Mai come questa volta e in queste stesse ore il destino del governo è nelle mani e nella mente di Trump, che alterna messaggi di guerra a ultimatum di resa, che servirebbero agli Usa proprio per sottrarsi a un intervento diretto in Iran.
L'imbarazzo di Meloni, che ieri, di ritorno dal G7, ha cercato di prendere tempo, è evidente, così come quello del ministro degli Esteri Tajani.
Cosa succederebbe infatti se gli americani decidessero di partecipare direttamente al conflitto in Iran, e le loro basi italiane, e non solo dato che nel passato recente sono state usate anche le basi Nato, entrassero nei piani dell'intervento Usa?
GIORGIA MELONI CON DONALD TRUMP NELLO STUDIO OVALE
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Ma sul piano politico e per quanto riguarda gli effetti di una simile eventualità, è chiaro che il governo dovrebbe presentarsi al Parlamento per informare dei rischi e delle cautele prese per evitare, ad esempio, di beccarsi un missile iraniano, visto che gli Ayatollah, a giudicare dal discorso della guida suprema Khamenei a Teheran, non sembrano affatto disposti ad arrendersi senza condizioni.
La guerra in Iran, come quelle in Ucraina e in Medio Oriente, insieme con le divergenze su una materia delicata come la politica estera, stanno purtroppo non del tutto inaspettatamente diventando occasione di propaganda e di scontri polemici, tra governo e opposizione e non soltanto. All'interno della maggioranza infatti, è Salvini a distinguersi e ad aspettare al passo la premier di fronte a un'opinione pubblica spaventata dall'incubo della «Terza guerra mondiale a pezzi», come con lucidità visionaria l'aveva definita Papa Francesco.
da DAGOSPIA.com - Marcello Sorgi per “la Stampa” - Estratti