capture 579 26012021 105042In un primo momento, sembrava che l’Unione europea fosse riuscita a stipulare con Pfizer un contratto super vantaggioso. Dati ufficiosi suggerivano che Bruxelles pagasse ogni dose realizzata dal colosso farmaceutico americano la bellezza di cinque dollari in meno rispetto agli Stati Uniti, e addirittura 13,50 in meno di Israele. Dopo una manciata di settimane dall’inizio della campagna di vaccinazione, partita lo scorso 27 dicembre, la realtà ha tuttavia preso una piega inaspettata. Pfizer ha annunciato la riduzione delle consegne dei suoi vaccini in Europa per prepararsi ad aumentare la propria capacità produttiva.

Risultato: niente più spedizioni – o comunque molte meno dosi inviate del previsto – finché i lavori di potenziamento delle strutture dell’azienda non saranno terminati. Tempo stimato: due o tre settimane. E così, tutti quei Paesi che già si sfregavano le mani, pronti a iniettare le seconde dosi ai cittadini immunizzati con la prima iniezione, hanno dovuto rivedere i loro piani. Molti governi sono quasi a secco di antidoti e, per questo motivo, si sono letteralmente infuriati con Pfizer. Che, dal canto suo, fa spallucce e dà l’apparenza di badare molto di più al business che non all’emotività di qualche leader o commissario europeo frustrato dall’accaduto.

 

Il business del vaccino

Sarà senza ombra di dubbio un caso, ma la comunicazione con cui Pfizer ha annunciato alla Commissione europea di ridurre le consegne verso il Vecchio Continente è arrivata il 15 gennaio. Ovvero, il giorno dopo un altro annuncio: quello con cui Joe Biden ha promesso di somministrare 100milioni di dosi Pfizer-BioNTech in 100 giorni ai cittadini americani. Considerando il prezzo più alto pagato da Washington per ogni dose, i più maligni ritengono che l’azienda statunitense abbia pensato bene di concentrarsi prima sugli Stati Uniti. E, più in generale, su quegli Stati che più hanno versato denari per accaparrarsi il famigerato vaccino anti Covid.

I riflettori, a questo proposito, sono puntati anche su Israele, il Paese con il più alto numero di vaccinati al mondo in relazione alla popolazione (oltre 2,5 milioni di immunizzati, il 12,24% degli israeliani). Stando ad alcune indiscrezioni, il premier Benjamin Netanyahu avrebbe contattato di persona l’ad di Pfizer, Albert Bourla, per far sì che Israele potesse contare su un’adeguata fornitura di vaccini. Non solo: il Ministero della Salute israeliano avrebbe firmato con la stessa Pfizer un accordo di una ventina di pagine, con il quale garantirebbe alla casa farmaceutica tutti i risultati delle vaccinazioni, compresi i dettagli più minuziosi. Si da il caso che Tel Aviv, proprio come Washington, non abbia alcun problema con le scorte di vaccini.

Il contratto con l’Europa

Sono emersi interessanti particolari relativi all’accordo stipulato tra l’Unione europea e Pfizer. Gli stessi particolari, tra l’altro, che ci aiutano a capire per quale motivo l’Europa si trovi adesso in una situazione di carenza di dosi. Prima di tutto, come ha scritto il Corriere della Sera, bisogna tornare allo scorso 8 gennaio 2021. Quel giorno l’azienda ha ottenuto dall’Ema (l’Agenzia europea del farmaco) l’autorizzazione a sostenere che ogni fiala realizzata contiene 6 dosi del vaccino anti Covid e non 5. Si dà il caso che il suddetto calcolo non sia mai stato effettuato durante le trattative tra le parti, neppure al momento di siglare gli accordi con Bruxelles.

Passiamo poi al lato meramente tecnico. Un atto secretato rivela che, a fronte di inadempienze, le penali contro Pfizer non scattino in modo automatico. Detto altrimenti, è difficile – se non impossibile – contestare violazioni alla multinazionale, vere o presunte che siano. Come se non bastasse, è confermato che BioNTech, partner di Pfizer per la realizzazione del siero contro il coronavirus, abbia siglato con la Germania un contratto parallelo, in aggiunta all’intesa con l’Unione europea.

Un atto del genere, oltre a evidenziare una certa scorrettezza di fondo da parte di Berlino, ha subito mandato in tilt il sistema delle quote adibita da Bruxelles, grazie al quale ogni Paese avrebbe dovuto ricevere uno stock di vaccini in relazione alla popolazione. Nel frattempo, il 21 dicembre 2020 scatta la luce verde: l’Ema approva il vaccino Pfizer-BioNTech. Si parla di una ripartizione di 300 milioni di dosi tra i Paesi membri dell’Ue; all’Italia vanno inizialmente 26,5 milioni di dosi, che diventano poi 40 milioni in seguito a un contratto aggiuntivo.

Le clausole che blindano Pfizer

Nei primi tre mesi del 2021, Roma dovrebbe ricevere 8,7 milioni di dosi. Dosi, appunto, non fiale. Ogni Stato dell’Ue ha poi sottoscritto due lettere d’ordine con condizioni ben precise, attraverso le quali vengono stabilite quantità, costi e tempi di fornitura (allocazioni di dosi su basi trimestrali e consegne settimanali). Le penali – si legge nel contratto – “sono esclusivamente sulle forniture trimestrali e non su quelle settimanali”. Dunque, anche se Pfizer ha ridotto le sue spedizioni – ad esempio nella settimana del 18 gennaio ha consegnato all’Italia 397.800 dosi anziché 562.770 – nessuno potrà contestare niente fino al prossimo 31 marzo, scadenza del trimestre.

In altre parole, Pfizer potrebbe (lo farà sicuramente) incrementare le spedizioni in un secondo momento – magari dopo essersi dedicata prima ai Paesi che pagano di più le sue dosi – così da rientrare nei termini previsti. Ma quali sanzioni sono previste in caso di inadempienza? Citiamo alla lettera: “una penale del 20% del valore delle dosi non consegnate”, a salire a seconda dei giorni di ritardo. Solo che l’applicazione delle suddette penali non è automatica.

Al termine del trimestre, prima di arrivare alle sanzioni, bisogna esplorare strade alternative per porre “rimedio” a un eventuale pasticcio commesso da Pfizer. La lista dei rimedi è ampia: si va dal diritto al rimborso alla cessazione del contratto fino – ultima chance – all’applicazione della penale. Dunque, a fronte di clausole del genere, le case farmaceutiche (non solo Pfizer) non hanno niente di cui temere. Anzi: dovesse arrivar loro un’offerta più vantaggiosa rispetto a quella messa sul tavolo dall’Europa, potrebbero tranquillamente pagare la penale e voltarsi dall’altro lato.

di Federico Giuliani per https://it.insideover.com