capture 010 09042021 100639Oltre al danno, la beffa. Non solo gli Stati Uniti sono preoccupati per l’ascesa della Cina, un avversario sempre più temibile ogni giorno che passa, tanto in campo economico quanto in quello militare. Washington deve fare i conti anche con una clamorosa “falla” che sta compromettendo la propria sicurezza nazionale. La stessa che, secondo un’inchiesta del Washington Post, avrebbe consentito a Pechino di costruire, nel corso degli anni, sistemi d’armi avanzati e ultra avanzati sfruttando, legalmente, software made in Usa.

Tutto ruota attorno a una particolare tecnologia dei chip americana. Grazie a un software statunitense, e senza violare alcuna norma internazionale, la Repubblica Popolare è in grado di costruire chip per computer teoricamente adattabili anche a fini militari. Per capire meglio la situazione dobbiamo parlare della Phytium Technologyun’azienda cinese che progetta minuscoli chip grazie al contributo di macchinari di precisione americani. Fondata nel 2012, quartier generale a Tianjin, filiali a Pechino e Guangzhou, Phytium si presenta all’esterno come una società commerciale che sogna di trasformarsi in un gigante globale dei chip, proprio come Intel.

 

L’azienda sarebbe però coinvolta una partnership con il China Aerodynamics Research and Development Center (CARDC), ovvero il più grande istituto di ricerca e test di aerodinamica presente in Cina, a sua volta coinvolto nello sviluppo della tecnologia dei missili ipersonici. Il paradosso appare adesso più chiaro. Una normalissima azienda cinese produce chip utilizzando software americano. Il problema, per la Casa Bianca, è che quella stessa azienda, grazie alla presunta collaborazione con il CARDC, destinerebbe i suoi prodotti e il proprio know how a fini militari.

Un nodo spinoso

Gli Stati Uniti si trovano di fronte a un nodo spinosissimo. Anche perché definire, pezzo per pezzo, la catena di approvvigionamento high-tech globale è un’impresa ai limiti dell’impossibile. E, altrettanto impossibile, è avere la certezza che banali chip per computer – teoricamente utilizzabili in un banale data center commerciale – non vengano impiegati per alimentare supercomputer militari. Proprio come quelli usati dalla Cina per creare armi sempre più moderne.

Gli Stati Uniti potrebbero subito interrompere il flusso di tecnologia made in Usa diretto verso le aziende cinesi più ambigue. Questa è una possibilità, certo. Per altro sondata a suo tempo anche dall’amministrazione Trump. Il guaio è che un’azione del genere danneggerebbe le aziende americane coinvolte nella vicenda. Intanto i controlli sulle esportazioni dei prodotti nuocerebbero ai profitti delle società americane; dopo di che, a fronte di una situazione del genere, la Cina cercherebbe alternative altrove e svilupperebbe autonomamente le proprie industrie. Come del resto sta già iniziando a fare da qualche anno.

Le ombre su Phytium

La Cina importa ogni anno semiconduttori per un valore di oltre 300 miliardi di dollariUna delle priorità dell’ultimo piano quinquennale realizzato dai leader cinesi è proprio quello di puntare sui semiconduttori per garantire un adeguato sviluppo nazionale. Un settore, questo, altamente strategico e legato a vari ambiti, dal calcolo quantistico all’energia pulita. Basti pensare che nel 2019 il presidente cinese Xi Jinping ha visitato proprio la sede Phytium a Tianjin, ricordando, in quell’occasione, di quanto fosse importante sviluppare un’innovazione indigena sul tema dei chip (e non solo).

Dal canto suo, Phytium afferma di essere “un fornitore leader di chip core indipendente”. L’azienda vende microprocessori per server e videogiochi, anche se – stando sempre a quanto riferisce il Washington Post – i suoi azionisti e principali clienti sarebbero lo Stato e l’esercito cinese. E qui riemerge il nome CARDC. A Mianyang, una città situata nel Sichuan, sorge questo centro cinese di ricerca sulle armi. Secondo fonti americane, la struttura sarebbe coinvolta nello sviluppo di armi ipersoniche, il jolly che potrebbe assicurare alla Cina il sorpasso militare sugli Stati Uniti. Già, perché avere missili capaci di viaggiare a velocità ipersoniche fa sì che praticamente nessun sistema di difesa missilistica possa prevenire eventuali attacchi. Un missile del genere, infatti, potrebbe raggiungere un obiettivo in pochi minuti, e non in un paio d’ore come nel caso dei missili da crocera convenizionali.

A detta degli esperti di Washington, Pechino potrebbe prendere di mira le navi della Marina e le basi aeree Usa dislocate nel Pacifico. Ma che cosa c’entra Phytium? Nel maggio 2016 CARDC ha presentato un supercomputer di ultima generazione usato per la progettazione aerodinamica di missili ipersonici e altri veicoli. Ebbene, pare che i calcoli realizzati da quello strumento fossero stati realizzati da chip serie 15000 e 2000 sfornati da Phytium. E quindi, indirettamente, anche grazie alla tecnologia americana.