza dei propri dipendenti, ma è una giustizia monca. "Sapere cosa è successo in Libia, solo allora potremo dire che è stata fatta giustizia. Il nostro non è un dolore privato. La morte di Salvo è una faccenda di Stato".
Coronavirus, Alberto Zangrillo conferma tutto: "Più scienziato io di tanti che parlano"
Alberto Zangrillo non fa marcia indietro, anzi attacca i suoi critici. Il direttore della terapia intensiva del San Raffaele di Milano replica polemicamente a chi lo ha criticato sulle sue affermazioni sul coronavirus. “Non sono pentito. Ho detto la verità”, commenta ai microfoni di Radio24. “Il coronavirus clinicamente non esiste più”, aveva detto ieri il medico in diretta durante la trasmissione Mezz’ora in più.
“Sono rinfrancato dalla forza della verità perché quello che ho detto non è che il virus è scomparso, come maliziosamente qualche testata ha messo nei titoli. Io sono certo che il virus sia ancora tra di noi, però ci sono tanti virus tra di noi. Io ho detto testualmente ‘il virus è clinicamente scomparso’. Se uno omette il clinicamente per farmi del male, fa del male a se stesso. Una cosa che trovo fastidiosa di questo paese è che i clinici siano da una parte e gli scienziati dall’altra. Noi dobbiamo intenderci sulla qualifica di scienziato perché se andiamo a vedere i parametri io sono molto più scienziato di tanti autoproclamatisi scienziati, anche facenti parte del comitato tecnico", ha concluso Zangrillo.
Cardinali milionari: la mappa delle proprietà private del clero
Appartamenti, ville, vigneti, uliveti, boschi. I risultati di mesi di ricerche catastali sui patrimoni personali di oltre cento alti prelati: una collezione di fortune private (regolarmente dichiarate al fisco), alla faccia dell'umiltà e alla modestia di Papa Francesco
Si tratta di ricchezze assolutamente lecite, spesso frutto di lasciti testamentari o eredità familiari, che non si possono in alcun modo accostare alle fortune illegali accumulate da quelle pecore nere che, ieri come oggi, non sono mai mancate neppure nelle greggi cattoliche. Dopo l’avvento di Papa Bergoglio, il pontefice che ha scelto di ispirarsi già dal nome a San Francesco d’Assisi e che non perde occasione per richiamarsi alla «Chiesa dei poveri», ammonire che «San Pietro non aveva il conto in banca», scagliarsi contro «il peccato della corruzione» e «certi preti untuosi, sontuosi e presuntuosi» che sfoggiano «macchine di lusso», però, anche in Vaticano c’è chi comincia a chiedersi quante ricchezze personali possiedano i prelati più potenti. Chi riuscirà a passare dall’evangelica cruna dell’ago?
Palamara da Giletti: basta bugie, i pm fanno carriera solo con le correnti
Luca Palamara si confessa da Massimo Giletti a Non è l'Arena: “Ero famoso perché ho fatto il pm di Calciopoli. Non sono il male assoluto, perché certo le correnti dei magistrati non le ho inventate io. Il mio solo ruolo era quello di mediare all’interno delle correnti, e il luogo giusto della mediazione era proprio il Csm. Questo sistema che fa scandalo ha nominato per esempio Francesco Greco a Milano e Nicola Gratteri in Calabria. Quello di Greco è stato un accordo che mi sono trovato a mediare proprio io. Poi le scelte vengono fatte nella stanza 42 del Csm, che è quella deputata a farla. Non sono stato solo io a fare quelle mediazioni: nel Csm eravamo in 27 più il presidente della Repubblica”.
Giletti lo provoca: “quella in cui lei è finito in mezzo mi sembra una guerra fra bande”. Palamara quasi annuisce “ma il carrierismo è stato provocato da una legge del 2007. Vero che uno bravo che non appartiene a nessuna corrente potrebbe non farcela. Il nostro sistema premia l’appartenenza alle correnti. Oggi non posso più dire bugie su questo punto. Le correnti sono determinanti per fare carriera, e sono più importanti della politica che prova a incidere dall’esterno”...
