capture 025 25092020 103714Nonostante Alberto Tarallo sia, almeno a partire dalla seconda metà degli anni ’90, uno dei più famosi produttori di fiction televisive, è difficile, per non dire impossibile, reperire una sua foto recente. Le uniche sue immagini in circolazione, ricavate da antiche foto di scena o da frames di vecchie pellicole, lo ritraggono immancabilmente in abiti muliebri. Un alone di mistero, sicuramente alimentato dallo stesso Tarallo, rende le attuali fattezze di questo produttore più misteriose di quelle del regista Terence Malick o dello scrittore Thomas Pynchon.

I lettori dei più sguaiati rotocalchi, ma anche quelli dei più paludati quotidiani, hanno avuto notizia dell’esistenza di questo sfuggente uomo di spettacolo grazie a uno scandaletto che, nell’estate 2012, ha coinvolto, oltre al nostro valente produttore, la diva Sabrina Ferilli e il neoattore Francesco Testi (ex giocatore di pallavolo e concorrente della settima edizione del Grande Fratello). Pettegolissimi gossip, fomentati peraltro da alcune incaute dichiarazioni della Sabrina nazionale, hanno addirittura favoleggiato di un triangolo tra lui (Testi), lei (la Ferilli) e l’altro (Tarallo), nato sul set della fiction Né con te né senza di te (2012), sulla cui veridicità, a causa di querele e controquerele, si pronunceranno i tribunali. Ma non è il gossip, questo novello oppio dei popoli, la chiave giusta per narrare la vita e le opere di Alberto Tarallo. Ripercorrere la sua biografia equivale, infatti, a ricostruire una parte rilevante della storia (non solo) della televisione italiana.

Nato a Napoli il 23 settembre 1953, Tarallo esordisce sul grande schermo interpretando un piccolo ruolo (Bellachioma, un neghittoso modello che posa, insieme a Claudia Mori, per uno scultore) in una grande produzione come Rugantino (1973, Pasquale Festa Campanile). Ma è in virtù del sodalizio stretto con il principe attore Franco Caracciolo, figura mitologica della comunità gay capitolina ben introdotta a Cinecittà, che il futuro produttore intensifica le sue apparizioni cinematografiche.

Tarallo, seguendo il solco tracciato dallo stesso Caracciolo e, prima ancora, dal “capovolto nazionale” Giò Stajano, si specializza nel ruolo del travestito. La sua filmografia en travesti annovera complessivamente sei titoli: L’uomo della strada fa giustizia (1975, Umberto Lenzi), in cui interpreta un travestito (soprannominato Liala) che aiuta un giustiziere della notte a scovare gli assassini della figlia, Labbra di lurido blu (1975, Giulio Petroni), in cui capeggia un terzetto di travestiti (gli altri due sono Caracciolo e Paolo Pazzaglia) che brutalizza la protagonista Lisa Gastoni,

Un amore targato Forlì (1976, Riccardo Sesani), in cui stupisce un giovane provinciale per la sua disinibita minzione nel bagno degli uomini, Mimì Bluette fiore del mio giardino (1976, Carlo De Palma), in cui ricopre la parte di Doralice (al suo fianco il succitato Pazzaglia), La banda del gobbo (1977, Umberto Lenzi), in cui è un travestito da marciapiede (nome d’arte Ursula) costretto dal gibbuto antieroe a smerciare orologi di marca fasulli (tra i compagni di meretricio si riconosce Caracciolo), e Quel pomeriggio maledetto (1977, Mario Siciliano), in cui incarna il travestito malavitoso Mandy (suo braccio destro il solito Caracciolo). Tarallo appare inoltre in Maria R. e gli angeli di Trastevere (1975, Elfriede Gaeng), melodramma pasoliniano che lo relega nel ruolo del gay vicino di casa della protagonista (nel cast ancora una volta Caracciolo), e La verginella (1975, Mario Sequi), l’unico film che interpreta in abiti virili (un compagno di classe dell’eroina eponima).

 

Le caratterizzazioni più rilevanti di Tarallo, fatta eccezione per L’uomo della strada fa giustizia (senza dubbio il suo ruolo più importante e la sua migliore interpretazione), sono tuttavia quelle che lo vedono parrucca a parrucca con il blasonato sodale. Più che sul grande schermo, il duo Tarallo & Caracciolo vive il suo momento di gloria sul palcoscenico dell’Alibi, storico locale gay capitolino, che per un lungo periodo è gestito con grande oculatezza proprio da Tarallo. Una cronaca coeva celebra, non senza ironia, la nascita del trasgressivo ritrovo: «Qui prima c’era un locale di travestiti, Chez Maurice. Ora, porta a porta, è sorto un locale grande e pretenzioso: si chiama «L’Alibi», è un teatro per omosessuali che funzionerà anche come ristorante, e ristorante d’un certo tipo, perché il programma già annuncia «pott flambées». L’Alibi è bianco e blu, ornato di piante finte e di animali di maiolica, ha una pista da ballo e due bar, per ora vi agisce un attore napoletano di occhio dolce ma di istinto prepotente, che si chiama Alberto Tarallo e ha al suo fianco un altro attore che chiamano principe, forse perché il suo cognome è Caracciolo».

