giunta RaggiPer alcuni si tratta solo di quella “maggior condivisione” invocata a lungo dai consiglieri e promessa dalla sindaca dopo l’arresto di Raffaele Marra e la crisi di governo; per altri (i più maligni) di una sorta di “commissariamento” della sindaca. Di certo nell’ultimo mese sono cambiate tante cose in Campidoglio: adesso Roma è molto più vicina a Genova e Milano.  “Ora le cose vanno meglio: le acque si sono un po’ calmate e il clima è più disteso…”, è l’impressione più o meno concorde che filtra sia dagli uffici del Comune, sia dagli ambienti romani del Movimento 5 stelle. “C’è più dialogo, lavoriamo di gruppo”.

Per alcuni si tratta solo di quella “maggior condivisione invocata a lungo dai consiglieri e promessa da Virginia Raggi dopo l’arresto di Raffaele Marra e la crisi di governo; per altri (i più maligni) di una sorta di “commissariamento” della sindaca. Di certo nell’ultimo mese sono cambiate tante cose in Campidoglio: adesso Roma è molto più vicina a Genova e Milano, a Beppe Grillo e Davide Casaleggio. Un filo diretto che parte dal vicesindaco Luca Bergamo e dal capogruppo Paolo Ferrara, passa dagli assessori Colomban e Montanari e arriva ai parlamentari Bonafede e Fraccaro. Non proprio un nuovo “mini-direttorio”, ma quasi.

In fondo questa era una delle condizioni fondamentali dell’accordo che aveva permesso alla Raggi di salvare la sua amministrazione dopo la crisi a metà di dicembre: “Si va avanti, ma in maniera diversa”. Ovvero smantellando il “Raggio magico” che ha determinato quasi tutto nei primi sei mesi di mandato: ed in effetti con Marra tutt’ora in carcere e Salvatore Romeo allontanato, dei “quattro amici al bar(come il nome della chat privata acquisita dalla procura, che agita ancora il M5s) è rimasto solo Daniele Frongia, declassato da vicesindaco ad assessore allo sport (ruolo che però gli permette di continuare a partecipare alle riunioni di giunta e trattare il delicato dossier del nuovo stadio della Roma). Oltre ovviamente alla stessa sindaca, pure lei leggermente defilata e meno autonoma. Adesso le decisioni vengono prese in un altro modo, con altre persone.

In particolare non è passata inosservata la presenza fissa a Palazzo Senatorio di due parlamentari del Movimento 5 stelle: i deputati Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede, responsabili degli enti locali all’interno del gruppo. “Aiutano tanti Comuni da anni”, ha spiegato la Raggi. In realtà il loro è diventato qualcosa in più di un semplice sostegno occasionale: “Vengo qui ogni giorno, non c’è un tema preciso”, ha ammesso Bonafede. Entrambi avvocati, supervisionano gli atti e partecipano alle riunioni più importanti; le stesse a cui fino a ieri presenziava spesso e volentieri Raffaele Marra, ben al di là di quanto avrebbe suggerito il suo ruolo ufficiale di direttore delle Risorse umane. Controllori, tutor, semplici elementi di raccordo con i vertici del Movimento (con cui c’era stato poco dialogo in passato): le versioni sono differenti. Sicuramente il baricentro dell’amministrazione capitolina si è spostato verso nord.

Lo dimostrano anche le ultime nomine: gli ingressi più recenti, e anche più influenti, non sono stati decisi a Roma. Legato a Casaleggio è Massimo Colomban, l’uomo delle partecipate che è stato anche vicino a diventare vicesindaco: lui ha preferito restare al suo posto e per quella poltrona è stato scelto Luca Bergamo (“persona seria”, col placet dei parlamentari), ma intanto ha aumentato il suo peso nella squadra di governo. Da Beppe Grillo, invece, viene il nome di Pinuccia Montanari, che ha sostituito Paola Muraro all’Ambiente e si occuperà della partita dei rifiuti. Sono loro i due assessori più importanti della giunta e rispondono direttamente al garante; in “quota Raggi” è rimasto solo Andrea Mazzillo al Bilancio. Completano il quadro i lombardiani Paolo Ferrara e Marcello De Vito: il capogruppo (è stato lui a parlare con Grillo nei giorni della crisi di dicembre) e il presidente d’assemblea Capitolina sono tornati al centro dell’azione amministrativa, dopo una fase di isolamento ad inizio autunno. Era il periodo di massima emancipazione della Raggi, che era riuscita a liberarsi dell’ombra di Paola Taverna e del mini-direttorio.  In tre mesi la sindaca ha dilapidato tutto il suo credito e ora deve convivere con una nuova cerchia di “consiglieri” (comunque più gradita di quella precedente). Nelle intenzioni dei vertici del Movimento, la messa a punto di una macchina di governo più allargata e strutturata dovrebbe servire anche ad assorbire il colpo del possibile arrivo di un avviso di garanzia. Chissà se la presenza di un paio di parlamentari in Campidoglio basterà per gestire tutta la pressione di un’eventuale indagine a carico della Raggi.

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