capture 515 23012021 092420Figura materna e costruzione dell’autostima

Per sviluppare una buona autostima, salda di fronte alle difficoltà della vita, devono presentarsi condizioni favorevoli a un sano sviluppo psichico e cognitivo. Primo fra tutto la presenza di una figura materna e, soprattutto, un forte rapporto con essa. Per provarne l’importanza, fu a tal proposito che Bowlby sviluppò la teoria dell’attaccamento. Egli voleva evidenziare gli aspetti caratterizzanti di un legame sicuro e predittivo la realizzazione di appaganti relazioni affettive, sia in età infantile che adulta.

Una separazione precoce, o una mancanza nel legame affettivo con il proprio caregiver, invece avrebbero incoraggiato una incapacità di provvedere ai propri bisogni e una scarsa fiducia nelle capacità possedute. In sintesi, la differenza di una buona sicurezza di sé la facevano la presenza, o meno, di calore umano e di un ambiente stimolante.

Nei primi mesi di vita il neonato sperimenta una profonda dipendenza nei confronti della figura che lo accudisce. Se la madre, in questo importante lasso di tempo, è in grado di entrare in contatto empatico con il figlio, e i suoi bisogni, offrirà a quest’ultimo la capacità di sviluppare uno stile di relazione sano e sicuro. Da questo rapporto affettivo saldo dipenderà, pertanto, la costruzione di un’immagine di sé sana e di un’autostima idonea anche in età più matura.

 

Il volto e gli occhi di una madre

Abbiamo rilevato come nei primi mesi di vita di un bambino la figura materna rappresenti tutto il suo mondo. Anche da un punto di vista prettamente visivo, la propria madre è ciò che scruta sempre ed esclusivamente. Il viso materno diventa il mezzo per merito del quale il piccolo rispecchia la propria esistenza. Pertanto, la percezione e il vissuto di essere brutti o belli, buoni o cattivi, prendono vita da ciò che si legge nel volto della madre. I bambini si giudicano attraverso gli occhi della madre e da questo sguardo attingono gli elementi per costruire la loro autostima.

Se tu mi vuoi bene, io mi voglio bene. Se tu mi vedi bello, io sono bello. Una carenza affettiva o un eccessivo invischiamento, quindi, in questa relazione porteranno a percepirsi come non sufficientemente degni d’amore: come brutti, insicuri e immeritevoli. Questo timore, se radicato nel tempo, condurrà a un circolo vizioso di continua conferma esterna sulle qualità e doti possedute.

Se mi lasci andare io sarò sicuro di me

La figura materna è, quindi, il modello cui fare riferimento nella fase di crescita e che dominerà un intero percorso di vita. La relazione con una madre fornisce e nutre la base per il copione relazionale che si ripeterà in diversi contesti, soprattutto quello con il partner scelto. La prova ci sarà quando in fase adolescenziale il figlio vorrà separarsi dalla madre per esplorare il mondo come elemento individualizzato. La separazione non sarà libera da conflitti e dolori che scemeranno, tuttavia, con il passare del tempo e se i rispettivi ruoli saranno mantenuti. Trattenere a sé un figlio, impedendogli questo fisiologico passaggio, potrebbe provocare frustrazione, rabbia, senso di colpa nutrendo un comportamento disadattivo all’ambiente circostante e un’autostima ingannevole o debole.

La stessa persona, la madre, è quindi responsabile della costruzione dell’identità e dei punti di forza di un figlio, seppur passando attraverso due comportamenti opposti: l’iniziale e costante presenza (base sicura) e poi un successivo e graduale (a volte frustrante) distacco.

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