capture 016 04072020 215241Per Alberto Zangrillo il peggio è passato. E lo ripete da tempo. Qualcosa del coronavirus, secondo il primario dell'Unità operativa di anestesia e rianimazione e della Terapia intensiva del San Raffaele, sta cambiando. Basta dunque con gli allarmismi che colpiscono sia i contagi che i decessi. Ed è proprio su questi ultimi, spiega Zangrillo in un'intervista al Corriere della Sera - che si annida "la disinformazione: un paziente ricoverato adesso con scompenso cardiaco e trovato debolmente positivo al tampone per un contagio magari di tre mesi fa, se poi non ce la fa, viene etichettato come decesso Covid, ma questo non rispecchia la realtà. Ci stiamo scordando le altre cause di morte". Un'asserzione quella di Zangillo che comunque deve frenare l'idea che tutto sia finalmente finito: "È praticamente impossibile ora arrivare a zero casi - mette le mani avanti -, perché il virus sta ancora circolando, ma possiamo riprendere le nostre attività perché abbiamo imparato come comportarci". La percentuale che il coronavirus se ne vada in autunno è dunque "pari al 50 per cento", ma "se così non fosse, quel che temo di più è aver perso tempo a organizzare strutture e infrastrutture invece di rimettere in equilibrio il rapporto tra l'ospedale e il territorio. Chi lavora sul territorio e in prima linea negli ospedali deve pretendere che gli ammalati vengano ricoverati subito, perché quel che abbiamo capito è che, in assenza di una terapia specifica, le cure che abbiamo devono essere adottate con tempestività".

 

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