capture 041 02072020 122102“Giustizia è fatta”, hanno commentato i genitori di Stefano Leo, oggi in aula per assistere alla condanna, da parte del tribunale di Torino, a 30 anni di carcere Said Mechaquat. Il giovane di origine marocchina era accusato di aver ucciso il 23 febbraio del 2019 con una coltellata alla gola ai Murazzi del Po Stefano Leo, il giovane 33enne di origine biellese che stava recandosi al lavoro.

Giudicato con rito abbreviato, per lui la procura aveva chiesto 30 anni mentre l’avvocato difensore aveva invocato il vizio parziale di mente e le attenuanti generiche. In aula, alla lettura della sentenza, c’era la mamma della vittima ma era presente anche l’imputato, che nei giorni dell’arresto si era lasciato andare a manifestazioni provocatorie nei confronti degli inquirenti e delle forze dell’ordine (foto in alto, e nel riquadro, Stefano Leo).

La confessione del killer di Stefano Leo

“La questione è molto semplice, volevo prendere a Torino un ragazzo, giovane quanto me, toglierli tutte le promesse di figli che avrebbe voluto fare, toglierli generazione che avrebbe pensato di fare togliere l’amore ai suoi genitori. Così è stato. Quello era il mio intento. Volevo colpire uno a caso“. Questa era stata l’agghiacciante confessione resa da Said nei mesi che hanno preceduto il processo.

Ricostruendo i fatti davanti agli inquirenti, il marocchino raccontò così la dinamica: “Piglio il coltello con la mano sinistra, mi alzo tranquillo (dalla panchina, ndr) lo raggiungo, gli passo davanti leggermente, gli do il colpo al collo, guardo se glielo dato bene poi l’ho superato. Lui già faceva fatica respirare, si è accasciato a terra”.

 

Un delitto senza un movente

Quanto al coltello. il marocchino disse che lo aveva già fuori quando il Stefano Leo gli passò davanti. “Non si è accorto di nulla. Di me – aggiunge – non si è accorto nessuno”. E agli investigatori che gli chiesero perché avesse colpito al collo e non, per esempio, alla schiena, il marocchino rispose: “perché il collo era più sicuro, se buchi il polmone rischi che non muore, è logica”.

Il movente non c’era, ma Said fece riferimento a una vendetta nei confronti della moglie che non gli faceva vedere il figlio. “E come se io fossi tua moglie e ti dico che non puoi andare a prendere il bambino…” e agli investigatori che osservarono che da tempo la moglie non gli faceva vedere il bambino, rispose: “Ma non è per quello è una questione morale di cuore perché è come se tu dici ‘non è normale se ci stanno accoppiati bene e io invece mi sono ritrovato questa che mi ha rubato l’unica cosa che io volevo’”, e concluse con “capisce?”.

di Robert Perdicchi per www.secoloditalia.it