Palamara, da Giletti viene giù il Csm. E vuota il sacco su Salvini e i migranti
Luca Palamara, il magistrato sotto processo a Perugia per corruzione e rivelazioni di segreti d’ufficio, ha risposto alle domande di Massimo Giletti, conduttore di Non è l’Arena, il talk domenicale di LA7, sugli intrecci tra magistratura e politica emersi da migliaia di intercettazioni: “Prima di svolgere le funzioni al CSM, ho svolto il lavoro di pm in Calabria, poi sono arrivato a Roma e l’inchiesta che mi ha reso famoso è stata Calciopoli. Le correnti ci sono sempre state, fa comodo a qualcuno indicarmi come il male assoluto. So chi, ma non lo dico. Non volevo offendere Salvini, era solo un pensiero sintetizzato in maniera frettolosa”.
A “Non è l’Arena”, Massimo Giletti incalza, rintuzza, punge Luca Palamara, ma il magistrato si arrocca su un concetto ripetuto più e più volte: “Mi chiamavano tantissime persone per la mia funzione di rappresentanza, non per il compimento di atti illeciti, ma perché la mia mediazione avrebbe smussato gli angoli. Non c’è un solo Luca Palamara, ce ne sono tanti però il trojan nel telefono lo hanno messo solo a me”. Giletti chiede: “Perché la chiamavano per avere una nomina in Cassazione? Il caso Sturzo, le sembra normale?” e Palamara: “Quando ci sono tante domande per un solo posto è inevitabile che i curriculum dei magistrati siano paritari quindi la scelta è difficile. Si cerca di avere un contatto diretto con il consigliere. Avevamo tanti esponenti delle correnti che stazionavano fuori alla stanza a perorare la loro causa. Ma non dobbiamo demonizzare tutto, i cittadini devono essere rassicurati che nei posti più importanti ci sono le persone più importanti. E’ vero però che chi non appartiene alle correnti è penalizzato”.
"Bravo Ciccio, sei bravissimo..." Così è partito l'attacco a Salvini
Già dai tempi del caso Diciotti si pensava di attaccare Matteo Salvini, anche se vi era il forte timore di renderlo una “vittima” ed incrementare il gradimento degli italiani nei suoi confronti. Felice dell'offensiva scagliata contro l'allora ministro dell'Interno, Palamara si congratula con Minisci
Passano i giorni e la posizione dei magistrati anti-Salvini non fa che aggravarsi. La pubblicazione delle chat su Whatsapp ha scatenato una vera e propria bufera, arrivata a far traballare lo stesso Consiglio superiore della magistratura (Csm) del quale il leader della Lega ha addirittura chiesto lo scioglimento rivolgendosi al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Se l'organo costituzionale rimane in ogni caso blindato, lo stesso non si può dire del magistrato Luca Palamara che, nonostante le frettolose scuse, continua ad essere nell'occhio del ciclone. Stando all'ultimo articolo de “La Verità”, gli attacchi indirizzati all'ex vice-premier erano ben studiati e mirati. Non si sarebbe trattato di un malinteso.
I magistrati coinvolti volevano attaccare Matteo Salvini, ma si erano accorti di quanto i cittadini italiani fossero vicini al loro ministro dell'Interno, fin dal caso della nave Diciotti (estate 2018).
Le sparate di De Luca non piacciono ai campani: così crolla nei sondaggi
Michele Emiliano, Luca Zaia e Marco Marsilio sono i governatori di Regione che oggi possono vantare il "sentiment" più alto. A certificarlo è una analisi condotta da "Spin Factor", società leader nella consulenza strategica politica e aziendale, attraverso "Human", la propria piattaforma di web e social listening sviluppata in collaborazione con Osservatorio social, che ha analizzato il gradimento in rete dei presidenti di Regione stilando una top ten.
