Mentre l’aereo con Cesare Battisti fa rotta verso l’Italia, arrivano nuovi particolari sulla fuga e la cattura del criminale e terrorista rosso. L’ultima fuga del membro dei Pac e autore di quattro omicidi è iniziata  a metà dicembre, quando il trionfo elettorale dell’ultradestra di Jair Bolsonaro fa capire a Battisti che il vento, in Brasile, è cambiato. Non è più lo stesso Paese che l’ha protetto per anni: Lula e Dilma Roussef non ci sono più e Bolsonaro non è Michel Temer.

 

C’è un altro Brasile, molto più duro, ideologico, anti-comunista e legato agli apparati della sicurezza. Bolsonaro punta su quel Brasile, quello che è contrario a tutto ciò che hanno rappresentato i suoi predecessori. C’è un senso di rivalsa senza precedenti, volontà di damnatio memoriae rispetto alle amministrazioni passate. E Battisti fa pare di quel mondo che la nuova presidenza vuole debellare il prima possibile, con la durezza tipica dei leader dell’ultradestra.

La strategia dell’intelligence italiana

A metà dicembre cambia il vento in Brasile e cambia anche la percezione dell’intelligence italiana e dei reparti della Pubblica sicurezza che da anni sono alle calcagna di Battisti. Sono due in particolare gli uomini che seguono le tracce del terrorista e che sono pronti a scattare non appena percepiscono che l’uomo è pronto alla fuga: Lamberto Giannini, capo dell’Antiterrorismo, e Nicolò D’Angelo, vicecapo della Polizia di Stato e direttore centrale della Polizia criminale e dei Servizi di cooperazione internazionale della Polizia. I due si sono ringraziati a vicenda: Giannini lo ha fatto pubblicamente in un’intervista all’Huffington Post in cui ha ricordato lo splendido lavoro dell’intelligence italiana. 

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dall'articolo di   per occhidellaguerra.it 

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