capture 076 11072021 092146Si chiama Judith Butler la filosofa americana che a partire dai primi anni Novanta ha divulgato la teoria gender. Una dottrina che punta a superare il sesso biologico. “In due libri dei primi anni Novanta – scrive Il Foglio che oggi le dedica un ritratto – Judith Butler ha presentato una nuova concezione del gender. C’è una moltitudine aperta di generi che non sono vincolati alla distinzione biologica tra donne e uomini. Il sesso per Butler non è un fatto anatomico, ma creato dalla parola”.  Un’idea confutata dalla filosofa Martha Nussbaum la quale scrisse che Butler sta ignorando la “sofferenza materiale delle donne affamate, analfabete, violentate, picchiate” a favore di una ossessione “narcisistica sull’autopresentazione personale”.

 

Butler pubblica il libro che la rende famosa nel 1990: “Gender Trouble”

Butler è nata a Cleveland (Ohio) da una famiglia russo-ungherese di origine ebraica. Nel 1990 ha pubblicato Gender trouble, in cui ha messo in discussione la naturalità dell’identità di genere, affermandosi come una delle maggiori esponenti della teoria queer. Vive attualmente con Wendy Brown, anche lei professoressa di Scienze politiche a Berkeley.

Un idolo degli attivisti gay

“L’immensa fama di Judith Butler, negli Stati Uniti e poi ovunque nel mondo, si spiega senza dubbio con il carattere di ‘ radicalità’ e ‘sovversione’ sotto il quale le piace presentare il suo lavoro” spiega al Foglio Jean- François Braunstein, docente di Filosofia alla Sorbona di Parigi e specialista di Foucault.  Braunstein le ha dedicato un capitolo di “La Philosophie devenue folle: le genre, l’animal, la mort“. “Si dice che Butler abbia messo fine alla visione tradizionale della sessualità basata sulla coppia eterosessuale e che abbia finalmente permesso la liberazione di identità sessuali che erano state dominate o represse fino ad allora. Judith Butler è quindi prima di tutto un idolo degli attivisti gay e lesbiche, ma anche degli attivisti queer e transgender. La sua incredibile popolarità è dovuta anche alla doppia natura della sua opera, sia politica che filosofica. Butler è sia un’attivista per tutte le cause femministe e gay sia una delle fondatrici della teoria queer, che mira a mettere in discussione le identità maschili e femminili, gay e lesbiche”.

Il linguaggio oscuro dei suoi libri

Butler usa anche un linguaggio volutamente oscuro, il che dà la sensazione al lettore di avventurarsi sui sentieri di una verità superiore. la quale poi si riduce a un assunto semplice: il sesso biologico non ci fornisce un’identità, semmai a fornircela è la sensazione che si ha di essere maschio o femmina. “In questo senso, Judith Butler – scrive da ultimo Il Foglio – fa parte di un profondo movimento di emancipazione, o più precisamente di evaporazione, del corpo che iniziò negli anni Cinquanta con lo psicologo John Money. E’ stato il primo a usare il termine ‘ genere’ per designare la sensazione che si ha di essere un ragazzo o una ragazza, indipendentemente da qualsiasi substrato biologico”.

Le obiezioni di Papa Ratzinger

E’ evidente che secondo le femministe classiche questa tendenza ormai dominante nei media e anche nelle università mira a destrutturare lo stesso concetto di “donna” mentre per il pensiero cattolico si tratta di un filone di pensiero ormai egemone che fa rotta verso il post-umano. Non a caso Joseph Ratzinger sta dedicando le sue ultime fatiche a uno scritto sul gender in cui contesta questa teoria partendo da un interrogatorio provocatorio. Come mai da un lato si difende la natura e dall’altro si avversa il sesso con il quale veniamo al mondo?

Judith Butler e le “azioni plurali”

Da ultimo Judith Butler si è occupata anche delle “azioni plurali” come forma di contestazione del potere. Nel libro “L’alleanza dei corpi” (Nottetempo), sposta dunque la sua attenzione dalle discusse teorie gender al tema delle “azioni plurali” compiute dai gruppi che interrogano/contestano il potere costituito occupando uno spazio pubblico. Il pensiero della Butler fonda una sorta di teoria sull’appropriazione dello spazio pubblico come forma di “resistenza” (ciò che è avvenuto per esempio in America dopo l’elezione di Donald Trump). Tra le modalità con cui si esprime l’azione plurale c’è anche il ricorso alla dialettica social che concorre a una rappresentazione alternativa a quella mainstream.

di Adele Sirocchi per www.secoloditalia.it