Donna, poco più che trentenne, ex consigliera comunale, sindaca da pochi mesi. Il profilo è identico, il destino opposto. Chiara Appendino guarda tutti i primi cittadini d’Italia dall’alto della classifica Ipr marketing per il Sole 24 Ore. Affonda, invece, Virginia Raggi al penultimo posto, salvata (si fa per dire) dall’ultimo da un’altra collega, sempre donna, la sindaca dem di Alessandria, Maria Rita Rossa, alle prese con l’eterno dissesto finanziario. 

Paradiso e inferno: la storia dell’infinito confronto tra Appendino e Raggi è la parabola di un partito, il M5S, colmo di contraddizioni, ma è anche il racconto di due città, Torino e Roma, così diverse, così lontane. Certo, la capitale italiana non è la metropoli sabauda, è città complicata, con tratti di irrimediabilità da sconfortare chiunque. Certo Roma è anche il Palazzo, con la “p” maiuscola, e il Campidoglio è poche centinaia di metri da Chigi e da Montecitorio, c’è la stampa che ti soffoca, non ti dà tregua. Ma è stato così per tutti. Ed è stato il Movimento di Beppe Grillo a essersi giocato le proprie capacità di governo a Roma, ad aver parlato di salvezza e rivoluzione.  

Invece, sono passati sette mesi: e mentre a Torino sono filati tranquilli, tra gli sbadigli ordinari per una sindaca che non ama i riflettori, a Roma non sarebbero potuti essere più tragici. Indagini, nomine sbagliate, arresti per corruzione, assessori che si dimettono, assessori che non si trovano, bilanci bocciati, scuole al freddo, sentenze del Tar che cestinano divieti comunali sui fuochi d’artificio e sulle bancarelle. Tutto questo senza affrontare l’altro lato del disastro romano: le faide nel M5S, il commissariamento di Grillo e Davide Casaleggio e così via. Stando alla ricerca, Raggi ha perso un terzo del consenso ottenuto alle elezioni, un – 23,2% che la fa precipitare al 44% di cittadini soddisfatti.  

Appendino, che aveva vinto più di misura rispetto al successo travolgente della collega romana, sale del 7,4%, toccando il 62%. Facile così, dirà qualcuno: Torino era un buon punto di partenza, era meglio amministrata, non c’erano sfaceli come a Roma. Sì ma è pur vero che ogni valutazione è sempre relativa al contesto, e si può fare meglio o peggio. Raggi, secondo la ricerca, ha fatto peggio di qualsiasi altro sindaco nei primi sette mesi. E il contesto, lo stato in cui versava la città, non toglie che lei ha assunto un atteggiamento totalmente diverso da Appendino, sin dall’inizio, sin da quando ha firmato quel contratto imposto da Grillo comprensivo di penali, su cui oggi è attesa una sentenza del tribunale civile di Roma, che la sindaca torinese si è rifiutata di firmare.  

I cittadini romani ricordano i suoi video in notturna sui social, le comunicazioni via Facebook, le sfide ai giornali, la resistenza in trincea anche contro il fuoco amico dei parlamentari 5 stelle, mentre in Campidoglio mancava un assessore al Bilancio e un capo di gabinetto (che manca tuttora), mentre i carabinieri arrestavano Raffaele Marra, il suo braccio destro. Gli strateghi della comunicazione del M5S in un disperato tentativo di salvare la baracca stanno provando a ricostruire un’immagine a Raggi, blindandola per non compromettere del tutto la corsa nazionale verso Palazzo Chigi. Domani andrà in tv, a diMartedì su La7, per provare a riavvicinarsi al cuore dei suoi cittadini. E’ una scommessa difficile per Grillo che avrebbe potuto festeggiare ben due gradini sul podio dei sindaci più amati d’Italia, se non fosse che il terzo, Federico Pizzarotti (60,5% di gradimento, +5,2% rispetto all’anno scorso), ripudiato ed emarginato dal comico, dalla Casaleggio e dai grillini ai vertici, ha lasciato il Movimento.

da lastampa.it 

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