capture 125 11082020 104514«Sì, per le nostre Marche è necessaria una "storia nuova". Perché? Quella targata Pd più che vecchia è una storia "ferma": un sistema di potere che guarda solo a sé stesso sulle spalle dei territori...». Mentre gli chiediamo il senso dello slogan della sua campagna elettorale Francesco Acquaroli sta percorrendo per l'ennesima volta da sud a nord le cinque province: ha appena finito un incontro elettorale e la conversazione viene interrotta in continuazione dai saluti e dagli incoraggiamenti. «Mi scusi, solo un istante...», e così si prosegue fra un ringraziamento e un appunto preso a voce. L'aria è buona: lo dicono i sondaggi che danno il candidato del centrodestra, diretta espressione di Fratelli d'Italia ma sostenuto da tutta la coalizione (addirittura con un'appendice di ex 5 Stelle), avanti rispetto alla corazzata del centrosinistra che rischia di perdere per la prima volta una delle ultime regioni "rosse". «Andrà bene? Sono scaramantico e non mi pronuncio - ci spiega -. Ciò che posso dire è che questa volta però respiriamo una voglia di cambiamento ben identificata: e noi questo vogliamo interpretare».

Acquaroli - classe 1974, una laurea in Economia e amministrazione delle imprese, sposato con Lucia («Ci siamo conosciuti a scuola, è iniziata da lì») e aspirante governatore delle Marche - è nel suo contesto naturale. Chi lo conosce bene, del resto, ci spiega come il territorio per lui sia un «richiamo naturale»: da consigliere regionale ha scelto di rientrare a casa per fare il sindaco di Potenza Picena. Adesso da deputato («Si trattiene a Roma solo per gli impegni istituzionali - spiega a Libero chi lo conosce bene -, poi rientra subito in regione») non ci ha pensato un attimo ad accettare, per la seconda volta, la candidatura da governatore. «Di certo non si fa guidare dall'interesse personale», fanno capire i sodali di sempre. Cinque anni fa arrivò terzo ma fu un risultato importante perché maturato con un centrodestra diviso: «Ero espressione del ticket FdI-Lega: e qui, come ai tempi in Toscana, si è sperimentata una trazione diversa. Identitaria e produttivista».

 

Adesso è tutta un'altra storia: questa "agenda" si candida addirittura a conquistare - se dovesse farcela lui nelle Marche e Raffale Fitto in Puglia - la cosiddetta "dorsale adriatica". «Insieme all'Abruzzo governato da Marco Marsilio ma anche al Molise, potremmo metterci attorno a un tavolo a dialogare attorno al ritardo infrastrutturale, a come creare le prerogative per sostenere i nodi fondamentali come il sistema delle nostre imprese in un progetto unico». L'obiettivo è ambizioso. «Significherebbe che regioni piccole-medie come le nostre possono iniziare a fare massa critica: a far valere un peso politico».

DATI ECONOMICI
Prima di tutto le Marche, però. Se guarda i dati economici Acquaroli non nasconde la preoccupazione. «Già prima della crisi pandemica lo status quo ha determinato un disastro: la regione sta perdendo competitività. Siamo sempre di più assimilati agli indici che caratterizzano le regioni meno sviluppate». A differenza di quello che avveniva qualche anno fa, quando si faceva un parallelo con lo sviluppo del Veneto. Ecco perché l'obiettivo-quadro è liberare le energie: «Fare esprimere il potenziale, liberandolo da questa morsa che lo opprime, che lo schiaccia». Non è un caso a suo avviso se l'avversario - il sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi - abbia scelto di omettere i simboli del Pd: «Lo hanno rimosso. E ha scelto di farsi accompagnare dallo stesso comunicatore di Bonaccini. Ma resta un uomo di struttura del Pd: quel partito che pensa di aver governato così "bene" le Marche da non confermare il governatore uscente Ceriscioli. Per loro stessi è stato un disvalore...».

A conferma che la sfida stavolta è più che aperta sono arrivati gli attacchi dei dem, incluso il segretario Zingaretti. L'unico appiglio polemico è la cena dove a un certo punto spuntarono gli ormai celebri menù con l'effige di Mussolini: «Un polverone sul nulla. Mi sono recato, su invito del vicesindaco di Acquasanta, a parlare di ricostruzione post-terremoto: proprio quella dove la sinistra si è dimostrata incapace e assente. Altro che menù...». Già, la ricostruzione. Le Marche, le "zone rosse" le hanno conosciute ben prima del coronavirus. «Sì. Quello delle aree terremotate è proprio uno dei quattro macrotemi della mia campagna: gli altri sono infrastrutture, sanità e lavoro. Su questi dossier dobbiamo fare in fretta per invertire un trend che ci vedrebbe perdere 100mila abitanti nel giro di pochi anni. Sa cosa significa? Una riduzione di circa il 6-7% della nostra popolazione». Scongiurare questo rischio per lui è un obiettivo morale, non solo politico. «Abbiamo l'obbligo di non far andare via i nostri ragazzi. Esattamente come è stato per i nostri nonni e i nostri genitori che, partendo da un garage, da uno scantinato, da un laboratorio si sono realizzati creando il "modello Marche", anche loro dovranno poter costituire imprese che sappiano imporsi nei mercati mondiali. Ecco, vogliamo far rinascere quello che ha già dimostrato di saper funzionare come un'eccellenza italiana».

CON GIORGIA
Le Marche prima di tutto, insomma. Nonostante sappia bene che gli occhi delle politica nazionale leggeranno il suo risultato, assieme a quello della Puglia, come un avviso di sfratto a Conte e ai giallorossi. «La sfida è per i marchigiani e per il nostro territorio - risponde con mestiere -, perché i problemi sono diversi da quelli nazionali. Detto ciò, ci sarà una lettura di questi risultati su larga scala. Ed è indubbio, oltre che indipendente dal nostro obiettivo specifico, che ciò andrà a rafforzare o meno un assetto nazionale che a noi ovviamente non piace per nulla». Sulla sua figura - anche lui animatore a tutti gli effetti della "generazione Atreju" - Giorgia Meloni ha investito molto: sul tavolo per comporre le candidature il suo nome è stato un punto irremovibile.

«A lei riconosco da sempre carisma, capacità straordinarie, visione e determinazione: e i risultati si vedono tutti. Quanto a me sono onorato e orgoglioso del fatto che mi abbia individuato quale figura idonea per risollevare le Marche». Acquaroli si candida a farlo con lo scopo di costruire un futuro capace di ridestare l'anima industriosa e la grandezza del passato. Non a caso cita come riferimenti di questa campagna i giganti plasmati dallo genius loci: «Penso a Raffaello ad Urbino, a Gioacchino Rossini, a Leopardi, al Santuario di Loreto, luogo umile e concreto, come la nostra terra dalla spiritualità davvero particolare».

di Antonio Rapisarda per www.liberoquotidiano.it