È sbagliato demonizzare come un'idea leghista un'idea che appartiene alla tradizione della Chiesa. Forse la migliore, fra le sue tradizioni. I lettori più anziani del Giornale ricorderanno senz'altro padre Piero Gheddo. Era un missionario (ne parlo al passato perché ci ha lasciati giusto sei mesi fa) che ha girato praticamente ogni angolo del pianeta, visitando centinaia e centinaia di missioni cattoliche, condividendo con i confratelli e con i poveri l'esistenza grama di quello che una volta si chiamava il Terzo mondo. 

 

La famiglia religiosa cui apparteneva, il Pime (Pontificio istituto missioni estere), gli aveva affidato la direzione del mensile Mondo e Missioni, direzione che Gheddo ha mantenuto per trentacinque anni, dal 1959 al 1994, tenendo informata la Chiesa - ma non solo la Chiesa - su ciò che succedeva fra i derelitti e fra i cristiani che vivevano la fede in condizioni meno agevoli di quelle delle nostre parrocchie, delle nostre sacrestie e ancor più dei palazzi vaticani. Montanelli, che non amava i preti, aveva però rispetto per i missionari, e ancor più per questo missionario-giornalista, cui aveva affidato una serie di reportage, appunto, per il suo Giornale.

Con padre Gheddo ho avuto la fortuna di scrivere un libro uscito venticinque anni fa per la Bompiani, Nel nome del Padre. Se ricordo lui e quel libro oggi, è perché ricordo bene anche uno dei messaggi più importanti che in quelle pagine il nostro padre Gheddo volle dare. E cioè che dove s'erano insediate le missioni cattoliche, gli ultimi della Terra avevano trovato una possibilità di riscatto e una speranza. I missionari - e i tanto vituperati «occidentali» - avevano, in quelle missioni, creato scuole, ospedali, posti di lavoro; insomma dato ai derelitti e ai dimenticati la possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita stando nella propria terra natìa, senza dover cercare disperatamente di fuggire.

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dall'articolo di   per ilgiornale.it  

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