Con la fine del lockdown e la graduale ripartenza, infatti, sembra che si sia aperta una "fase 2" anche in politica. Sembrano lontani i giorni in cui Vincenzo De Luca con le sue frasi ad effetto (si ricorda che il governatore voleva mandare i carabinieri con i lanciafiamme per non permettere feste di laurea, ndr), era riuscito a catalizzare intorno a sé consenso e ammirazione. Oggi il governatore della Campania è solo al decimo posto della classifica stilata da "Spin Factor".
Al vertice di questa graduatoria vi è Michele Emiliano, governatore della Puglia, con il 42% seguito a ruota da Luca Zaia, governatore del Veneto, che ottiene un ottimo 41,50%. Il secondo, però, ha un negativo molto più basso, 4,04% contro il 10,87% del dem.
Buone anche la performance del governatore dell'Abruzzo, Marco Marsilio, che si piazza al terzo posto e del collega dell'Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, al quarto con un "sentiment" positivo superiore al 40%. Al settimo posto figura Attilio Fontana, con un gradimento del 36,25%. Clamorosa battuta d'arresto per Vincenzo De Luca che con il 35,26% di positivo e con il negativo più alto della top ten, 13,22%, si piazza in fondo alla top ten.
Gallera abbatte gli sciacalli: “In Lombardia è esplosa una bomba, i dati sono veri”
“Dal 3 ci si muove liberamente, poi alcune Regioni stanno riflettendo sui periodi di vacanza. Ma non si può parlare di passaporto sanitario, perché il test sierologico riguarda solo il fatto se hai avuto una malattia e poi va approfondito con un tampone. Non c’è alcun tipo di garanzia”. Lo ha detto l’assessore al Welfare della Regione Lombardia, Giulio Gallera, ospite di Mattino Cinque, rispondendo anche ai tentativi di sciacallaggio politico e alle insinuazioni derivanti da interpretazioni maliziose delle inchieste in corso. “Il passaporto sanitario non è uno strumento che ha fondamento ed è stato giustamente evidenziato dal Ministero e da tutti gli esperti”. Gallera ha sottolineato che “va bene che le Regioni si attrezzino con ambulatori e strutture in grado di accompagnare chi dovesse avere sintomi e vedere dove sei”.
LA MAFIA DI SAN GALLO- Danneels svela tutto durante un’intervista televisiva ….
Dopo più di quattro anni di Papa Francesco Bergoglio, si dice con più frequenza e sempre più apertamente, che la strana situazione odierna del Vaticano assomiglia a niente di meno che a un romanzo di Dan Brown, in cui si intrecciano cospirazioni di eminenti prelati, scandali sessuali e finanziari, e loschi interessi bancari internazionali. Mentre molti si augurano che Papa Francesco ammorbidisca gli insegnamenti e le pratiche tradizionali della Chiesa, è stata data sorprendentemente poca attenzione a un commento di uno dei prelati più importanti e influenti del mondo occidentale, e cioè che Bergoglio è stato eletto dalla “mafia” liberale, un gruppo di vescovi e di cardinali progressisti che per anni ha agito per centrare proprio questo obbiettivo.
Benedetto XVI aveva lanciato ammonimenti contro lo ius soli e l’ingresso della Turchia in Europa, invitando a recuperare le radici cristiane dell’Occidente
Francesco e Benedetto: da una parte un Papa sudamericano che vuole l’Europa senza sovranità e tutte le frontiere aperte, che si guarda bene dal parlare delle radici cristiane del Vecchio continente. Dall’altra un Papa tedesco, che invece ammoniva sul rischio islamico, sui danni del relativismo e dell’illuminismo e che molto probabilmente proprio per questo è stato costretto a dimettersi. A Ratisbona (Regensburg in tedesco), cittadina di 142mila abitanti del libero stato di Baviera, Benedetto XVI fu negli anni Settanta professore di dogmatica e vice rettore dell’università.
