fermare limmigrazioneIl modo in cui negli anni è stato trattato il tema dei flussi migratori si è basato su analisi e strategie che in larga parte parlano alla “pancia” dell’opinione pubblica, ignorando i problemi strutturali del continente africano. “In questi ultimi anni, soprattutto in questi ultimi mesi, abbiamo letto un’enorme quantità di analisi sui flussi migratori, ma per gestire il fenomeno delle migrazioni in una visione di medio-lungo termine, è necessario decostruire l’immagine comune di un’Europa generosa impegnata a trovare soluzioni umanitarie per “milioni di migranti” e che deve far fronte alle conseguenze dei ‘problemi degli altri’ ”.

 

TPI ha parlato con Lorenzo Kamel, professore di History of Colonial and Post-Colonial Spaces al dipartimento di Storia Culture Civiltà presso l’Alma Mater Studiorum dell’università di Bologna, e responsabile di ricerca dell’Istituto Affari Internazionali.

Secondo il docente, il modo in cui è stato trattato il tema dei flussi migratori che dal continente africano si spostano verso l’Europa si è basato, sostanzialmente, su analisi e strategie che in larga parte parlano alla “pancia” dell’opinione pubblica dei paesi europei, ma che non sono in grado di fornire risposte strutturali alle presenti e future generazioni.

 Lorenzo Kamel si è concentrato su tre tematiche fondamentali, legate indissolubilmente tra loro, che vanno comprese per poter affrontare in modo strutturato il fenomeno delle migrazioni: lo sfruttamento delle risorse naturali africane da parte delle società americane ed europee senza alcun beneficio per le popolazioni locali; la destabilizzazione di queste aree cui ha contribuito l’interferenza di paesi “alleati”; le politiche di contenimento selettive verso alcuni paesi africani con la creazione dei famosi “tappi”.

Lo sfruttamento delle risorse naturali

Le risorse naturali (petrolio, oro, gas) presenti nella quasi totalità dei paesi africani e in un numero significativo di stati nel Mediterraneo orientale vengono trasferiti attraverso società off-shore che, in larga misura, sono collegate a imprese e uomini d’affari operanti in Europa e in America.

Come hanno confermato i documenti emersi dai Panama Papers, oltre 1.400 società anonime, con la connivenza di dittatori locali e di molteplici paradisi fiscali, vengono utilizzate come strumenti volti a prosciugare le ricchezze naturali di alcuni dei paesi più poveri del mondo.

Solo aprendo l’Europa a prodotti realizzati in Africa – e garantendo al contempo una equa distribuzione dei profitti – e affrontando le cause strutturali che minano la capacità di sviluppo di milioni di persone, sarà possibile attuare una visione europea basata su soluzioni sostenibili.

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