capture 043 29062020 101046Dopo i 28 migranti riscontrati positivi sulla Moby Zazà e trasbordati dalla Sea Watch, crescono le preoccupazioni di nuovi contagi fra i migranti e non solo. La nave quarantena è stata dichiarata zona rossa

Salendo nel quartiere di Porto Empedocle, in zona conosciuto come “Piano Lanterna”, indicativo del rapporto tra questa città ed il suo mare antistante, la fonte delle ultime ansie da coronavirus nel nostro Paese assume le sembianze di una nave in rada ben visibile non appena si indirizza lo sguardo verso l’orizzonte. La scritta “Moby” è ben visibile, tutto il resto però appare più lontano: non si nota il trambusto a bordo, difficilmente chi guarda da lontano può pensare che quel mezzo fermo non lontano dal porto sia una zona rossa.

Eppure è proprio a bordo della Moby Zazà che si concentrano le principali preoccupazioni sanitarie delle ultime ore. Qui sono presenti almeno 28 migranti contagiati, tutti scesi dalla Sea Watch 3 nella giornata di domenica scorsa. È la prima volta da quando il traghetto è usato come nave per la quarantena che capita una cosa del genere ed ora a Porto Empedocle la gente inizia ad essere preoccupata.

 

Parlando con i cittadini di questa comunità affacciata sul Mediterraneo, tutti iniziano con una premessa: “Non siamo razzisti”, quasi a voler preventivamente giustificare ogni frase detta sui timori per la salute generati dalla positività riscontrata nei migranti scesi dalla Sea Watch 3.Quanti sacrifici fatti in questi mesi – racconta un commerciante della centralissima via Roma – Chiusi in casa per sperare di non avere il virus sotto casa. Non è bello sapere che dobbiamo convivere con la presenza di persone infette”. Anche se la nave adesso è in rada, la gente comunque ha paura: “Fa impressione – conferma un altro cittadino di Porto Empedocle affacciato dal belvedere di Piano Lanterna –Di punto in bianco ci siamo ritrovati una zona rossa dentro una nave a due passi dal nostro porto”. È l’aspetto psicologico qui ad essere maggiormente provato: quando il Covid sembrava un brutto ricordo, il solo fatto che si parli di una zona rossa, seppur limitata ad una nave in rada, ha fatto ripiombare la gente nell’incubo di poche settimane fa. E c’è anche chi adesso fa due conti con le proprie tasche: “Avevo detto a molti miei clienti abituali di tornare, che qui è sicuro – dichiara un ristoratore –E ora? Chi verrebbe in un paese dove c’è una nave dichiarata zona rossa?”

La cronaca delle ultime ore

Domenica mattina Porto Empedocle era un paese normale, uno dei tanti in Sicilia dove lo spettro del Covid era realmente alle spalle. Nessuno si immaginava che, da lì a poche ore, la città dovesse iniziare a convivere con la presenza di una zona rossa dentro il porto. Intorno alle 10 del mattino è infatti arrivata la nave Sea Watch 3, reduce da tre missioni di salvataggio di migranti a largo della Libia. Le operazioni di trasbordo dal mezzo dell’Ong alla Moby Zazà di 211 persone sono state ritardate per aspettare l’esito di almeno un tampone su un migrante che presentava sintomi sospetti. Arrivata la negatività del test, tutti sono quindi stati posizionati a bordo della nave della quarantena. Le brutte sorprese erano però dietro l’angolo: tra domenica e lunedì, almeno una persona appena scesa dalla Sea Watch 3 non si è sentita bene ed è stata trasferita a Caltanissetta. Martedì mattina iniziavano a circolare voci circa la positività al coronavirus del migrante in questione, tra mezze conferme e responsi non ufficializzati, soltanto in tarda serata si è avuta la conferma. Porto Empedocle mercoledì si è quindi risvegliata con la paura di un caso Covid a bordo della nave ferma in quel momento dentro lo scalo.

