Le Iene hanno dedicato un lunghissimo servizio al presunto conflitto di interessi che coinvolge il viceministro Sileri e sua moglie, venditrice di dispositivi medico sanitari; il datore di lavoro smentisce Sileri e dice di avere paura
Le Iene non mollano la presa sul viceministro della salute Pierpaolo Sileri e nella puntata andata in onda ieri sono emersi nuovi dettagli sul presunto conflitto di interessi inerente la vendita mascherine negli ospedali di Roma. A seguire il caso le iene Filippo Roma e Marco Occhipinti, che hanno intercettato nuovamente il viceministro per chiarire la posizione di sua moglie Giada Nurry, dipendente di una società che opera nella vendita di presidi medico-sanitari, comprese le mascherine per la ventilazione.
L'inchiesta del programma di Italia Uno è proseguita prendendo i contatti con alcuni colleghi della donna e con il suo datore di lavoro per capire quale sia il reale ruolo svolto da Giada Nurry all'interno dell'azienda. Durante la prima intervista, Pierpaolo Sileri dichiarò che sua moglie "è una tecnica, un'amministrativa", smentendo le carte della fornitura pubblica dell'ospedale Umberto I di Roma dove, invece, Giada Nurry risultava essere agente di zona. Preso alla sprovvista, Pierpaolo Sileri aveva dichiarato di non essere a conoscenza di questi dettagli e in un'intervista successiva, concessa il giorno dopo in radio, ribadì quanto detto a Le Iene: "Sono 12 anni che fa la segretaria dentro quel... 12 anni, ma mia moglie è anche cogliona perché sul contratto di lavoro c'erano 1.300 euro di stipendio al mese." Le parole del viceministro sono state però smentite da due agenti rappresentanti che lavorano su Roma, intervistati in anonimo da Filippo Roma. "Lei fa lo stesso lavoro che faccio io, fa promozione come me. Cioè vende i propri prodotti", ha detto uno, al quale ha fatto eco l'altro: "È una venditrice anche lei, fa lo stesso nostro lavoro."
Boss con il RdC: mafiosi mai tanto bene come con il M5S
Passi pure per i finti poveri che sfrecciano in Ferrari. Oppure per gli stakanovisti del doppio lavoro, rigorosamente in “nero”. E persino per i terroristi pentiti. Ma il reddito di cittadinanza a mafiosi, camorristi e ‘ndranghetisti proprio no. E non tanto per una questione morale, pur preminente, quanto per il perverso risvolto pratico della vicenda. Già, perché per ogni picciotto finanziato dallo Stato, c’è un boss, un clan, una cosca che risparmia sullo stipendio a quell’affiliato. Si chiama agevolazione mafiosa ed è prevista e punita dal codice penale.
Il Reddito ha favorito anche i boss
È questo il lato B snudato in Calabria dall’operazione Mala Civitas. Ammontavano a oltre cento i ceffi, appartenenti alle maggiori ‘ndrine della Locride, che ogni mese”caricavano” sulla propria card il reddito di cittadinanza. Lo Stato che si fa bancomat per la gioia di quegli stessi boss che lo negano ogni giorno. Un vero paradosso. Anzi un testacoda. Sì, perché quando Di Maio – colti, come tutti i Cinquestelle, da improvvisa afonia – s’affacciò festante al balcone di Palazzo Chigi per annunciare «l’abolizione della povertà», non mancò chi tentò di metterlo in guardia da eventuali effetti indesiderati fatalmente sprigionati dalla loro misura. Inutilmente, però.
Il plotone perduto: la storia di 15 eroi di guerra dimenticati a 75 anni dal loro sacrificio
Il 26 marzo 1944 un gruppo di soldati italo-americani venne trucidato ad Ameglia dopo il fallimento di una missione di sabotaggio. Ora un convegno a Roma ricorda la vicenda
Nel giugno scorso Repubblica ha raccontato la loro vicenda, la storia di una manciata di ragazzi che, come altre centinaia di migliaia, oltre settant’anni fa hanno lasciato le loro case, le loro famiglie in ogni angolo del mondo per combattere in Europa la guerra contro il nazifascismo.
Il 26 marzo, al Centro Studi Americani di Roma (via Caetani 32, ore 17), si terrà un convegno nel quale verrà dibattuta e approfondita la storia del “plotone perduto”: interverranno, tra gli altri, lo storico Massimo Teodori, il Procuratore generale della Corte militare d’appello, Marco De Paolis, il vicedirettore di Repubblica, Gianluca Di Feo, il vicedirettore di Rai Cultura, Giuseppe Giannotti e il presidente della Oss Society, Charles Pinck.
