Arrestateli. Fermateli. Bloccateli. Il focolaio Covid al sant’Eugenio non va sottovalutato come sta facendo la regione Lazio. Nella sanità locale sembra aver preso il sopravvento una follia inaspettata. Le Asl che comunicano come La Pravda di un tempo. Gli infettati (sanitari) che spariscono. L’ospedale che cancella i reparti focolaio. Ma se tutto questo fosse accaduto in una struttura privata e non all’interno di un antico gioiello pubblico come il Sant’Eugenio, che cosa sarebbe accaduto al titolare della ditta? Una vergogna inaudita si abbatte sulla sanità capitolina e i minimizzatori in servizio permanente effettivo si mettono all’opera per nascondere la polvere sotto il tappeto. Non disturbate il conducente, ma è un ospedale e non un autobus dell’Atac di quelli che ogni tanto vanno a fuoco.
Come ha raccontato sin da sabato scorso Il Tempo grazie al suo bravo collaboratore Antonio Sbraga, nel nosocomio dell’Eur è divampato un focolaio Covid. E già questo fa rabbrividire. L’azienda sanitaria ha tentato di porre riparo con comunicato dal sapore fasullo. E ancora ieri ci hanno riprovato. Il dubbio – o la certezza – che si parli di medici contagiati te lo fanno venire loro. Prima pretendevano di essere creduti quando parlavano di un solo positivo, “un paziente”. Poi la perla sul contagio nei reparti, negato nel primo comunicato. “Se fosse accaduto un anno e mezzo fa, con molta probabilità sarebbero stati ricoverati”.
Chi?
E vai con la mente proprio ad allora. Ma era al nord che ricoveravano a grappoli le persone. Adesso a Roma e si dice “sarebbero stati ricoverati”. Quindi non si parla di pazienti, quelli ricoverati lo sono già. Gli operatori sanitari spuntano alla fine della nota di ieri, per negare allarme. E invece no. Perché era stato proprio il direttore sanitario, Ermete Gallo, a segnalare il pericolo giorni orsono, come aveva denunciato Il Tempo: “Positività al tampone molecolare” sono state “riscontrate presso le aree di degenza di Medicina (nuclei D-E; B-C), geriatria e nefrologia”.
Quindi, l’ordine: sospendete i nuovi ricoveri; screening a tutto il personale interno e a quello delle ditte esterne; stop agli accessi di parenti e visitatori nei reparti; blocco dei trasferimenti dei ricoverati; sanificazione delle aree. Non è successo niente, direttore? Noi abbiamo la sensazione che ci siano state diverse anomalie sulle quali c’è il dovere della trasparenza.
1. Si è tentato inizialmente di spacciare per una sola unità – per di più un paziente – il caso di positività riscontrata. Ma è l’azienda, nelle sue note interne e non nei comunicati, a parlare di diverse positività.
2. Vorremmo sapere se invece ci si stia riferendo a medici e in generale di operatori sanitari non vaccinati, visto che si chiudono vari reparti.
3. È normale che lavorino non vaccinati mentre la legge sull’obbligo vaccinale per i sanitari è in vigore?
4. Oppure parliamo di sanitari per i quali è scaduta la protezione vaccinale e quindi la situazione rischia di essere ancora più grave di quanto si possa immaginare?
5. Non pretendiamo certo trasparenza dalla regione Lazio, ma se queste coincidenze si dovessero duplicare anche altrove saremmo di fronte ad un disastro di cui nessuno ci informa con certezza per la sicurezza di pazienti e operatori. Quanti ospedali rischiano la stessa situazione? La struttura pubblica nel Lazio è a rischio o possiamo stare tranquilli, Sant’Eugenio a parte?
E’ bene togliere i dubbi di fronte ad un modo di comunicare la realtà in modo palesemente fasullo. Per rassicurare la pubblica opinione è sufficiente dire la verità. C’è sempre una prima volta, presidente Zingaretti…