Matteo OrfiniMatteo Orfini arriva subito al punto: “Vogliamo scommettere che so quale è la domanda? Lo dico subito. Mi pare utile per il paese che non si vada a votare oltre giugno”. Non oltre. Ma è possibile anche prima.
Al Nazareno il presidente del Pd ha appena finito una riunione con Renzi, per mettere a punto la due giorni con gli amministratori in Emilia. Con la prima riapparizione pubblica dell’ex premier dopo il referendum. Si capisce che sarà un rientro coi fuochi d’artificio. Di fatto l’apertura della campagna elettorale. Nella conversazione con l’HuffPost Orfini spiega quale sarà la road map di qui al voto: “La prossima settimana proporremo a tutte le forze parlamentari incontri politici per verificare disponibilità a cambiamenti di merito, a partire dalla nostra proposta: il Mattarellum. Qualora vi fosse una convergenza, o emergesse un’ipotesi alternativa che ci trovasse d’accordo si potrebbe andare a una discussione parlamentare su un accordo condiviso. E a quel punto si dovrebbero utilizzare strumenti parlamentari che ci consentano di renderlo applicabile in tempi brevi. E di votare a giugno”. E se l’accordo non ci dovesse essere? Risposta: “A quel punto si può votare subito con questa legge”.

Se mettete in conto di votare con questa legge uscita dalla Consulta, significa che puntate al 40 per cento, la soglia che secondo la Corte Costituzionale occorre per un premio di maggioranza.
Sicuramente è un cambio radicale di fase, non c’è dubbio. Ma non è un male per chi, come il sottoscritto, è culturalmente più incline all’impianto proporzionalistico che esce dalla Consulta. È chiaro che in un sistema del genere, affinché si sappia chi ha vinto, tocca arrivare al 40 per cento. Il fatto che questa legge porti le larghe intese è caricaturale.

Scusi ma con gli attuali rapporti di forza questa legge è un ritorno alla Prima Repubblica. Che rottama due cardini del renzismo: il fatto che la sera del voto si sa chi governa e il fatto che il candidato premier sia poi il premier.
Non sono d’accordo. Io non vedo un conflitto tra vocazione maggioritaria e proporzionale. Segnalo a tutti che il Partito democratico ha preso il suo massimo storico alle Europee con il proporzionale puro. Noi abbiamo preso il 40 per cento mettendo al centro il nostro progetto di cambiamento del paese.

Poi parliamo anche di questo. Prima però…
Aspetti, mi lasci finire. Il fatto che non rinunciamo alla nostra vocazione maggioritaria lo voglio dire anche a chi rimpiange la stagione dell’Ulivo e dell’Unione. Io me le ricordo quelle stagioni in cui eravamo appesi a Turigliatto e Pecoraro Scanio e in cui la spinta riformista di una grande personalità come Romano Prodi era annacquata da una coalizione necessaria per vincere ma che diventava un ostacolo quando eri al governo. Proprio per questo facemmo il Pd.

Ce l’ha con Bersani, mi pare di capire.
Ce l’ho con chi fa finta di non ricordare. Capisco che alcuni protagonisti siano affezionati a quell’epoca perché eravamo tutti più giovani, ma si rischia di idealizzare una stagione che ha aperto problemi molto seri. Ci si lamenta che non ci votano i giovani, ma i giovani non ci votano perché quei governi hanno precarizzato il loro destino, precarizzando il mercato del lavoro, ma non riformando il welfare. Ci vorrebbe un po’ di memoria storica, diciamo.

dall'inyervista a Matteo Orfini di per huffingtonpost.it 

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