Stessi prezzi ma quantità inferiori nelle confezioni. Una pratica molto diffusa che lascia credere ai consumatori che spendano sempre la stessa cifra. Ma in realtà il costo relativo del prodotto è aumentato. Confezioni sempre più piccole, contenuti inferiori, ma prezzi sempre uguali. La tattica di molte aziende per guadagnare di più "beffando" i consumatori inizia a a essere un problema mondiale, studiato dalle agenzia statistiche di molti Paesi, Italia compresa. 

 

Un vero e proprio fenomeno globale che ha anche un nome: shrikflation. Una crasi di shrinkage (contrazione) e inflation (inflazione).

Federico Polidoro, responsabile delle statistiche sui prezzi al consumo dell'Istat, ha spiegato che il fenomeno sembrerebbe essere quasi impercettibile. Invece, il suo peso nella distorsione dei prezzi e del consumo c'è e viene monitorato. "Sembra poter avere un impatto trascurabile sulla stima dell'inflazione generale ma rilevante per alcune classi di prodotti - spiega Polidoro ad Adnkronos -. E comunque l'Istat lo intercetta ed evita che influenzi la misura dell'inflazione".

Secondo quanto scrive l'Huffington Post, "in Italia, secondo le rilevazioni Istat, la pratica di rimpicciolire le confezioni, senza ridurre i prezzi, viene applicata soprattutto su alcuni prodotti come: zucchericonfetturemielecioccolato dolciumi".

In sei anni, cioè tra il 2012 e il 2017, su circa 605mila quotazioni rilevate, 1.405 hanno registrato un cambiamento di quantità. Delle oltre 700 rilevazioni che hanno registrato un peso diminuito della confezione e dunque una minore quantità, è stato registrato un aumento dei costi. Solo il 17% dei prodotti in cui il peso è diminuito hanno deciso di diminuire anche il prezzo. In pratica, il consumatore pensa che i prezzi siano sempre gli stessi, ma in realtà sono aumentati: solo che non se ne accorge, pensando di comprare sempre le stesse quantità.

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dall'articolo di   per ilgiornale.it 

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