capture 028 06032021 115452Il regime cinese ha messo in moto una grande macchina di comunicazione, per far dimenticare alcune cose e evidenziarne altre.

Dalle parti di Pechino non devono aver preso bene la decisione di Donald Trump di riferirsi al Coronavirus come il “virus cinese”. Una definizione che scarica in una sola direzione la responsabilità della diffusione della malattia (la cui pericolosità gli Stati Uniti hanno compreso molto tardi) e si scontra direttamente con la strategia contraria perseguita da Pechino: cancellare dal pianeta l’idea che la pandemia sia “colpa” della Cina.

Al contrario, approfittando della situazione ormai quasi sotto controllo (fatto salvo il rischio ricaduta), Xi Jinping ha le idee molto chiare su quale sia l’obiettivo da perseguire: presentare la Cina come un esempio di solidarietà e un modello da seguire per chiunque voglia sconfiggere l’epidemia, offuscando quanto più possibile il fatto che il Coronavirus si sia diffuso partendo dalla Repubblica Popolare anche a causa del colpevole ritardo con cui le autorità hanno riconosciuto ufficialmente ciò che stava avvenendo.

I mezzi per riuscire in questa difficile impresa sono, in patria, i media di stato. Ma a livello internazionale è ai social media occidentali che la Cina sta affidando la comunicazione, spronando i suoi diplomatici sparsi ai quattro angoli del globo a iscriversi a Twitter e altre piattaforme vietate in patria per diffondere il più possibile il messaggio giunto direttamente da Pechino. Che, sintetizzato al massimo, recita così: se c’è una cosa per cui la Cina va ricordata, è l’efficacia della sua risposta e la solidarietà internazionale dimostrata.

 

La ragione per cui puntare dritto in questa direzione è chiara: il mondo si trova sul baratro di una recessione globale, le cui origini potrebbero venir rintracciate in alcune decisioni prese dal regime cinese. La priorità di Xi Jinping è evitare – Donald Trump permettendo – che questa narrazione si sedimenti.

Tra i vari punti che Pechino vuole sottolineare, segnala Axios, ce n’è uno che sembra particolarmente difficile da far digerire: “Sebbene il Covid-19 sia stato scoperto in Cina, questo non significa necessariamente che sia originario della Cina”, ha per esempio dichiarato il 27 febbraio Zhong Nanshan, scienziato che collabora con il governo di Pechino.

E adesso il corpo diplomatico cinese, anche tra i suoi massimi gradi, sta promuovendo su Twitter la stessa identica narrazione, segnalando inoltre in alcune email come i media occidentali stiano “politicizzando il Coronavirus indicando che sia originario della Cina”. Ovviamente, nessuno può escludere al 100% che il Coronavirus sia stato importato in Cina da qualche altra parte del mondo, ma fino a oggi tutti gli studi scientifici hanno individuato in Wuhan l’epicentro dell’epidemia, senza che nessuno trovasse evidenze di un’origine differente.

Un altro punto cruciale, da promuovere il più possibile, è che la risposta cinese all’epidemia ha fornito una guida da seguire a tutte le altre nazioni, come sottolineato ancora una volta su Twitter dal ministro degli Affari Esteri. Allo stesso scopo contribuiscono anche i numerosi articoli prodotti dalle agenzie di stampa governative, come Xinhua, tutti incentrati a mettere in una luce positiva l’efficace intervento cinese. Una narrazione che si sta effettivamente facendo largo nel mondo e che ha preso piede anche in Italia. Ma per quanto sia innegabile che la quarantena rigidamente imposta da Pechino abbia sortito effetti, non si può dimenticare che è stato il colpevole ritardo – alcune settimane – con cui il governo ha ammesso la gravità del problema ad aver contribuito alla diffusione del virus a livello globale.

Un altro aspetto che è sotto gli occhi di chiunque è la volontà della Cina di portare il suo aiuto in tutto il mondo. Partendo dall’Italia, come ha mostrato il video pubblicato su Facebook dal nostro ministro degli Esteri che documentava in diretta lo sbarco dell’aereo cinese carico di medici, ventilatori, mascherine e altro materiale medico. Un aiuto apprezzatissimo che ha ricevuto anche le lodi dei massimi vertici dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. E che stride terribilmente con la scarsa solidarietà mostrata fino a oggi tra le nazioni occidentali e anche all’interno della stessa Unione Europea.

Mentre l’ambasciatore cinese alle Nazioni Uniti dichiarava – come riporta Politico – che “un amico si vede soprattutto nel momento del bisogno”, le nazioni europee ignoravano platealmente le richieste della Commissione Europea di inviare equipaggiamento e forniture mediche ai paesi più in stato di necessità. Mentre gli Stati Uniti cercavano di acquistare l’azienda tedesca che sta lavorando a uno dei più promettenti progetti di vaccino, il solo Jack Ma (fondatore di Alibaba) inviava negli USA un milione di mascherine e centinaia di migliaia di tamponi (che arriveranno a Seattle lunedì prossimo).

La Cina avrà anche contribuito alla diffusione del virus, ma dopo aver mostrato di saper gestire un’epidemia in tempi relativamente rapidi ora sta anche mostrando al mondo intero una generosità di cui altrove non si rilevano segnali. E in questo modo la sua grande campagna di comunicazione per riscrivere la storia del Coronavirus diventa ogni giorno più efficace.

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