capture 073 06022021 181335Prima pena di morte in Cina per uomo che tenta la fuga dalla quarantena

Prima sentenza capitale legata all’epidemia di coronavirus. L'uomo ha provato a forzare un posto di blocco e ha pugnalato a morte due funzionari

A tempo di record -  persino per i giudici di Pechino -  un uomo che aveva cercato di forzare un posto di blocco per fuggire da una delle città epicentro del virus, è stato condannato alla pena capitale. Si tratta della prima sentenza di morte emessa da un tribunale cinese, legata all’epidemia di coronavirus.

L’uomo è stato condannato nel fine settimana, per aver pugnalato a morte due funzionari in un posto di blocco istituito per contenere la diffusione del coronavirus all’inizio di febbraio, nel tentativo di fuggire dalla “zona rossa” e tornare al proprio villaggio. Un tribunale nella provincia sud-occidentale dello Yunnan ha emesso la condanna a morte del 23enne Ma Jianguo ieri, per il delitto avvenuto soltanto lo scorso il 6 febbraio, con insolita rapidità persino per un paese - la Cina – dove si usa dire che “il boia non va mai in vacanza”.

“Jianguo ha gravemente violato le leggi nazionali, proprio quando lo Yunnan era nella fase più critica di un’emergenza per la salute pubblica, ignorando le politiche di controllo dei virus” si legge nella motivazione della sentenza.

L’uomo stava viaggiando in macchina con un passeggero quando è stato intercettato a un posto di blocco che gli ha intimato l’alt. Secondo il tribunale, a quel punto il suo passeggero è sceso dall’auto e, ignorando i ripetuti avvertimenti dei poliziotti, ha cercato di rimuovere a forza le transenne che impedivano il passaggio dei veicoli, rifiutandosi di obbedire agli ufficiali che gli intimavano di non farlo. Un funzionario della contea, Zhang Guizhou, presente sul posto, ha estratto allora il suo telefonino per filmare quanto stava accadendo e documentare il rifiuto dei due di rispettare le disposizioni del governo. A quel punto il condannato, che secondo il racconto successivo dei poliziotti presenti dava la chiara impressione di trovarsi in uno stato di grande agitazione e in preda al panico, ha tirato fuori un coltello a serramanico e ha cominciato a pugnalare Zhang più volte al petto. L’uomo ha poi assalito anche Li Guomin, un funzionario distrettuale presente al checkpoint, che era intervenuto in soccorso del collega, accoltellando anche quest’ultimo ripetutamente. Sia Zhang che Li sono morti più tardi in ospedale per le ferite riportate.

“Nel tentativo di fuggire dalla quarantena imposta dalla Stato, il condannato ha causato la morte di due persone. Tale comportamento va considerato omicidio intenzionale ”, ha dichiarato in una nota la corte del popolo intermedio di Honghe Hani e la prefettura autonoma di Yi.

 

Jianguo aveva già una precedente accusa di aggressione, quindi l’attacco al posto di blocco è stata la seconda offesa in cinque anni e ha fatto di lui un recidivo. Un’aggravante molto seria secondo l’inflessibile sistema giudiziario cinese, risultata decisiva in questo caso per motivare la decisione di emettere la sentenza di morte, malgrado l’uomo si sia dichiarato profondamente pentito del suo gesto – come riportano i verbali del processo – e abbia dichiarato più volte di avere “perso la testa per il terrore di venire rinchiuso in un ospedale” e di venire così “infettato dal virus mortale”, queste le sue parole.

I governi locali in tutto il paese hanno imposto restrizioni sulla maggior parte del traffico dalla fine di gennaio, quando i rapporti sulla rapida diffusione del coronavirus hanno iniziato a emergere in Cina, e lo scorso 15 febbraio un avviso emesso dal governo ha decretato che nascondere intenzionalmente o riportare in modo errato i sintomi legati al coronavirus costituisce un reato, che potrebbe comportare la pena di morte. Anche nascondere di avere viaggiato nelle zone isolate costituisce reato e qualsiasi residente responsabile di diffondere ulteriormente il virus COVID-19 può essere accusato di “messa in pericolo della sicurezza pubblica mediante mezzi pericolosi” un crimine, ha scritto il quotidiano ufficiale Beijing Daily, che può comportare un minimo di 10 anni di reclusione, e “nei casi più gravi anche la pena dell’ergastolo o la condanna a morte”.

di Marco Lupis per  www.huffingtonpost.it