capture 005 27012021 104940Chi di social ferisce… In un tweet su Joe Biden una giornalista particolarmente entusiasta “cinguetta”: «Ho i brividi». Il New York Times la licenzia. Dunque: alla vista dell’aereo di Joe Biden che atterrava alla Joint Base Andrews, poco prima di insediarsi alla Casa Bianca, Lauren Wolfe, cronista nel New York Times, dà sfogo a tutto il suo ardore per l’elezione del nuovo presidente Usa. Al furore dem che nemmeno la fatidica elezione riesce a placare. Quel commento, però, l’ha pagato caro: con il posto di lavoro. Quelle poche battute “cinguettate” sul social creato da Jack Dorsey ormai 15 anni fa. E proprio nei giorni in cui i colossi del web erano in piena campagna oscurantista, ricorrendo alle forbici censorie. Intimando chiusure e blackout. Hanno sancito per la Wolfe l’addio coatto al quotidiano statunitense. Che la donna è stata costretta ad abbandonare, non senza senza strascichi polemici…

In un tweet la giornalista cinguetta su Biden: «Ho i brividi»

Nella più grande democrazia occidentale del mondo tutto è in discussione ormai. Specie in settimane come quelle in corso, in cui si dibatte di diritti violati con l’invasione di Capitol Hill. In giorni in cui, oltreoceano, critici e corsivisti animano la discussione mettendo all’indice la sottile linea di confine che separa libertà d’espressione e ambiguità del ruolo dei social. E quando ancora non si sono spenti gli echi polemici seguiti alla cacciata di Trump da Twitter e Facebook. Insomma, in piena fase di caccia all’untore social tra i disorganici e i dissidenti, anche il tweet, giudicato troppo esplicito, di Lauren Wolfe, finisce nel mirino. E motiva i vertici del blasonato quotidiano americano a procedere al suo licenziamento.

 

Il New York Times la licenzia

Quel tweet fa il giro dei social media. Additato – scrive Prima Comunicazione online – «dagli utenti e dai commentatori di destra, come un esempio di pregiudizio della stampa liberal nei confronti di Donald Trump». E del resto, non è un caso se, dopo il licenziamento della Wolfe, che risale al 21 gennaio, due giorni dopo il fatidico tweet, il Times è stato a sua volta bersagliato dalle critiche e dalla recriminazioni. Tanto da dover argomentare sui motivi della scelta aziendale. «Circolano molte informazioni inaccurate», ha riferito la portavoce Danielle Rhoades – e riporta Prima Comunicazione online – spiegando che «per ragioni di privacy» non è possibile esplicitare nel dettaglio le cause che hanno portato al licenziamento.

L’intervento del sindacato giornalisti di New York

Ma, l’inciso che segue a stretto giro, apre su altre prospettive: «Non licenziamo qualcuno per un singolo tweet», incalza la Rhoades: lasciando intendere altri scheletri negli armadi della Wolfe. Sulla controversa vicenda, comunque, è intervenuto anche il sindacato dei giornalisti del New York Times che ha già annunciato battaglia.

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