Non più attore, ma non ancora ufficialmente agente e produttore cinematografico, Tarallo nel 1978 prende parte, come sceneggiatore e costumista, alla realizzazione di Suor Omicidi, un thriller firmato da Giulio Berruti. Prodotto da Enzo Gallo, noto alle cronache più che altro come consorte della mancata Miss Italia Mirca Viola, il film tenta di rilanciare, con esiti sotto tutti i punti di vista disastrosi, una decaduta Anita Ekberg.

Tarallo, che nel variegato cast (Alida ValliJoe DallesandroLou Castel) infila persino l’amico Caracciolo in abiti talari, durante le riprese si prodiga altresì come cicisbeo dell’ex musa felliniana (che, non a caso, sarà presente in molte sue produzioni). I goderecci e rutilanti anni ’80 non trovano impreparato l’ormai ex attore, che si ricicla con grande abilità nel campo dell’editoria per adulti. Il temuto settimanale “OP”, sulle cui colonne era apparsa una dettagliatissima inchiesta sui ricchi, ma non sempre limpidi, affari dei boss della stampa pornoerotica (che, secondo taluni, sarebbero da identificare nei mandanti dell’omicidio del direttore di “OP” Mino Pecorelli), dedica a Tarallo poche ma sarcastiche righe: «A dirigere “Playboy”, edizione italiana, ci sono tre personaggi: Gigi Reggi (direttore), Roberto Rocchi (fotografo) e Alberto Tarallo, vero art director della rivista (che gli amici chiamano simpaticamente l’Alberta). In questo giro favoloso c’è anche Mauro Mariani, tra i più noti agenti cinematografici della capitale, caro amico del Tarallo. Mariani e Tarallo sono famosi anche per le loro esibizioni esilaranti da tabarin nelle stanze della redazione di “Playboy”».

Sotto le mani di Tarallo passano foto osé di attricette di sicuro avvenire, ma non solo. In un àmbito immediatamente contiguo, l’agente cinematografico Pino Pellegrino, pornosceneggiatore per Aristide Massaccesi nonché amico e collaboratore di Tarallo, convince artiste sul viale del tramonto (Lilli Carati, Karin Schubert, Paola Senatore, Marisa Mell, Tina Aumont, Patty PravoGloria Piedimonte) a esibirsi in ben retribuiti servizi fotografici erotici, quando non tout court pornografici, per “Le Ore” e “Men”. Pronubo sempre Pellegrino, la Carati e la Schubert debutteranno nel genere hard, dietro adeguato compenso, sotto l’egida della E.P.P. (società controllata dalla Tattilo e dal suo ex marito Saro Balsamo).

Alla fine degli anni ’80, intuendo prima di altri l’inarrestabile declino dell’editoria a luci rosa e rosse, Tarallo ritorna al suo antico amore, il cinema, come agente e produttore. Socio di Giannandrea Pecorelli (nessuna parentela con il menzionato giornalista) e Gianluca Arcopinto nella cooperativa Immagininazione, contribuisce all’ideazione di una sequela di valide opere dirette, tra gli altri, da Franco Piavoli (Nostos: Il Ritorno, 1989) e Felice Farina (Condominio, 1991). Tramite l’Europe Film, e grazie a un sostanzioso contributo statale, Tarallo produce in proprio Cattive ragazze (1992), debutto dietro la macchina da presa della presenzialista (e all’epoca craxiana di ferro) Marina Ripa di Meana (ma, secondo testimonianze attendibili, il film è stato in realtà diretto da Tarallo e dal direttore della fotografia Sergio Rubini).

La pellicola, che si rivela un flop memorabile malgrado il buon cast artistico e tecnico (non mancano, ovviamente, la Ekberg e, in veste di scenografo e costumista, l’amico Paolo Pazzaglia), attira l’interesse della magistratura per i finanziamenti statali ottenuti. Schivati i rigori della legge, Tarallo nel 1996 passa al servizio di Silvio Berlusconi (antico sodale di Craxi) come produttore televisivo. Oltre a lavorare per conto di società organiche all’impero televisivo berlusconiano, quali Video 3 e Mediatrade, il vulcanico uomo di spettacolo opera in prima persona, attraverso la Ares Film (amministratore unico Teodosio Losito, sceneggiatore di fiducia e compagno di Tarallo) e la Janus International, producendo per Canale 5 una nutrita serie di fiction di successo (Il bello delle donne, L’onore e il rispetto, Il sangue e la rosa, tanto per citarne solo alcune), tutte interpretate dalla sua scoperta Gabriel Garko. Nel 2012, la factory di Tarallo approda in Rai con la già citata Né con te né senza di te, una brutta fiction premiata da grandi ascolti. Ma la storia di Alberto Tarallo, uomo invero intelligente e spregiudicato, non finisce certo qui.

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