È negli anni di Ratisbona, in quell’atmosfera frizzante e cosmopolita di molte città tedesche che, ci racconta Joseph Ratzinger nella sua biografia La mia Vita: “Nacque l’idea di una rivista internazionale che doveva operare e partire dalla communio nei sacramenti e nella fede e si proponeva di introdurre in essa. All’inizio sembrava che il progetto dovesse essere realizzato in Germania e in Francia. Nel frattempo Balthasar aveva conosciuto a Milano il fondatore del movimento Comunione e Liberazione, Luigi Giussani, e i suoi promettenti giovani. Così la rivista fu pubblicata prima in Germania e in Italia, con una fisionomia diversa in ciascuno dei due paesi. Era infatti nostra convinzione che questo strumento non potesse e non dovesse essere esclusivamente teologico, ma, di fronte a una crisi della teologia che nasceva da una crisi della cultura, anzi da una vera rivoluzione culturale, dovesse abbracciare anche l’ambito più generale della cultura ed essere edito in collaborazione con laici di grande competenza culturale. Dato che i singoli paesi presentano situazioni culturali differenti, la rivista doveva rendere conto di tale diversità e avere, per così dire, un carattere federalistico”. [La mia vita, Edizioni San Paolo, pag. 111]
Giuseppe Conte, l'ora dell'inchiesta: Franco Bechis e l'atto di accusa della Corte dei Conti
Medici mandati allo sbaraglio e protezioni insufficienti, ma per settimane nessuno si è mosso. Lo scrive Franco Bechis, secondo cui è arrivata l’ora di un’inchiesta sulle presunte colpe del governo nella gestione dell’emergenza coronavirus. Per il direttore de Il Tempo l’atto di accusa più grave arriva direttamente dalla Corte dei Conti, che nel suo documento sullo stato della finanza pubblica non ha risparmiato critiche all’impreparazione e all’inefficienza di questo governo. “La mancanza di un efficace sistema di assistenza sul territorio ha lasciato la popolazione senza protezioni adeguate”, si legge nella relazione, che punta anche l’attenzione su “l’insufficienza delle risorse destinate al territorio”, che ha reso “più tardivo e ha fatto trovare disarmato il primo fronte che doveva potersi opporre al dilagare della malattia”.
Bechis sottolinea che il rapporto della Corte dei Conti è arrivato in un momento chiave perché nelle procure si sta analizzando cos’è andato storto a febbraio e nella prima parte di marzo, in cui gli effetti del coronavirus sono stati drammatici, nonostante il governo avesse dichiarato l’emergenza sanitaria a fine gennaio. Il premier Giuseppe Conte viene descritto in grande fibrillazione e piuttosto nervoso, soprattutto per la vicenda della zona rossa nel bergamasco: il dossier difensivo di Palazzo Chigi si basa su una vecchia legge che permetteva alle Regioni di adottare misure restrittive a protezione della salute dei cittadini.
Morte di George Floyd, proteste e tensioni in tutta America. Allertato l'esercito, l'autopsia esclude la morte per asfissia
Uccisione Floyd a Minneapolis, scontri in tutta l'America. Trump: "Fermerò la violenza di massa"
Un 19enne morto a Detroit. Scontri anche davanti alla residenza presidenziale. Allertato l'esercito. L'autopsia esclude la morte per asfissia, ma la famiglia chiede un'inchiesta indipendente. Cento persone sono stare arrestate a Chicago
Un diciannovenne è stato ucciso a Detroit da spari provenienti da un Suv indirizzati verso la folla che manifestava. E un agente è morto a Oakland, in California, ma - secondo la polizia locale - la sparatoria "apparentemente non è collegata alle manifestazioni".
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