La Consulta rinvia la decisione di dodici ore, ma la lunga attesa per la sentenza sulla legge elettorale è ormai davvero vicina al traguardo. Il verdetto sull'Italicum arriverà oggi in tarda mattinata intorno alle 13-13.30. Una scadenza annunciata direttamente dal segretario generale della Corte Costituzionale, Carlo Visconti, al termine dell'udienza pubblica e poco dopo l'inizio della Camera di Consiglio.

Parlamentari italiani sonnoLa giornata si sviluppa prima attraverso le esposizioni delle tesi dei legali contrari alla riforma elettorale votata dal Parlamento. La parola passa poi all'Avvocatura di Stato, in rappresentanza della presidenza del Consiglio dei ministri e dunque a favore della legge voluta dal governo Renzi. Il presidente Paolo Grossi cerca di arginare i profluviali interventi degli avvocati - «State abusando della pazienza della Corte!» - e lancia ripetuti inviti affinché i loro interventi siano sintetici ed espressi oralmente, senza ricorrere alla lettura di lunghi testi scritti. L'esortazione fatica però ad essere accolta. «Dobbiamo lavorare: in questa seduta pubblica, certamente; ma il nostro auspicio è di poter presto andare a lavorare anche in camera di consiglio», raccomanda Grossi.

L'Avvocatura dello Stato chiede «che venga confermata la legittimità dell'Italicum e venga proclamata la inammissibilità o la infondatezza delle questioni sollevate», aggiungendo che «non c'è un modello di sistema imposto dalla Carta costituzionale, la Carta lascia autonomia al legislatore». Le indiscrezioni, comunque, sembrano indicare che la Consulta cancellerà il ballottaggio, mentre sul premio di maggioranza circolano versioni diverse. C'è chi sostiene che potrebbe essere eliminato, ma secondo altre versioni un premio di governabilità del 12-13% che scattasse sopra il 40% non verrebbe giudicato distorsivo.

In ogni caso bisognerà verificare se la sentenza della Consulta riuscirà a interrompere l'infinita paralisi in cui il Parlamento sembra essere caduto, bloccato in autunno dall'attesa del voto referendario e in inverno da una sospensione di fatto dettata dall'imminenza del pronunciamento della Consulta. Una sorta di messa in pausa permanente che qualora si andasse alle urne potrebbe prolungarsi ancora con la campagna elettorale. In sostanza, di questo passo, le Camere rischiano di stare ferme un anno. Basti pensare che il pacchetto giustizia è fermo dal 27 settembre e quello Concorrenza ha esaurito l'iter in Commissione Attività produttive il 4 agosto.

A contribuire allo stallo c'è anche la situazione della Commissione Affari Costituzionali tuttora senza presidente, dopo la nomina di Anna Finocchiaro a ministro per i Rapporti con il parlamento. Un letargo che associazioni come «Riparte il futuro» denunciano da tempo. Quella poltrona è strategica visto che dalla commissione Affari Costituzionali passerà la legge elettorale e lì si giocherà una partita politica fondamentale. Il Pd e Matteo Renzi prendono tempo perché quell'incarico - per il quale circolano i nomi di Vannino Chiti, Giorgio Pagliari, Andrea Marcucci o Maurizio Migliavacca - potrebbe rientrare in un accordo complessivo con la minoranza dem, comprensivo anche di un via libera a una legge elettorale gradita ai renziani. Il Pd vorrebbe mettere le mani anche sulla presidenza della commissione di inchiesta sulle banche, nonostante Renato Brunetta rivendichi quella poltrona per le opposizioni. Si vedrà. Per il momento la prossima settimana si discuterà in Senato il decreto banche. Poi starà alle forze politiche consentire a Camera e Senato di riprendere a lavorare davvero a pieni giri.

di   per ilgiornale.it 

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