capture 493 27112020 081102Il gruppo della gdo ha deciso di ritirare dalla propria rete il prodotto dopo che il commissario straordinario ha definito il prezzo calmierato di 50 centesimi. Anche il leader di mercato, Conad, è perplesso sulla scarsa disponibilità e sul valore di vendita

Nei giorni scorsi il commissario straordinario per l'emergenza coronavirus, Domenico Arcuri, ha annunciato che "da lunedì 4 maggio potremmo distribuire 12 milioni al giorno di mascherine, da giugno 18 milioni al giorno, da luglio 25 milioni e quando le scuole cominceranno a settembre almeno 30 milioni al giorno", oltre a determinare il prezzo calmierato di vendita, 50 centesimi. Ma si palesano i primi ostacoli alla distribuzione.

I farmacisti, dopo l'iniziale protesta, hanno finito per siglare un accordo di categoria: "alle farmacie che, negli ultimi giorni, hanno acquistato dispositivi di protezione ad un prezzo superiore ai 50 centesimi verrà garantito un ristoro e verranno assicurate forniture aggiuntive tali da riportare la spesa sostenuta, per ogni singola mascherina, al di sotto del prezzo massimo deciso dal Governo", si leggeva nella nota congiunta diramata dopo la firma dell'intesa tra le parti. 

Il problema rimane ora pe gli operatori della grande distribuzione organizzata (gdo). Il gruppo Crai Secom (3.600 punti vendita in Italia per un fatturato superiore ai 6 miliardi) ha fatto sapere che "alla luce dell'ordinanza con la quale il commissario straordinario per l'emergenza Covid-19 ha imposto la vendita al consumo delle mascherine ad un prezzo non superiore a 0,50 centesimi, si vede costretto a ritirare dalla vendita, dai negozi del gruppo, le mascherine chirurgiche".

 

Una posizione di campo netta che potrebbe essere seguita da altri operatori del settore. "Ci rendiamo conto che ciò può generare disservizio verso i Clienti e ne siamo particolarmente spiacenti ma, nonostante tutto l'impegno e la disponibilità dimostrati dai negozi del Gruppo, particolarmente in questo periodo, verso tutti i consumatori che li frequentano, siamo nell'impossibilità di vendere le mascherine a un prezzo inferiore al loro costo di acquisto", si legge ancora nella nota diramata dal gruppo a cui fanno capo le insegne Crai, Pellicano, Caddy's, IperSoap, Pilato, Proshop, Risparmio Casa, Saponi e Profumi, Shuki e Smoll. "Confidiamo che il governo voglia risolvere al più presto tale situazione in modo da consentirci di riprendere la vendita delle mascherine in questione".

In tal senso va sottolineato che, come appreso da www.milanofinanza.it, anche il numero 1 del mercato, il gruppo Conad, al momento non ha avviato la vendita di mascherine chirurgiche in tutta la sua rete. Il big guidato da Francesco Pugliese, infatti, non è in grado di venderne una quantità adeguata alle dimensioni, non riuscendo a reperirne sul mercato.

E se al momento da Conad non arriva una posizione ufficiale sulla questione, va specificato che in ambienti vicini alla società trapela perplessità sia sulla scarsa disponibilità di mascherine sia sul prezzo calmierato determinato dal commissario Arcuri. Alcuni piccoli imprenditori consorziati alla cooperativa di Bologna ne hanno trovate piccole quantità e messe in vendita al prezzo indicato, senza alcun rincaro ma coprendo solo il costo.

E proprio poco fa è arrivata la posizione ufficiale di Federdistribuzione sul tema mascherine. "Il Governo ha deciso di fissare il prezzo al pubblico per le mascherine chirurgiche in 50 centesimi. Le aziende italiane del commercio le hanno comprate a un prezzo più alto", si legge nella nota. "Chiediamo che venga applicato alle aziende del commercio lo stesso accordo che il Governo ha stipulato con le farmacie e quindi assicurando la copertura dei costi sostenuti oltre i 50 centesimi e di poter accedere agli stessi fornitori con le medesime condizioni per le prossime forniture così da poter mettere a disposizione dei clienti le mascherine chirurgiche al prezzo definito dall'ordinanza del Commissario Straordinario per la gestione dell'emergenza Covid 19, altrimenti le aziende della distribuzione moderna non saranno in grado di fornire questo prodotto ai clienti alle condizioni richieste".

Il tal senso va ricordato che sul tema si era espresso lo stesso Arcuri: "Io non ho emanato un'ordinanza che ha fissato il prezzo massimo di vendita delle mascherine, nell'esclusivo interesse dei cittadini. Credo che sia importante comprendere questa differenza, non ho mai pensato di dover fissare il prezzo massimo di acquisto. I cittadini hanno diritto di proteggersi dal virus e se proprio debbono pagare per esercitare questo diritto hanno il diritto di pagare il prezzo giusto". E lo stesso commissario ha ricordato in audizione davanti alle commissione riunite Finanze e Attività produttive che "le regioni hanno già in deposito 47 milioni di mascherine che gli abbiamo fornito. E sul territorio sono già approntati dei depositi regionali e gli uffici del commissario hanno quattro depositi nei quali vengono stoccati questi dispositivi che poi vengono progressivamente distribuiti quando servono".

Alle parole di Arcuri ha replicato il vicepresidente della Commissione Finanze alla Camera, Sestino Giacomoni. "Durante l'audizione ho invitato il commissario Domenico Arcuri a non farsi prendere dal "virus" della visibilità, evitando comizi come quello contro "i liberisti da divano" che hanno avuto l'ardire di criticare la sua scelta di imporre a 0,5 euro il costo di una mascherina chirurgica. Lupus in fabula. È notizia di oggi che il gruppo Crai ha deciso di ritirare dalla vendita le mascherine perché il prezzo imposto è inferiore a quello di acquisto. Insomma, l'ennesimo corto circuito. Ciò conferma che nel nostro paese l'emergenza è organizzativa prima ancora che sanitaria ed economica", ha dichiarato l'esponente di Forza Italia.

"Il commissario straordinario pagato da tutti i cittadini ha il compito di reperire i dispositivi individuali di protezione e a distanza di 40 giorni non sembra che ciò sia avvenuto: mascherine, respiratori, tamponi e tutto il resto, al di là delle parole, non sembra siano disponibili in quantità sufficienti. In commissione, anziché chiarire il perché di questo ritardo, ci è venuto a dire che "fissare i prezzi per legge sembra inusuale perché siamo un paese disordinato...", ha sottolineato Giacomoni che ha poi aggiunto. "In realtà noi siamo un paese normale. Un paese libero e tale vogliamo rimanere. Dal governo e dal suo commissario attendiamo meno 'comizi' ma due semplici misure: mascherine distribuite gratuitamente alle fasce più deboli e libertà di scelta. Per questo ho chiesto al Commissario Arcuri quello che tanti cittadini e commercianti si chiedono: dove si trovano le mascherine a 0.50 euro visto che le aziende dicono che a questo prezzo non sono in grado di produrle? O forse qualcuno vuole che vengano importate dalla Cina, magari senza marchio CE?". (riproduzione riservata)

di Andrea Montanari per www.milanofinanza.it