Poi, nel giro di poche ore, i migranti positivi sono addirittura diventati 28. A quel punto, i cittadini hanno capito di trovarsi dinnanzi ad una situazione non vissuta nemmeno nei giorni dell’emergenza. Proprio mercoledì era presente ad Agrigento una delegazione della bicamerale del comitato Schengen, i cui membri hanno visitato nel primo pomeriggio la parte del porto dove si trovava ancorata la Moby Zazà. Poche ore dopo è arrivata l’ufficialità della dichiarazione della nave come “zona rossa”. E le preoccupazioni in tal senso non si fermano, a Lampedusa gli sbarchi continuano: nelle ultime 24 ore sono arrivati 254 migranti in 8 distinti barchini. Una parte di loro è stata trasferita sul traghetto avente direzione Porto Empedocle e, i rimanenti, partiranno con la stessa destinazione questa sera.

Nel frattempo si è in attesa dell’esito dei tamponi eseguiti ai membri dell’equipaggio della Sea Watch la cui nave ha ricevuto gli scorsi giorni l’ordine ufficiale di rimanere ferma al largo di Porto Empedocle. Nonostante il rischio di recuperare in mare altri migranti positivi al coronavirus le intenzioni dell’Ong battente bandiera tedesca sono quelle di continuare la propria missione: “Non possiamo non soccorrere-ha dichiarato la portavoce Giorgia Linardi in una nota- siamo coscienti di operare in un contesto pandemico e ci siamo preparati per mesi per sviluppare e adattare le relative procedure sanitarie, non possiamo però sottrarci al dovere, che dovrebbe essere dei governi europei e non della società civile, di soccorrere queste persone e portarle in salvo". Da queste parole emerge dunque tutta l’intenzione di tornare nel mar Mediterraneo sulla rotta libica per compiere altre operazioni. Ma adesso, alla luce di quanto accaduto, si rimane in attesa di nuovi sviluppi.

Migranti in rivolta

Ma la settimana più dura sul fronte della gestione della nave dell’accoglienza non ha terminato di riservare spiacevoli sorprese. Venerdì pomeriggio infatti, è scoppiata a bordo della Moby Zazà una protesta da parte di alcuni migranti che hanno chiesto di scendere dopo la fine del loro periodo di quarantena. E non sono mancate le tensioni: alcuni di loro hanno iniziato uno sciopero della fame, altri hanno protestato contro la permanenza all’interno del mezzo ancorato in rada. Dopo alcune mediazioni e dopo non pochi momenti di tensione, alla fine in 47 sono stati fatti scendere. E questo dopo l’assicurazione, data dalle autorità sanitarie, che le persone in questione risultassero negative al tampone effettuato nei giorni precedenti.

Il sindaco di Porto Empedocle furioso: “C’è in ballo la salute dei miei concittadini”

A confermare gli umori della comunità di Porto Empedocle è anche il sindaco, Ida Carmina. Raggiunta al telefono, il primo cittadino non ha nascosto le proprie preoccupazioni: “Non è una situazione semplice – dichiara il sindaco –Molti miei concittadini hanno paura ed hanno ragione. Qui, come in tutta Italia, abbiamo fatto sacrifici per prevenire il Covid”. Ida Carmina ha voluto subito porre l’attenzione su un dettaglio del trasbordo avvenuto domenica dalla Sea Watch 3 alla Moby Zazà: “Mi hanno detto che è avvenuto via terra, con dei pullman usati per portare da una nave all’altra i migranti. A guidare quei mezzi poteva essere gente del luogo, che è venuta a contatto con persone potenzialmente infette – ha infatti dichiarato il sindaco – Perché hanno fatto questa scelta?”. Al primo cittadino è stato spiegato che le condizioni del mare non rendevano semplice il trasbordo in rada: “Ma allora – ha proseguito Ida Carmina – Perché non aspettare che le condizioni migliorassero? A Palermo ad aprile hanno fatto queste operazioni a largo proprio in quanto i porti non sono dichiarati sicuri dal governo”.

