capture 026 24102021 111701 Tricolori al vento, sorrisi, canti e l’aria fiera del popolo libero. Decine di migliaia di ungheresi sfilano oggi a Budapest per commemorare la rivolta antisovietica del 1956. I manifestanti – presente anche una delegazione italiana dell’Ugl – marciano compatti, lungo il Danubio verso il centro della capitale d’Ungheria dove il premier Viktor Orban sta tenendo un discorso. Non si tratta soltanto di ricordare la spinta rivoluzionaria di una terra che non si è mai piegata alla propaganda e ai carri armati comunisti.

Budapest ricorda la rivolta del 1956. Orban: “Difendiamo anche oggi la nostra nazione”

Quello di oggi è anche un messaggio all’Europa, dal cuore dell’Europa. “Noi crediamo in un’Ungheria forte e indipendente”, dice Orban. “Noi difendiamo anche oggi la nostra nazione. Difendiamo i nostri figli, la nostra cultura, le nostre tradizioni, la nostra famiglia. Oggi come nel 1956, domani come oggi”. E ancora: “Avvertiamo i nostri nemici che vorrebbero svendere l’Ungheria a forze internazionali: noi non ci arrenderemo mai, noi non scapperemo mai. E vinceremo di nuovo”.

 

“Siamo l’incarnazione del 1956”

“La nostra storia millenaria ci ha insegnato a lottare per la nostra libertà”, scrive su Twitter Katalin Novák, ministro ungherese della Famiglia. “L’eredità del 1956 ci dice che non possiamo riposare comodamente, ma dobbiamo lottare costantemente per essere liberi. Siamo gli eredi della rivoluzione ungherese del 1956. Ancora oggi noi ungheresi siamo l’incarnazione del 1956”. Esattamente sessantacinque anni dopo la rivolta di un popolo che non poteva accettare la schiavitù sotto il segno di una stella rossa, di una falce e di un martello.

Un grido di libertà

Allora quel simbolo straniero andava rimosso, lo stesso con cui dieci anni prima qualcuno provò a sporcare il tricolore italiano. Qualcuno che poi dieci anni dopo, ben prima di godersi una dorata pensione da presidente della Repubblica, esprimeva tutto il suo entusiasmo per l’avanzata dei carri armati sovietici che repressero nel sangue il grido di libertà degli ungheresi. “In Ungheria l’Urss porta la pace”, scriveva il gendarme rampante dalle colonne dell’Unità. E invece no, l’Unione Sovietica portò solo il freddo della fame nel cuore imperiale della Mitteleuropa.

Eppure fu proprio allora che il grido di libertà dei giovani ungheresi, pur spezzato, riuscì a rompere la coltre. Era il secondo risorgimento magiaro, un secolo dopo il primo del 1848 contro gli austriaci invasori. La giovane Europa nasceva a Roma e a Budapest, sotto gli stessi colori di una bandiera il cui rosso non doveva rappresentare altro che il sangue dei martiri caduti per l’indipendenza nazionale. Oggi come allora: avanti ragazzi di Buda, avanti ragazzi di Pest.

di Eugenio Palazzini  per www.ilprimatonazionale.it