capture 084 17102020 091000Roma, 12 dic – Fondata da Gramsci, morta con il Partito democratico: la storia dell’Unità in due parole. Di mezzo c’è un lungo processo di mutazione genetico-politica che ha portato il foglio comunista dall’essere il «quotidiano degli operai e dei contadini» – così recitava il sottotitolo originario della testata – a diventare il giornale della sinistra al caviale, borghese e vicina all’alta finanza. Questa mutazione – è un fatto – ha provocato la lenta morte dell’Unità che, senza più lettori, è stata costretta a chiudere bottega. Lasciando, ovviamente, una montagna di debiti. Si parla di circa 200 milioni di euro. Non proprio noccioline.

Socializzare le perdite

In tutto questo, però, la sinistra si era già tutelata. Come? Ricorrendo al principio tanto caro agli odiati padroni: privatizzare i profitti e socializzare le perdite. E così i Ds (i genitori del Pd) hanno fatto fessi tutti: il 5 febbraio 2000, allorché Massimo D’Alema era a Palazzo Chigi, la presidenza del Consiglio si fece garante del debito che l’Unità aveva contratto con un gruppo di banche. Un debito che, in questo modo, venne dimezzato. Come avevamo già spiegato su queste colonnea garanzia c’era il patrimonio immobiliare dei Ds, in sostanza le sedi dell’attuale Pd. Il problema è che, grazie ai buoni uffici del tesoriere dei Ds Ugo Sposetti, nel 2007 questi immobili sono via via confluiti in fondazioni che, data la loro natura, rendevano questi beni di fatto inattaccabili dalle banche. Le quali, ovviamente, hanno citato i debitori per insolvenza. E la sentenza del tribunale parla chiaro: il partito dei Ds ha tenuto una condotta «apparentemente elusiva (e forse fraudolenta) per sottrarre i propri beni dalla garanzia». Sono quindi stati respinti i ricorsi presentati dall’Avvocatura di Stato. Tradotto: la presidenza del Consiglio, visto che gli immobili a garanzia sono «spariti», deve pagare il debito.

 

Conte paga il conto dell’Unità

Ora, in vista di Natale, il premier Conte ha confezionato un bel regalo al Partito democratico, il partito che gli consente di mantenere il deretano ben incollato a Palazzo Chigi: come riporta anche Chiara Giannini sul Giornale, la presidenza del Consiglio non presenterà alcun ricorso al tribunale. In sostanza, si accollerà il debito dell’Unità che, ad oggi, ammonta alla bellezza di 81,6 milioni di euro. Soldi che, pertanto, verranno messi in conto agli italiani. Perché appunto, come comanda il verbo capitalista, occorre privatizzare i profitti e socializzare le perdite. Gramsci, ci scommettiamo, si starà già rivoltando nella tomba.

di Elena Sempione per www.ilprimatonazionale.it