Esponente del Movimento Cinque Stelle, nei giorni scorsi il sindaco di Porto Empedocle ha attirato non poche polemiche da sinistra in quanto ha definito le Ongtaxi del mare”: “Confermo – rincara al telefono Ida Carmina – Guardi, noi siamo gente di mare e sappiamo come vanno certe cose. Se c’è necessità di soccorrere delle persone in mare, è istintivo portare subito i migranti salvati verso un porto sicuro. Ma la Sea Watch invece ha fatto altro: è stata nello stesso tratto di mare per diversi giorni, andando verso la terraferma solo quando ha esaurito i posti a bordo. Questo a me sembra un comportamento da taxi”. Infine, il sindaco non ha mancato di sottolineare un aspetto spesso rimarcato da molti sindaci dell’agrigentino: “Ci sentiamo lasciati soli da tutti. Io sono stata avvisata dell’arrivo della Sea Watch poco prima dell’ingresso della nave in porto. Questo è un vero cortocircuito istituzionale che non ci possiamo permettere”.

Le preoccupazioni dal mondo della politica

Ad esprimere preoccupazione ma anche contrarietà all’attività delle Ong è il presidente del Comitato Parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen Eugenio Zoffili: “In questo momento- dichiara alla nostra redazione-non è opportuno che le Ong continuino le loro attività e che arrivino nei porti del nostro Paese. Noi siamo dentro un momento di emergenza sanitaria, il fatto che le Ong trasbordino persone che poi, purtroppo, risultano infette, non è opportuno. Le Ong devono fermare le loro missioni. L’Italia- continua Eugenio Zoffili- ha rispettato le regole necessarie durante l’emergenza sanitaria con notevole sacrificio da parte di tutti i cittadini e non può essere messa maggiormente a rischio. Che il governo chiuda i porti perché le Ong con le loro attività creano un effetto calamita sul fenomeno migratorio e si rischiano problemi ancor più gravi di quelli già registrati nelle ultime ore con i migranti positivi arrivati tramite la Sea Watch”.

E la situazione preoccupa non poco il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci che chiede la permanenza dei migranti affetti dal virus dentro la nave quarantena: “Sarebbe da irresponsabili far mettere piede in Sicilia ai migranti, anche solo per un giorno, fintanto che duri l’emergenza coronavirus nel mondo. Lo ripeto da oltre due mesi, il governo centrale prenda in locazione alcune navi adeguate ed attrezzate e le tenga a disposizione in rada”. Un appello ad ulteriori misure di sicurezza da parte dello Stato nel territorio della Sicilia che deve affrontare la delicata situazione:”È lì, a bordo, che i servizi sanitari della mia Regione, in collaborazione con la Croce rossa, effettueranno i controlli necessari ed adotteranno le misure del caso. Siamo tutti impegnati e deve esserlo anche lo Stato a continuare ad accertare le condizioni di salute di queste sventurate persone, ma anche a garantire serenità e sicurezza alla comunità siciliana ed ai turisti che si apprestano ad arrivare sulla nostra Isola”.

La “storia” della Moby Zazà

La presenza della nave quarantena in rada, a Porto Empedocle, era stata chiesta dal governatore siciliano al premier Conte già in primavera, in previsione del flusso degli arrivi dei migranti nel corso della stagione estiva. Sulla spinta delle continue richieste di aiuto da parte del sindaco di Lampedusa, dalla Regione Siciliana erano partite ad aprile una serie di appelli continui di aiuto al governo centrale e al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. Nei primi giorni di quel mese infatti, in concomitanza con l’inizio del rallentamento dei numeri di contagio, l’arrivo dei migranti attraverso gli sbarchi autonomi lungo le coste di Lampedusa e dell’agrigentino in generale aveva assunto già tratti preoccupanti.

In virtù dell’emergenza sanitaria ancora in corso i sindaci dei territori interessati premevano per l’istituzione di una nave all’interno della quale far trascorrere ai migranti la quarantena lontano dai cittadini che per tanto tempo avevano compiuto sacrifici rimanendo in casa pur di evitare al virus di estendersi con danni irreparabili. Ed ecco che nella prima decade di maggio è entrata in funzione la nave Moby Zazà che fa da spola tra Lampedusa e Porto Empedocle. Una nave da circa 250 posti con spazi riservati anche al confinamento di migranti con sintomi da Covid-19 e 35 posti destinati al personale sanitario. Numeri non sufficienti a far fronte a quelli caratterizzati dagli arrivi di massa.

di Sofia Dinolfo per www.ilgiornale.it