Eroi, (quasi) cancellati anche se italiani
Chiamateli eroi, anzi Eroi. Più che una raccolta di racconti, il libro pubblicato a metà ottobre da Idrovolante edizione (282 pagine – 20 euro) è un percorso tra il freddo delle trincee della Prima Guerra Mondiale e il calore di un patriottismo innato che richiamò, nel momento di partire per il fronte, la migliore gioventù italiana. Con L’Intraprendente abbiamo fatto due chiacchiere con l’editore del volume, Daniele Dell’Orco.
Daniele, un libro che cade in un anniversario importante, la vittoria della Prima Guerra Mondiale del nostro esercito contro l’Austria – Ungheria. Una ricorrenza tanto importante quanto ignorata…
«Ed è proprio per contrastare questo tentativo di far passare sotto traccia la nostra vittoria che abbiamo deciso di pubblicare questo testo. Eroi è prima di tutto un’operazione culturale».
In che senso?
«Raccogliendo 22 storie di soldati che hanno combattuto la Grande Guerra, abbiamo cercato di fornire una chiave di lettura diversa rispetto questo avvenimento: la guerra tout court ha assunto i contorni di qualcosa da rinnegare. Ma la prima guerra mondiale l’abbiamo vinta. Non è un operazione di revanchismo. E’ un tentativo di riconsiderare l’identità nazionale e il valore della Patria. Insomma, riappropriarsi di un’identità che la prima Guerra mondiale ha contribuito a formare. Noi siamo figli delle trincee».
Giustizia, adesso i magistrati si arrestano tra di loro: i nemici delle toghe ormai sono loro stesse
Evitare di scrivere «il più pulito ha la rogna» non è un problema: il vero problema è farvi leggere questo articolo, cioè non farvelo mollare dopo due righe dopo che avrete mormorato che «ormai i magistrati si arrestano tra di loro»: che è vero, beninteso, il potere politico ormai non è più antagonista della magistratura ma solo gregario (succube, nel caso dei grillini) e la lotta togata si è fatta intestina. Ma questa è materia che interessa poco. Magistrati che arrestano altri magistrati: ogni volta si parla di anonimi funzionari dello Stato che sono dotati tuttavia dei più grandi poteri (tra questi togliere la libertà e sequestrare un'attività, bloccare conti bancari, congelare intere esistenze) ma che restano gente che la maggioranza di voi non avrà probabilmente sentito nominare, perché nessun cittadino li ha mai eletti, nessuno di loro va in tv, raramente concedono interviste a meno che ci sia qualche passerella in cui esibire qualche condanna popolare. Se vi giunge nuovo il nome di Carlo Maria Capristo (noto però a Taranto, e vedremo perché) magari si può anche titolare che è stato arrestato nientemeno che un Procuratore Capo della Repubblica. Ma la carica non basta, anche se è stato arrestato per un reato gravissimo come corruzione in atti giudiziari (l'hanno messo ai domiciliari: tra i magistrati vige una certa etichetta) e con lui sono stati coinvolti anche un ispettore di Polizia e tre imprenditori. È indagato anche il procuratore di Trani Antonino di Maio, e l'inchiesta risale a un anno fa, portata avanti dalla Procura di Potenza. Azzardiamo una sintesi, ossia l'accusa. Tre imprenditori cercarono di convincere un giovane magistrato della Procura di Trani a chiudere alcune indagini per usura e quindi avviare il processo contro un imprenditore senza che ce ne fossero i presupposti - questa la pista - e solo perché gli interessati avevano un obiettivo preciso: ottenere i soldi e i benefici di legge che conseguono allo status di «vittima di usura», che in Italia è praticamente un mestiere.
Vittorio Brumotti preso a sassate: l’aggressione dei pusher è brutale
Una storia che si ripete per Vittorio Brumotti, l’inviato di Striscia La Notizia che ormai porta avanti la sua battaglia contro gli spacciatori nel milanese. Già qualche tempo fa, sorprendendo un gruppo di pusher, per altro in assembramento e sprovvisti di dispositivi di sicurezza contro il contagio Coronavirus, è stato aggredito.
Ora siamo a Seggiano, nella frazione di Pioltello, nel cuore dell’hinterland di Milano. Anche stavolta gli spacciatori lo assaltano, ma le famiglie della zona lo applaudono dai balconi. L’inviato del programma ideato da Antonio Ricci camuffato riesce a penetrare all’interno della piazza di spaccio. (Continua…)
Qui a Seggiano la criminalità non è mai andata in quarantena: lo spaccio di stupefacenti, in particolare di cocaina, non è mai stato interrotto. Mentre attraversa le strade di Seggiano Vittorio Brumotti individua anche dei minorenni che girano liberi ed indisturbati, nonostante le restrizioni vigenti.
