Uno studio della Banca d’Italia sostiene che l’imposta penalizza i più poveri e rappresenta una sorta di “patrimoniale occulta”. Non c’è dubbio che dopo l’addio all’Imu sulla prima casa, la Tari, la tassa sui rifiuti, rappresenti oggi una delle imposte più odiate dai contribuenti italiani. E questo per due motivi: innanzitutto perché in molte città il servizio di gestione della spazzatura, così lautamente pagato dai cittadini, funziona molto male, e in questo senso l’allarmante caso di Roma, rappresenta purtroppo un esempio lampante.

 

In secondo luogo poi, perché molti contribuenti si sono ormai convinti che la Tari non rappresenti in effetti una tassa sull’immondizia, quanto piuttosto una sorta di patrimoniale con cui i Comuni finanziano le proprie attività visti anche i pesanti tagli ai trasferimenti dallo Stato centrale agli enti locali, con cui hanno dovuto fare i conti in questi anni.

Lo studio di Bankitalia

A confermare in particolare questa seconda impressione, ovvero quella di una Tari che funge in realtà da patrimoniale “occulta”, arriva ora un autorevolissimo studio nientemeno che della Banca d’Italia.

Secondo gli esperti di Palazzo Koch infatti, i criteri attuali con cui è calcolata la tassa sui rifiuti la rendono non equa, a sfavore delle famiglie più povere e non in grado di portare a una gestione equilibrata del problema dell’immondizia con il quale l'Italia, e come già accennato Roma in primis, ha a che fare.

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dall'articolo di Panorama.it 

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