capture 024 05072021 095711Roma, 3 lug – Non è la prima volta e non sarà certo l’ultima. Anche per questi Europei la sinistra ha ripreso a magnificare le squadre multietniche. Tra gli articoli più convinti – ma tutt’altro che convincenti – spicca quello del Corriere della Sera: «Perché il Belgio è così forte?», si è chiesto il solerte giornalista di via Solferino. Ma ovvio, perché è una «squadra multietnica», dove «le antiche differenze sono diventate l’arma in più». «La chiave», neanche a dirlo, «è stata il modello multietnico stile Francia 1998: oggi lo spogliatoio è multirazziale, la lingua comune l’inglese e la diversità è diventata virtù». Se a ciò aggiungiamo i continui inginocchiamenti di Lukaku & co., i «diavoli rossi» ci appaiono come una perfetta corazzata globalista.

Il bluff delle squadre multietniche

Peccato solo che Francia e Belgio, squadre multietniche e quotatissime, abbiano fatto la fine del Titanic: ritenute inaffondabili, sono invece colate a picco. I bleus hanno sbattuto contro lo scoglio svizzero (che non era propriamente un iceberg), mentre i «diavoli rossi», osannati dal coro globalista, sono stati speronati e presi a sculacciate dalla monoetnica Italia. E anzi non sorprende affatto che qualche cultore della «diversity» abbia accusato gli azzurri di essere «razzisti» in quanto «tutti bianchi». Spiaze, come direbbe il buon Simone Inzaghi.

Al di là della furia propagandistica del «Corrierone», è pero lecito porsi la domanda: ma sarà poi vero che le squadre multietniche sono le più forti? Da un punto di vista squisitamente atletico, è indubbio che avere giocatori africani è un vantaggio: sono geneticamente più veloci e possenti dei calciatori europei, perlomeno nella media. Eppure, da una prospettiva tattica, le squadre multietniche sono anche quelle più anarchiche: sia la Francia che il Belgio hanno raramente espresso un gioco corale, basandosi invece più sull’estro e le fiammate dei singoli. Al momento decisivo, però, Mbappé ha tradito, Lukaku è apparso troppo isolato, mentre Pogba è certamente il simbolo vivente di questa contraddizione: tecnicamente sopraffino ma anche troppo discontinuo, contro la Svizzera ha realizzato un gol spaziale, salvo poi farsi soffiare con leggerezza un pallone sanguinosissimo, che ha portato al pareggio degli elvetici e, di rimando, all’eliminazione.

A lezione di italiano

Insomma, come in tutte le cose, le squadre multietniche portano vantaggi e svantaggi: quello che guadagni in dinamismo atletico lo perdi in coesione e compattezza. E identità: non è un caso che nel Belgio multirazziale non si parli né fiammingo né vallone, bensì inglese, lingua franca per eccellenza. In questo senso, mentre il Corriere esaltava Francia e Belgio per il loro multiculturalismo, l’Équipe – il massimo quotidiano sportivo francese – ha aperto oggi in prima pagina con un titolo assai significativo: La lezione d’italiano. Gli azzurri infatti, forti della loro identità calcistica (ed etnica), hanno dominato e affossato il Belgio, che godeva dei favori del pronostico. E martedì l’Italia se la vedrà in semifinale con la Spagna, altra Nazionale monoetnica. Ci sarà da divertirsi

 di Valerio Benedetti per www.ilprimatonazionale.it