1626774176 219254493 335118114936609 7129006473715203766 nGli slogan sono sempre gli stessi. Come gli oltraggi, gli insulti e la violenza. Come l'odio che si riversa ogni anno attorno al 10 febbraio, il Giorno del Ricordo in cui si commemorano le vittime delle foibe e l'esodo degli italiani dall'Istria e dalla Dalmazia. È il livore della sinistra più becera, degli antifà per professione, che torna ciclicamente a farsi sentire. Come la scorsa domenica a Genova quando, alla testa del corteo per ricordare i vent'anni del G8, è apparso lo striscione "No foibe no party". Uno sfregio, l'ennesimo, a chi fu inghiottito, spesso ancora vivo, all'interno delle cavità carsiche dal 1943 in poi. Una provocazione, l'ennesima, senza alcun senso, se non quello di continuare a seminare odio, come sottolineato da Teresa Lapolla, consigliere municipale di Genova: "I soliti facinorosi hanno strumentalizzato questa giornata per fomentare l'odio con lo striscione 'No Foibe No party' che rappresenta un oltraggio e una vergogna inaccettabile. Carlo vive? L'idiozia pure. Ci troviamo di fronte all’ennesima situazione di negazionismo delle foibe, con il silenzio istituzionale della sinistra che continua a non prendere posizione di fronte ad azioni di questo tenore".

 

Ancora più duri Emanuele Merlino, presidente nazionale del Comitato 10 febbraio, e Carla Isabella Elena Cace, presidente dell'Associazione nazionale dalmata: "Sono sempre gli stessi nemici dell'Italia ed eredi di quella ideologia comunista che, lontano da ogni ideale di giustizia sociale, fu motivazione insanguinata per l'uccisione di milioni di innocenti in tutto il mondo. Non possiamo accettare che passino sotto silenzio queste dimostrazioni di intolleranza nei confronti degli italiani vittime del regime dittatoriale di Tito. Gettare persone ancora vive in una foiba, in guerra ma anche a conflitto ampiamente finito, non fu 'giustizia' ma, per citare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, "una persecuzione contro gli italiani, mascherata talvolta da rappresaglia per le angherie fasciste, ma che si risolse in vera e propria pulizia etnica, che colpì in modo feroce e generalizzato una popolazione inerme e incolpevole'". Secondo Merlino e Cace, "gli autori di questo gesto criminale devono essere identificati e processati in base alla legge Mancino che, ai sensi dell'art 604 bis del codice penale, punisce l'apologia di crimini di guerra e contro l'umanità fra i quali è, ovviamente, ricompresa la pulizia etnica. Per questo motivo abbiamo dato mandato ai nostri avvocati di denunciare, proprio ai sensi della legge Mancino, gli autori di questo gesto ignobile".

Una dura presa di posizione anche dall'Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd), tramite il presidente nazione Renzo Codarin: "Sdegno e profondo dolore per il gesto di quattro cretini che confermano ancora una volta di non conoscere la storia e che sembrano prenderci gusto a denigrare le sofferenze patite dai loro connazionali del Confine Orientale". Stesso tenore da parte di Massimiliano Lacota, dell'Unione degli istriani: "Uno striscione gratuito, esibito da chi nulla conosce delle nostre vicende. Non intendiamo dare alcuno spazio e visibilità a questo episodio, ed ai protagonisti, i quali rappresentano il nulla più assoluto".

Non è la prima volta che appaiono scritte simili nel capoluogo ligure. Lo scorso marzo, infatti, Genova antifascista aveva riempito la città di manifesti corredati dalla scritta "No foibe no party". Le stesse parole. Lo stesso odio di chi non ha idee. E ripete slogan vuoti.

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