capture 134 06052021 085346ALL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE NON PIACCIONO GLI SCACCHI: YOUTUBE SOSPENDE IL CANALE DI ANTONIO RADIC PER “RAZZISMO”

Guai per gli scacchisti su YouTube: “bianco” e “nero” sono parole proibite.

Il 28 giugno scorso YouTube aveva bloccato l’account di Antonio Radic, meglio noto come Agadmator, per contenuti offensivi.

Il blocco della scorsa estate è durato solo 24 ore ma YouTube non ha fornito spiegazioni in merito all’oscuramento dell’account.

Il problema è che Radic è lo scacchista più seguito al mondo: il suo account conta ben un milione di iscritti. Nei suoi video di commento alle partite, vengono citati ovviamente due termini che ormai sono diventati tabù: “bianco” e “nero”.

 

Antonio Radić è uno YouTuber croato e giocatore di scacchi che ospita un canale di scacchi chiamato Agadmator Chess Channel. A partire dal 2021, il suo canale è il canale di scacchi più popolare su YouTube, superando 1.000.000 di abbonati il ​​7 febbraio 2021.

Secondo quanto riferito dal «Daily Mail», due ricercatori, Ashique R. KhudaBukhsh e Rupak Sarkar della Carnegie Mellon University, credono di aver capito il motivo: l’intelligenza artificiale di

«YouTube potrebbe aver interpretato male una conversazione sugli scacchi come linguaggio razzista».

«Non sappiamo quale strumento venga usato da YouTube ma queste cose possono accadere se ci si basa sull’intelligenza artificiale», ha spiegato KhudaBukhsh.

Per dimostrarlo, i due ricercatori hanno preso due dei più noti software programmati per scovare l’“hate speech” e li hanno testati sottoponendo loro 680 mila commenti raccolti da cinque canali YouTube dedicati agli scacchi. Ne hanno poi scelti mille che erano stati segnalati come inappropriati da almeno uno dei programmi e li hanno controllati di persona. Il risultato è stato netto: l’82 per cento non conteneva alcun riferimento razzista, solo il gergo tipico del gioco degli scacchi.

La precisione del software dipende dagli esempi forniti, ha spiegato KhudaBukhsh, e l’algoritmo di YouTube

«probabilmente include pochi esempi di discorsi sugli scacchi, che portano a una classificazione errata».

Le derive del Black Lives Matter

Questo bizzarro episodio rientra in un momento di furia iconoclasta e antirazzista indetta dal Black Lives Matter: il movimento nato in seguito all’uccisione di George Floyd ha decretato la messa al bando di film perché considerati razzisti, sessisti, omotransfobici, («Variety», la rivista-culto americana per gli appassionati di cinema di tutto il mondo, ha pubblicato una lista di dieci film giudicati “pericolosi” da Via col Vento a Forrest Gump), opere letterarie (da Dante a Lovecraft), termini ritenuti razzisti e atti vandalici di talebana memoria.

Emblematico l’abbattimento di statue come quelle di Colombo, ritenuto il simbolo del genocidio dei nativi americani, e più in generale la rimozione dei monumenti di personaggi storici controversi e legati al razzismo e al passato coloniale.

Ciò ha generato una vera e propria psicosi che ha investito anche i Paesi oltreoceano e ambiti inaspettati, imbrattando o sfregiando statue (come quella di Indro Montanelli a Milano e quella di Churchill a Londra), modificando ancora una volta la lingua e vietando l’utilizzo di termini tabù.

Parole proibite

L’Oréal, la multinazionale della cosmesi, ha deciso di cancellare la parola “bianco” e “sbiancante” dai suoi prodotti: la decisione arriva dopo quella della filiale indiana del gruppo Unilever che ha scelto di ribattezzare la sua crema sbiancante per la pelle commercializzata con il nome di “Fair & Lovely”, per puntare a un modello più “inclusivo”. Anche la Johnson & Johnson ha confermato ai media che non venderà più il siero sbiancante “Fine Fairness” della Neutrogena, ma lo sostituirà con un idratante dell’indiana Clean & Clear, che si chiama “Clear Fairness Cream”.

Il delirio antirazzista ha investito anche Git-Hub, la community degli sviluppatori informatici, popolata da programmatori di Apple, Microsoft, Google, Twitter, Facebook e sulla quale si caricano codici sorgente e si dibatte di vari temi su appositi forum di discussione. Dal quartier generale è partita la decisione di abolire il termine tecnico “master”, impiegato nei software, perché troppo attinente allo schiavismo.

LinkedIn, accogliendo l’appello di una utente ha preso in considerazione l’idea di sostituire i termini “whitelist” e “blacklist” (lista bianca e lista nera) in quanto avrebbero connotazione razzista.

Anche Twitter e l’ideatore della famiglia di sistemi operativi Linux, Linus Torvalds, hanno stilato alcune linee guida con termini più “inclusivi” proibendo alcuni termini nei linguaggi di programmazione dei computer: niente più “master”, “slave” e “blacklist” nei codici.