capture 091 20022021 082308Il medico, primario della Infettivologia dell'ospedale di Legnano, a ruota libera sulla covid-19. Nessuna chiusura, ma tanta serenità nei comportamenti e parecchia prudenza nel proteggersi adeguatamente


Dall’ospedale di Legnano nessuna notizia sulla diffusione del virus e sull’emergenza che ha fatto riaprire due reparti covid in area medica, medici sempre meno disposti a rilasciare dichiarazioni, ma in soccorso del giornalista deciso ad informare i lettori con certezze e rassicurazioni arriva  il sindaco di Seregno, Alberto Rossi, che in video conferenza intervista per oltre un’ora il dr. Paolo Viganò, direttore dell’unità operativa di Malattie Infettive dell’Ospedale legnanese.

Con la solita vivacità espressiva, trasparenza nel confronto, chiarezza nella esposizione l’argomento covid-19 vienre così affrontato a 360 gradi. Un’intervista sui social seguita anche da 500 utenti contemporaneamente che hanno apprezzato così tanto il medico da definirlo il “Ferragni di Seregno”, per l’abilità di coinvolgimento.

«Non possiamo richiudere tutto, non possiamo chiudere le scuole, non possiamo chiudere la sanità, perchè la vita continua. E deve continuare con la garanzia di servizi sanitari in una situazione attiva, non di chiusura come in primavera – così il dr. Viganò -. La logica vuole che le nostre rianimazioni vengano liberate da malati di coronavirus e siano trasferiti nei padiglioni della Fiera di Milano. Così le rianimazioni rimangono disponibili per la loro attività di diagnosi e cura normali. L’impegno deve essere orientato a tenere aperte le cardiochirurgie, le neurochirurgie e tutta l’altra parte della sanità. C’ è sempre però un aspetto negativo: il personale. In Fiera infatti dovremo mandare personale esperto e così perderemo nei nostri ospedali rianimatori e anestesisti».

Ci stiamo rendendo conto che il virus durante l’estate si è diffuso in forma più grave di quanto pensassimo: «Esatto. Pensavamo che l’attuale fase arrivasse verso la fine di novembre. Ma non diamo colpa alla scuola. E’ tutto un insieme di cose – spiega il primario -. A giugno, siamo usciti dalla trincea. Siano tornati a vivere. Se stavamo in trincea, i proiettili con ci avrebbero raggiunti, però alla fine avremmo potuto morire morsicati dalle zecche e succhiati dai pidocchi. Se usciamo dalla trincea anche armati di elmetto, qualche ferita la subiamo comunque. Però è comunque meglio saltare dalla trincea e vivere, che restarci e morire di inedia».

 

L’uso, meglio l’abuso, della ricerca di un tampone per assicurarci la negatività «non dà garanzie di salute.  Il tampone fatto a tutti va bene per il giro d’Italia, per le partite di calcio. Il tampone fa la fotografia nel momento preciso in cui viene eseguito. Per questo, il paziente con sintomi va visitato, altrimenti finiamo come Alberto Sordi alla clinica Terzilli. Anche il tracciamento andava bene al mese di luglio, adesso non ce la facciamo più, perchè il numero dei pazienti positivi sta crescendo in maniera esagerata. A Legnano, oggi abbiamo processato più di 900 tamponi. La gente deve capire che se ha la febbre, la tosse o problemi vari deve mettersi in casa tranquilla e fare un’auto-quarantena. Subentra, così, una responsabilità personale che è ancora più impegnativa quando decidiamo di non chiuderci in trincea ma di vivere. Io sono convito che dobbiamo vivere la nostra vita normale e nello stesso tempo proteggerci».

«Bisogna vivere, bisogna vivere, gli anziani chiusi in casa vanno in depressione – incalza il dr. Viganò -. Facciamo in modo che ci sia un rischio calcolato, Certo, il nonno non deve andare al circulin a giocare a carte tutta la mattina ma deve avere occasioni per socializzare anche solo attraverso una passeggiata. E parliamo anche del lavoro a casa. La macchinetta del caffè in ufficio, che io non apprezzo, ha comunque il suo ruolo e offre momenti di aggregazione utili al lavoratore nella sua pausa, che non può avere a casa nella stessa modalità».

Un discorso analogo vale per i giovani che hanno bisogno della scuola «perchè chiusi in casa si abbruttiscono. Se la scuola è chiusa e la società è aperta, i ragazzi si trovano comunque da qualche altra parte. Anche da un punto di vista di igiene sono  più protetti a scuola, che nelle piazze e nei loro ritrovi, dove sicuramente la pulizia è sicuramente garantita. Mandiamo i ragazzi a scuola ben vestiti e lasciamo areare bene gli ambienti. Sulla didattica a distanza, poi, abbiamo scherzato in passato sul CEPU e adesso la approviamo a pieni voti. Va bene fino a un certo punto. Potrebbe andar bene per alcune facoltà universitarie, ma già al liceo la vedo male. Impossibile per elementari e medie».

Il vaccino? Non è così vicino. Il dr. Viganò è categorico: «Per stroncare l’epatite B, sono stati necessari 10 anni per trovare il vaccino. Non si lavora più come una volta, d’accordo, ma è impensabile credere che in 6 mesi possiamo averne uno per il Coronavirus. Gli studi sono studi, occorrono prove e controprove. Per sapere se un vaccino funziona, bisogna aspettare qualche anno e vaccinare un sacco di gente. Non voglio essere quello che mette dubbi in ogni parte, ma per avere certezze sul vaccino, dobbiamo essere proprio sicuri».

«Via la paura, spazio a prudenza e serenità. Mascherina, distanziamento, igiene», l’appello finale del medico, sostenuto nella conversazione dall’amico sindaco e da oltre un centinaio di commenti tutti indirizzati a pensieri postivi in un momento in cui la parola suona con effetto preoccupante, ma non qui. Perchè il medico, pur nella gravità di certe espressioni, ha saputo rassicurare e offrire spunti utili per affrontare questa crisi socio-sanitaria. Peccato che, a breve, raggiungerà la meritata pensione e Legnano perderà un virologo, e una persona, di assoluto spessore medico e umano.

di  per www.legnanonews.com