Attrici contro attrici nella battaglia contro le molestie sessuali, scoppiata lo scorso ottobre a partire dallo scandalo che ha travolto il produttore cinematografico Harvey Weinstein e si è poi esteso a ogni altro ambito lavorativo, dalla politica allo sport alla magistratura, con accuse a uomini di tutto il mondo.  A dieci giorni dalla notte dei Golden Globe, in cui le protagoniste di Hollywood hanno sfilato di nero vestite in sostegno alla campagna #metoo contro gli abusi, e in cui la star tv Oprah Winfrey ha lanciato il suo appassionato manifesto (da molti letto come il prologo di una sfida presidenziale a Donald Trump) puntando sul sogno di «una nuova epoca» in cui le donne possano denunciare, da Parigi arriva il secco distinguo di Brigitte Bardot, che bacchetta le colleghe accusandole di cercare il successo a tutti i costi per poi spacciarsi per vittime.

Un nuovo atto di accusa a pochi giorni dalla lettera, pubblicata su «Le Monde» e firmata da un centinaio di artiste e intellettuali francesi, fra cui Catherine Deneuve, dal titolo «Difendiamo la libertà di infastidire, indispensabile alla libertà sessuale».

«Ci sono un sacco di attrici che civettano con i produttori per ottenere un ruolo e poi, per far parlare di loro, vengono a dirci che sono state molestate» attacca BB, icona 83enne del cinema francese da decenni lontana dagli schermi, in un’intervista a «Paris Match». La denuncia di molestie sessuali, «a proposito delle attrici e non delle donne in generale», specifica forse memore della valanga di critiche che ha travolto la collega Deneuve, «è nella maggior parte dei casi ipocrita, ridicola, poco interessante». 

Nella lettera pubblicata su «Le Monde», le cento donne ammettevano che il caso Weinstein avesse contribuito a una «legittima presa di coscienza delle violenze subite dalle donne soprattutto in campo professionale, dove alcuni uomini abusano del proprio potere», ma condannavano «l’ondata purificatrice» innescata dal movimento #metoo, che sui social invitava le donne a denunciare (in italiano con l’hashtag #quellavoltache), sostenendo, tra l’altro, che «la libertà di importunare», e quindi di rifiutare, sia «alla base della libertà sessuale» e che non si debba esagerare con il drammatizzare uno «struscio» subito in metropolitana o un ginocchio toccato. Deneuve, criticata da molte donne, era poi tornata sul tema ribadendo le sue convinzioni ma chiedendo scusa «a tutte le vittime di atti odiosi che possono essersi sentite offese. È solo a loro che presento le mie scuse».

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dall'articolo di Elisabetta Pagani   per lastampa.it

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