Accerchiato da pali e sentinelle dell’organizzazione criminale e camuffato riesce ad avvicinare uno di loro. Brumotti riesce a “farsi vendere” degli stupefacenti, registrando così le prove dello spaccio. Il giovane pusher aprendo il marsupio mostra di essere in possesso di droga e rotoli di banconote. (Continua…)
Renzi tiene in vita il governo e batte cassa. Meloni e Salvini: mercato delle poltrone
Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede resta al suo posto e il governo di Giuseppe Conte è salvo. Per ora, perché Matteo Renzi può staccare la spina quando vuole. L'Aula del Senato ha respinto le due mozioni di sfiducia chieste dall'opposizione (131 favorevoli, contrari 160, un solo astenuto) e da Più Europa (i voti contrari sono stati 158, quelli favorevoli 124, gli astenuti 19). E Matteo Salvini grida al "mercato di poltrone fra Pd, Renzi e 5 Stelle. Ringraziano i 500 mafiosi e delinquenti usciti dal carcere e i 500.000 clandestini che aspettano la sanatoria, non ringraziano gli Italiani. Insieme a voi li fermeremo e costruiremo un’Italia migliore, promesso", il commento del leader della Lega.
Delitto D’Antona. FdI: “L’ex Br Saraceni ancora prende il reddito di cittadinanza”
L’anniversario del Delitto D’Antona riapre vecchie ferite e scopre verità imbarazzanti. Come ricorda il deputato di FdI, Walter Rizzetto, “l’ex terrorista Federica Saraceni, condannata a 21 anni e sei mesi per l’omicidio del giuslavorista Massimo D’Antona e, dal 2005, ai domiciliari, è tuttora beneficiaria del reddito di cittadinanza e riceve il relativo assegno di 623 euro dal mese di agosto 2019”.
Delitto D’Antona: nessuno ha tolto il sussidio alla Saraceni
Rizzetto ha presentato un’interrogazione sette mesi fa nella quale scriveva: “Non si comprende come sia possibile che la Saraceni, nella sua condizione di persona ai domiciliari, abbia potuto fare richiesta ed ottenere il beneficio erogato dall’Inps. Definiva “di una gravità estrema che sia concesso un sussidio di tal genere ad una ex terrorista, che, inoltre, sta ancora scontando la sua pena. Tale vicenda fa temere che ci siano altre persone condannate per gravi reati, che, come la Saraceni, hanno ottenuto il reddito di cittadinanza”. Una previsione confermata dai fatti. Oggi si scopre che molti boss ricevono il rdc. “Mentre è stata respinta la domanda a persone realmente bisognose, tale sussidio è stato, invece, agevolmente riconosciuto a Federica Saraceni”.
Musumeci nomina Samonà (ex Msi) e viene minacciato di morte: «Ti appenderemo a testa in giù»
Linciaggio vergognoso, insulti e minacce infami via social. Scene dell’altro mondo. Al presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, dopo la nomina ad assessore della Cultura del leghista Alberto Samonà alla guida dell’Assessorato ai Beni culturali sono giunte addirittura minacce di morte. E’ lo stesso Musumeci in una diretta facebook a darne notizia. “Farai al fine del topo”, “Ti appenderemo a testa in giù”, “Hai i giorni contati”, “Ti auguro una morte lenta e dolorosa”: queste alcune frasi miserabili rese note dallo stesso governatore. Che va avanti senza indugio sulla sua strada. “Per alcune di queste frasi se ne occupa già la polizia e per altre sono in corso le identificazioni degli autori”. E ha aggiunto con il consueto garbo che lo contraddistingue: “E’ giusto contestare una iniziativa del presidente della Regione se non la si condivide ma questo dissenso deve essere espresso in maniera corretta”.
La replica di Musumeci
Musumeci risponde per le rime poi agli attacchi del Pd dopo la nomina di Samonà, persona preparata: “Stiano zitti quelli del Partito democratico, che con Crocetta hanno cambiato 54 assessori in due anni. Con quel governo in due anni e mezzo sono arrivate 22 nomine di assessori, io ne ho fatte soltanto due”. “Per la Cultura misero assessori che non volevano neanche restare al proprio posto – ricorda Musumeci -. Lo scienziato Zichichi non diede vita neanche a una delibera e Franco Battiato si chiese: ‘cosa ci sto a fare io qui?'”. E continua: “Come possono parlare di rimpasto? Nessun rimpasto, abbiamo solo completato la giunta con il dodicesimo assessore”.
