capture 167 25102020 183307Non solo la logica, anche il Comitato tecnico scientifico smentisce apertamente il ministro dei Trasporti, Paola De Micheli, che l’altro giorno ha sostenuto che il rischio di contagio Covid “nel sistema del trasporto pubblico locale è bassissimo”. In particolare, oggi è stato Ranieri Guerra, direttore vicario dell’Oms e componente del Cts, a indicare il trasporto pubblico come è una delle “fonti di circolazione del virus nelle grandi città“. Insomma, a smentire apertamente le tesi negazioniste di De Micheli, che le sono valse l’accostamento con la signora del “non ce n’è Coviddi”.

Guerra: “Il trasporto pubblico fa circolare il Covid”

“C’è una forte concentrazione di casi nelle aree metropolitane, perché sono quelle più popolate e perché sono quelle dove il trasporto pubblico locale è particolarmente non dico pericoloso, ma rappresenta possibile fonte di circolazione” del Covid“, ha detto Guerra, in un’intervista all’agenzia di stampa Adnkronos. In questo momento il coronavirus “sta andando avanti abbastanza al galoppo, ma siamo ancora sotto il 35-40% del livello di saturazione. Questo, però – ha avvertito ancora il direttore vicario dell’Oms – vuole dire che siamo a rischio. Perché se è vero che nelle prossime due settimane i casi aumenteranno, è chiaro che cresceranno anche i ricoveri ospedalieri”.

 

Inserire i medici di base nei sistemi di controllo

Per Guerra, allo stato attuale, per cercare di rendere più efficaci le azioni di controllo è necessario “rafforzare la prima linea”. Ovvero “la medicina convenzionata, i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta, che hanno il vantaggio rispetto agli altri di conoscere l’utenza e fare sorveglianza domiciliare molto accurata e proporre il ricovero solo nel momento del bisogno”. Invece, per “arrivare a gestire questa pandemia”, per Guerra, “abbiamo tre diverse strade”. Sono “il vaccino, gli anticorpi monoclonali e una diagnostica più rapida”.

Tre strade per “gestire il virus”

Sulla strada per il vaccino, ha ricordato l’esperto, “ci sono due aziende che hanno già depositato i dossier preliminari su cui l’agenzia regolatoria europea ha iniziato la revisione. Un’azienda americana, ma sarà seguita da un’altra, riuscirà a depositare gli ultimi dati tra novembre e dicembre all’Fda. Ma avremo almeno altri 30 candidati vaccino in fase clinica avanzata“. Per Guerra, “avere un vaccino entro la data simbolo del 31 dicembre è una cosa, ma averlo qualche settimana dopo non va a incidere troppo su quella che sarà la sfida. Ovvero di produrre dosi in maniera massiccia e di riuscire a distribuirle a tutti quelli che devono avere un accesso rapido al vaccino: personale sanitario, forze dell’ordine, anziani e pazienti con patologie croniche”.

Non solo vaccino: puntare anche su diagnosi e cure

La seconda strada sono, poi, “le terapie anti-Covid di cui si parla poco, ma sono ugualmente in fase avanzata”. “Abbiamo anticorpi monoclonali molto innovativi, che rappresentano una pagina storica nell’evoluzione della farmacologia. Ci aspettiamo novità importanti – ha proseguito Guerra – per la fine dell’anno e arrivare alla produzione nel 2021“. Infine, c’è la diagnostica. “Il golden standard che stiamo usando oggi per i tamponi ha tempi abbastanza lunghi. Ma – ha concluso Galli – già viene affiancato da test più rapidi e attendibili, come quelli che vengono usati negli aeroporti italiani”.

di Luciana Delli Colli per www.secoloditalia.it