capture 412 18012021 104745Decine di ristoranti della Capitale hanno aderito a "io apro": la rivolta contro le chiusure imposte dal governo. 

C’è chi la chiama disobbedienza gentile e chi parla di sfida ai Dpcm di Conte. Per Alessandro, ristoratore del quartiere Casilino, a Roma, alzare la serranda stasera è una questione di sopravvivenza.

"Qui o si apre o si muore", ci dice mentre i camerieri servono bruschette e amatriciane ai tavoli del suo locale. Sono le sette di sera e il tempo sembra essere tornato indietro a qualche mese fa. Il viavai delle persone è continuo. Siedono al tavolo, ordinano la cena e sorseggiano il loro bicchiere di vino come se non esistessero il coprifuoco, i Dpcm e le restrizioni che per contenere il virus hanno stravolto le nostre abitudini.

Quello di Alessandro è uno dei ristoranti romani che ha scelto di aderire a “io apro”, iniziativa nata dai social che in pochi giorni si è diffusa in tutta Italia attraverso i canali Telegram. "Oggi pomeriggio ci hanno chiamato dalla Questura sconsigliandoci di aprire, ma noi abbiamo risposto che lo avremmo fatto lo stesso, non possiamo più permetterci di restare chiusi", ci dice Alessandro. "Non siamo in guerra con le forze dell'ordine – aggiunge – stiamo cercando di salvare la nostra vita".

"Con l’asporto – continua – non si fa una lira, vogliamo parlare dei ristori? A noi da inizio pandemia sono arrivati 15mila euro, sa quanti ne paghiamo al mese di affitto? Diecimila, ma come si può andare avanti?". "Dovete spiegarmi perché a pranzo possiamo sederci al ristorante e di sera no, dov’è la differenza?", domanda provocatoriamente una donna seduta al tavolo con due amiche. "E se mi faranno la multa – aggiunge – la pagherò, la libertà non ha prezzo".

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Come lei sono in tanti ad essersi dati appuntamento in questo locale di via dei Gordiani. Qualcuno è venuto con la famiglia, qualcun altro con la fidanzata, qualcuno con gli amici. "Sono qui per sostenere la protesta dei ristoratori italiani. Non ho paura delle sanzioni, sono provvedimenti illegittimi, e neppure del contagio, visto che qui si rispettano tutte le regole anti-Covid", spiega una donna accompagnata dal marito e dai figli. "Per noi che abbiamo un’entrata fissa – insiste – stare al fianco di chi rischia di perdere tutto è un dovere morale".

A scendere in campo per appoggiare la protesta, benedetta nei giorni scorsi dal leader della Lega Matteo Salvini, sono stati anche diversi esponenti politici, tra cui il leader di Italexit, Gianluigi Paragone e Vittorio Sgarbi. Nel locale di Alessandro si fa vedere il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri. "Sono qui per ascoltare le lamentele di queste persone, i rimborsi – attacca – sono stati tardivi e insufficienti, dov’è il governo davanti a questi drammi?". "Personalmente come proprietario dell’attività ho ricevuto 1.700 euro da marzo ad oggi, questa non è una cassa integrazione – si sfoga Alessandro – è un invito ad andare alla Caritas".

"Quando non hai più futuro cerchi la sopravvivenza alzando la testa e cercando di fare una ribellione pacifica, questo è quello che abbiamo fatto stasera", si difende il titolare del ristorante. Ma se sulle chat di Telegram hanno aderito migliaia di persone, ad organizzarsi concretamente per alzare la serranda sono stati in pochi. In molti non l’hanno fatto per timore dei blitz delle forze dell’ordine. E, infatti, sono stati diversi gli esercenti e i clienti dissidenti sanzionati ieri sera in tutta la Penisola.

Mentre le principali associazioni di categoria hanno preso le distanze: "Comprendiamo la disperazione degli operatori del settore, ma non condividiamo e non assecondiamo la protesta", ha fatto sapere il presidente di Fiepet Confesercenti, Giancarlo Banchieri, in un’intervista all’Adnkronos"Le leggi vanno rispettate, noi lavoriamo per cercare di modificarle ma quando ci sono vanno rispettate, e crediamo – ha detto - che quest'iniziativa di protesta avrà un effetto controproducente per il settore, con multe e denunce".

di    per www.ilgiornale.it