Igor fuggeDue mesi di caccia, una delle più costose della storia: tutto inutile. E ora non si vedono più neanche le retate. Magari prima che abbiate finito di leggere questo articolo Igor verrà preso, il pessimismo che si respira nella vasta pianura da Budrio al mare sarà smentito nel migliore dei modi, e tutta Italia potrà festeggiare la fine dell'incubo. Speriamo. Per il momento però bisogna stare ai fatti. E i fatti dicono che dopodomani saranno passati due mesi dal primo omicidio compiuto da Igor Vaclavic, l'uccisione del barista Davide Fabbri. Due mesi di caccia all'uomo, la caccia più massiccia e costosa della storia d'Italia. Ma Igor non si trova.

E inevitabili, inesorabili, crescono parallelamente la sfiducia della gente e il disarmo dell'apparato. È brutto dirlo, e il desiderio è quello di venire smentiti a breve: ma per adesso ha vinto Igor.

«Il dispositivo operativo è lo stesso di un mese fa, nessuna riduzione» dicono a Molinella, alla caserma dei carabinieri che è dall'inizio il quartiere generale della caccia. Tre blindati del Tuscania, il reggimento paracadutisti dell'Arma, parcheggiati in cortile, dicono che i reparti speciali sono ancora qui, non hanno mollato. Hanno mollato i giornalisti, che in aprile assediavano la caserma, e ieri non ce n'era più neanche uno: questo è il minore dei mali. Ma ha mollato anche lo Stato. Alla metà di aprile, nei giorni caldi della caccia, non c'era incrocio di strade che non avesse un posto di blocco. Ieri, in tutta la vasta piana che va verso Est e verso Nord, solo due posti di blocco: uno a Campotto, al ponte sul Reno, uno a Traghetto, verso il paese che le voci danno come ultimo avvistamento, Ospital Monacale. Ma gli stessi carabinieri che presidiano gli incroci, gravati dai giubbotti antiproiettile nella campagna arroventata dall'anticiclone, hanno l'aria di non crederci più. E purtroppo a non crederci più è la gente comune. Un mese fa avevano paura, e c'era chi lasciava il cibo sull'uscio perché Igor potesse sfamarsi senza fare irruzione. Oggi la pizzaiola di Ospital Monacale smadonna contro la grande caccia: «La piantassero, hanno rotto le scatole, quello ormai chissà dov'è».

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dall'articolo di Luca Fazzo per ilgiornale.it

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