italicumChe cosa accadrebbe se le forze centrifughe in Parlamento prevalessero e si obbligasse, di fatto, il capo dello Stato a sciogliere le Camere e a indire nuove elezioni politiche? Si andrebbe a votare con le leggi in vigore, cioè l'Italicum riformato dalla Corte dalla Corte Costituzionale per la Camera e il Consultellum per il Senato. E poi sarebbe una «Prima Repubblica 2.0»: trattative serrate un secondo dopo la chiusura dei seggi per la Presidenza del Consiglio con annesso calciomercato di deputati e senatori per cementare maggioranze molto ballerine se non addirittura differenti tra i due rami del Parlamento.

Abbiamo tentato l'esperimento utilizzando la media degli ultimi sondaggi elettorali per la Camera e riparametrandola sugli elettori «over 25» su base regionale per il Senato. L'ipotesi di fondo è quella da Prima Repubblica pura, cioè ognun per sé e Dio per tutti. Niente coalizioni, perciò. Al Senato sbarramento dell'8% su base regionale per chi non stringe alleanze. Alla Camera la soglia è più bassa (3% nazionale), mentre l'agognato premio di maggioranza non scatterebbe in quanto tutti sono lontane dal 40 per cento. Sia a Montecitorio che a Palazzo Madama il Pd sarebbe primo partito con 201 e 107 seggi rispettivamente. Il partito di Renzi sarebbe tallonato dai M5S (186 e 94), più staccati Forza Italia (88 e 47), Lega Nord (87 e 39) e Fratelli d'Italia (28 e 10): Alla pari Sinistra italiana e Ncd con centristi vari (20 e 5 seggi ciascuno).

Alla Camera un'eventuale riproposizione dell'attuale maggioranza allargata a Forza Italia avrebbe vita difficile perché si fermerebbe a quota 309 seggi, cioè a sette deputati dalla maggioranza assoluta. Paradossalmente avrebbe maggiori possibilità di comprare qualche transfuga la fantacoalizione «sovranista» M5S-Lega-Fdi che si attesterebbe a 301 seggi. Impossibile, invece, per gli schieramenti della Seconda Repubblica ambire a Palazzo Chigi: l'Ulivo (Pd + Sinistra Italiana) si impantanerebbe a 221 seggi, mentre la Casa delle Libertà si arresterebbe a 203 (223 nella formazione allargata ai centristi).

E al Senato? Il trio Pd-centristi-Forza Italia che si attesterebbe a 159 potrebbe superare quota 161 (ai 315 eletti vanno aggiunti i cinque senatori a vita) grazie agli stessi laticlavi di nomina presidenziale, agli eletti della Südtiroler Volkspartei oppure a qualche scheggia di centrodestra eletta a livello locale (Conservatori e Riformisti potrebbe eleggere almeno due senatori in Puglia). Il fronte populista non avrebbe molte chance perché a quota 143 dovrebbe fare scouting (per dirla alla Bersani) di una ventina di senatori. Ulivo e Casa delle Libertà si bloccherebbero rispettivamente a quota 112 e 101.

Dunque né Renzi né Salvini né Grillo potrebbero governare da soli se la sorte accogliesse i loro desiderata. Essi sarebbero dannati a una convivenza «forzosa» con qualche altro inquilino. Ex post perché, con il proporzionale non vi è obbligo di stringere alleanze preventive e quindi si possono anche ipotizzare agli elettori scenari che non si prefigureranno. Come faceva la Dc che chiedeva più voti per sé adombrando possibilità di irrealizzabili governi monocolore. O come il Psi di Craxi che chiedeva preferenze per condizionare dall'interno il «solito» pentapartito. L'epilogo beffardo è il contrappasso di Matteo Renzi: colui che si proponeva (e si propone) come l'innovatore e come il futuro ci ha ripiombati nella palude della Prima Repubblica.

di   per ilgiornale.it 

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