La manovra modifica il sistema di indicizzazione degli assegni rendendolo più progressivo. Tutti riceveranno qualche euro in più rispetto alle cifre incassate negli ultimi sette anni. Fin dagli anni Novanta la perequazione dei trattamenti oltre tre volte il minimo non è piena. Dopo il congelamento deciso da Monti, dal 2014 è tornata in forma parziale e quel regime è stato prorogato fino a fine 2018 dal governo Renzi.

Per i pensionati con gli assegni più bassi, fino a 1.539 euro lordi, non cambierà nulla. Gli altri riceveranno qualche euro in più rispetto alle cifre incassate negli ultimi sette anni. Mentre subiranno un piccolo taglio rispetto agli aumenti previsti dalla legge che sarebbe tornata in vigore l’anno prossimo se non ci fossero stati interventi. Con un’eccezione: chi prende tra i 1.539 e i 2.052 euro lordi avrà comunque un mini vantaggio. Sarà questo l’effetto del “raffreddamento” dell’indicizzazione delle pensioni inserito nel maxi emendamento del governo alla manovra che ha appena ottenuto il via libera definitivo della Camera. A conti fatti il nuovo schema di rivalutazione per il triennio 2019-2021, contro il quale si sono già mobilitati i sindacati, è più generoso rispetto a quelli adottati a partire dal 2011.

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