Giovane cristiana rapita in Pakistan. "La stuprano, poi la rilasciano convertita all'Islam"
Una quattordicenne cattolica è stata rapita in Pakistan e l’epilogo della vicenda sembra drammaticamente già scritto. “Il 28 aprile scorso Mohamad Nakash e due suoi complici, tutti armati, hanno rapito la quattordicenne cattolica Maira Shahbaz nei pressi della sua abitazione. Maira ha dovuto sposare il sequestratore e ha dovuto rinunciare alla propria fede”. Lo riporta l’associazione pontificia, Aiuto alla Chiesa che soffre.
Le autorità pachistane coprono le conversioni forzate
“Il tribunale pakistano – spiega Acs – di Faisalabad si è pronunciato a favore del rapitore Mohamad Nakash, il quale ha sostenuto che Maira avrebbe 19 anni, nonostante il certificato di nascita e i documenti ufficiali ecclesiastici e scolastici prodotti in sede giudiziale attestino che la ragazza ha invece 14 anni”. Il legale della famiglia, Khalil Tahir Sandhu, afferma che il “sequestratore Nakash è già sposato e ha due bambini ed è venuto a conoscenza di Maira perché vive non lontano dalla sua residenza, nei pressi di Madina Town, dove l’uomo lavora come barbiere. L’avvocato Sandhu aggiunge che in tribunale il rapitore ha prodotto documenti falsificati, dai quali risulterebbe un presunto matrimonio fra lui e Maira lo scorso ottobre, quando la ragazza era ancora tredicenne”.
Immigrati islamici assembrati a Roma. E la polizia sta a guardare
Due pesi e due misure. Lunedì 18 maggio 2020, ore 20, a Largo Preneste, Roma. Oltre un centinaio di immigrati islamici si si sono assembrati, senza che nessuno dicesse loro nulla. Il video documenta il sit in la riunione e l’impotenza delle forze dell’ordine.
Assembrati in piazza per la preghiera islamica
Secondo il sito Roma Today, gli immigrati assembrati erano giustificati dalla “prima preghiera pubblica per la comunità musulamana. Un iftar pubblico, il momento della giornata di Ramadan in cui si rompe il digiuno. L’appuntamento è stato organizzato dall’associazione Greater Dhaka e coordinato dall’associazione Dhuumcatu-Onlus“. Rispetto delle distanze e mascherine? Gli organizzatori assicurano di sì.
Giuseppe Conte fuorilegge. Renato Farina: "Ufficiale, il premier è un pericolo pubblico"
È ufficiale, Giuseppe Conte sta governando con provvedimenti di emergenza illegittimi. Non è un nostro azzardo da dilettanti. A denudare questo re di cartapesta è stato Sabino Cassese, presidente emerito della Corte Costituzionale, un giurista di scienza indiscussa e di prudenza apprezzata già da Carlo Azeglio Ciampi e ora da Sergio Mattarella. Un padre della patria per di più al di sopra di sospetti di antipatia politica verso questo governo.
La sua constatazione pubblica, ma confinata nella clandestinità perché è consona a togliere lo scranno da sotto il sedere di Conte, è che sin dal primo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (in sigla Dpcm), sul quale neppure il capo dello Stato può intervenire, c' è stato un abuso, una gimcana da legulei di provincia per aggirare i paletti della democrazia. Una produzione di atti sballata e fuori dai binari dello Stato di diritto. Successivi allo sciagurato mostro, brutto almeno come il Corona, si sono succeduti decretini e decretastri, ciascuno teso a rabberciare con lo scotch una forzatura gravissima in una Repubblica parlamentare con la consegna al premier di prerogative quasi fosse un dittatore. Ha attribuito perciò a sé stesso poteri che solo la Costituzione di Bananas potrebbe consentirgli.
Ha tolto ai cittadini l' uso delle libertà civili, spremendo dalle leggi contenuti irrazionali e inventandosi comitati al di fuori di qualsiasi decenza giuridica e con poteri appoggiati alla assoluta discrezionalità di un principe assoluto anche nell' ignoranza, Giuseppe Napoleone. Anzi almeno fosse un Napoleone.
Qui siamo al colpo di mano di Pulcinella, con molto rispetto per la maschera.
Salute, ecco perché sul coronavirus il Governo ha sbagliato tutto
Siamo il terzo Paese al mondo per numero di contagi, ma la maggioranza sembra più preoccupata di Salvini che dell’emergenza: e le misure che ha preso sono inutili o tardive
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