capture 047 13052021 111400Da Palermo fino alla Capitale, Prestipino è stato l'eterna "spalla" del collega più anziano

Lo scandalo Palamara il 4 marzo 2020 porta Michele Prestipino sulla poltrona più ambita e più «politica» delle procure italiane. Quella che «vale tre ministeri», diceva l'andreottiano Franco Evangelisti.

Il braccio destro di Giuseppe Pignatone sembrava fuori dalla corsa, perché nella famosa notte dell'hotel Champagne le correnti dell'ex presidente dell'Anm Luca Palamara, Unità per la Costituzione e del magistrato ora deputato renziano Cosimo Ferri, Magistratura Indipendente, puntarono sul Pg a Firenze, Marcello Viola, nel nome della «discontinuità». Ma quando i loro piani vennero alla luce, partirono inchieste e processi disciplinari, l'accordo saltò e Prestipino arrivò al posto del suo amico e mentore Pignatone, con l'appoggio della sinistra di Area e di Autonomia&Indipendenza, di Piercamillo Davigo. Per 10 mesi, mentre la bufera spazzava la magistratura, era stato capo dell'Ufficio facente funzione, alla fine fu premiato.

Michele Prestipino Giarritta, nato nel 1957 a Roma da famiglia siciliana ed entrato in magistratura nel 1984, conosce l'allora aggiunto Pignatone quando arriva nel 1996 come sostituto a Palermo. Con lui 10 anni dopo cattura Bernardo Provenzano, latitante da 40 anni e nella Dda svolge indagini importanti, dallo scandalo delle «talpe» in procura alle connessioni tra mafia, politica e sanità. Nel 2020 segue a Reggio Calabria, come aggiunto, Pignatone diventato capo della procura e indagano sulla ndrangheta e sulle ramificazioni nel nord Italia e nel nord Europa. Arrivato a Roma nel 2013 con Pignatone, Prestipino conduce l'indagine su Mafia capitale e vive la delusione di vedere la Cassazione negare il carattere mafioso dell'organizzazione. Le indagini sugli Spada di Ostia portano a 150 anni di condanne, altre arrivano per i Fasciani, poi l'inchiesta sui Casamonica, l'altra su Diabolik alias Fabrizio Piscitelli e la Grande Raccordo Criminale. Sulle mafie di ieri e di oggi scrive anche due libri. Con Pignatone, sempre suo alter ego.

 

Nel libro-intervista con Alessandro Sallusti Il Sistema, Palamara racconta che, quando nel 2012 Pignatone arriva nella capitale, gli confida che con Prestipino al fianco vuole «cambiare l'agenda della procura di Roma, sterzare su grosse indagini contro la criminalità organizzata mafiosa, come aveva fatto a Palermo e poi a Reggio Calabria». Intende portare nella Capitale il suo amico fidato, dopo aver tentato senza successo di fargli prendere il suo posto in Calabria. Palamara dice di aver manovrato per assecondare Pignatone, dicendo all'altro aggiunto in corsa, Nicola Gratteri, che Prestipino è sostenuto dal suo ex capo. Quello, offeso, si ritira. Cerca di convincere anche Federico Cafiero de Raho a fare un passo indietro, senza riuscirci. Sarà lui il successore di Pignatone a Reggio Calabria e la missione di Palamara diventa spianare a Prestipino la strada per Roma. Nel 2013 arriva la nomina di aggiunto, ma il procuratore di Tivoli Luigi De Ficchy, che ha fatto domanda, ricorre al Tar sostenendo di avere più titoli di Prestipino. «Carte alla mano non aveva tutti i torti - dice Palamara nel libro -, ma il meccanismo delle nomine... prescinde dai curricula e segue altre logiche, molto discrezionali e legate a opportunità politiche, di potere e di appartenenza alle correnti». Nel 2015 De Ficchy perde il ricorso, ma poteva fare appello al Consiglio Stato e allora la parola definitiva sarebbe stata di Sergio Santoro. Palamara briga per mediare e racconta di una cena in casa Santoro, con Pignatone e Fabrizio Centofanti (che poi sarà arrestato dal primo proprio per l'inchiesta sul ras delle nomine). Il procuratore rinuncia al ricorso e Palamara afferma di essersi attivato per la sua nomina a procuratore Perugia, dove diventerà il suo grande inquisitore.

Prestipino, intanto, guida la procura di Roma, sempre stakanovista e determinato, con poco tempo per le sue due passioni, oltre la famiglia: la corsa e i libri di filosofia teoretica. Ma per poco.

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