rifiuti industriali 675Anci in pressing sul governo dopo che il tribunale amministrativo del Lazio ha fissato una scadenza a 4 mesi entro i quali il ministero dell'Ambiente deve prendere una decisione su chi debba smaltire l'immondizia di industrie e centri commerciali. Ma i sindaci potrebbero ritrovarsi mancati introiti che li spingerebbero a alzare le tariffe fino al 60 per cento. Tutti li vogliono. I Comuni che temono che gli venga a mancare un’entrata e debbano decidere aumenti della tariffa di igiene urbana dal 20 al 60 per cento, le imprese private che trattano immondizia perché significherebbe lavorare e guadagnare di più. Sui rifiuti delle industrie e dei centri commerciali è guerra aperta, con il ministero dell’Ambiente stretto tra l’incudine e il martello e per giunta in ritardo non più giustificabile: il conflitto tra Comuni e imprese si gioca infatti sul fatto che una norma doveva essere scritta dal governo venti anni fa ma è sempre stata rimandata.

Fino all’aprile scorso quando una sentenza del Tar del Lazio ha fissato una nuova scadenza: “Basta perdere tempo, il ministero deve fare il suo dovere entro quattro mesi, dettando le regole per stabilire a chi spettano quei rifiuti”. E così, mentre di mesi ne è già passato uno, l’Anci ha iniziato a tremare: perché se fino ad oggi gli enti locali avevano praticamente mano libera nel decidere quali scarti commerciali e industriali gestire insieme agli urbani, facendo di conseguenza pagare la bolletta a tutte queste utenze non domestiche servite, ora le cose per i Comuni potrebbero cambiare. E, stando alle indiscrezioni, non in meglio.

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