«Noi non puntiamo il dito contro un singolo “molestatore”. Noi contestiamo l’intero sistema. Questo è il tempo in cui noi abbiamo smesso di avere paura». «Noi» sono 124 donne del cinema italiano che in una lettera-appello, intitolata «Dissenso comune», rompono collettivamente il silenzio sui casi Weinstein e sull’«iniquità» del mondo del lavoro nei confronti delle professionalità femminili. «Un atto di solidarietà per tutte le attrici che hanno avuto il coraggio di parlare di molestie in Italia e che per questo sono state attaccate - scrivono - ma anche un atto di testimonianza». 

La prima a denunciare il produttore hollywoodiano Harvey Weinstein era stata Asia Argento, che però in un paio di tweet attacca l’iniziativa: «Contestano l’intero sistema ma si guardano bene dal fare nomi. Nei prossimi giorni interverrò, ora sono troppo incazzata». E bacchetta la collega Cristiana Capotondi, che firma l’appello dopo aver «difeso il predatore Fausto Brizzi». Critiche alla lettera sui social network anche da parte di Miriana Trevisan, che in passato aveva accusato Giuseppe Tornatore. 

Il manifesto è nato su impulso di una decina di donne dello spettacolo, che l’ha poi esteso ad altre fino a collezionare 120 firme (da Ambra Angiolini a Valeria Golino a Isabella Ragonese): «Firme che - spiegano - speriamo continuino a crescere sul sito dissensocomune.it, che dovrebbe essere attivo da oggi». I primi incontri, informali, qualche settimana fa: «L’appuntamento era a casa mia, poi da Jasmine Trinca - racconta la sceneggiatrice Francesca Marciano -. Con Alba Rohrwacher, Ginevra Elkann, Francesca Manieri, Cristina Comencini, Laura Paolucci, Tiziana Triana, Olivia Musini, Giovanna Mezzogiorno e Ilaria Fraioli. Abbiamo condiviso l’indignazione per quanto stava succedendo e buttato giù la bozza del documento».  

Sono seguiti altri incontri. Poi le mail e le telefonate per una chiamata alle armi collettiva dopo le prese di posizione di Hollywood (con la campagna #metoo e la «divisa» nera ai Golden Globe) e i distinguo di un centinaio di artiste e intellettuali francesi, fra cui Catherine Deneuve, che hanno accusato di moralismo la campagna contro le molestie e rivendicato il diritto degli uomini di importunare e delle donne di rifiutare. Posizioni da cui «Dissenso comune» prende le distanze: «Il nostro non è un discorso moralista. La molestia sessuale non ha niente a che fare con il gioco della seduzione. Conosciamo il confine fra desiderio e abuso». 

«La molestia sessuale - scrivono - è fenomeno trasversale. È sistema», non va trattato «come la patologia di un singolo». «Succede alla segretaria, all’operaia, all’immigrata. È successo a tutte noi». «Quando scriviamo che “è successo a tutte noi” - specifica Francesca Manieri - intendiamo che tutte abbiamo sperimentato l’iniquità di trattamento sui luoghi di lavoro e vogliamo dire basta a trattamenti economici diversi e all’occupazione maschile del potere».  

Il movimento punta a organizzare «un’assemblea con tutte le firmatarie, per decidere insieme come procedere». L’obiettivo è partire dal mondo del cinema - «le attrici hanno il merito e il dovere di farsi portavoce» - per poi raggiungere «tutti gli ambiti lavorativi». «La maggioranza delle donne che abbiamo contattato ha aderito» spiega Marciano. I nomi che mancano? Alcune «non siamo ancora riuscite a sentirle», altre «hanno deciso di rifletterci o di starne fuori per motivi personali». «Nessuna - specifica Manieri - ha detto “no, non mi riguarda”» 

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dall'articolo di  Elisabetta Pagani per laStampa.it 

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