Libia Guerra potenze comandanoLa crisi libica ha dimostrato che a decidere le sorti di una guerra non sono le organizzazioni internazionali ma le potenze.  La lezione della Libia è una soltanto: ancora una volta sono le armi e le potenze che le utilizzano a decidere il destino di una crisi. E anche se saranno poi le cancellerie e le ambasciate a placare l’escalation (questo lo deciderà solo il futuro) è evidente che l’assalto a Tripoli del generale Khalifa Haftar ha stravolto la crisi e dato una netta direzione al conflitto. Incidendo sicuramente molto di più di piani, bozze e documenti decisi dalle organizzazioni internazionali.

 La guerra in Libia è – come tanti altri conflitti dell’Africa e del Medio Oriente – una guerra per procura fra potenze formalmente alleate ma sostanzialmente rivali. Una sfida in cui è il gioco degli Stati a muovere i fili dell’escalation. E nessuna delle organizzazioni che avrebbero dovuto prevenirlo, è servita allo scopo.

L’Unione europea, che dovrebbe – almeno in teoria – parlare a una sola voce, brancola nel buio. Federica Mogherini ha provato a chiedere ai contendenti libici di fermare le violenze e intavolare trattative di pace. Ma è apparso chiaro sin da subito che il conflitto avesse tutti i connotati di una guerra che, come spiegato anche dal ministro dell’Interno libico a Gli Occhi della Guerra, può trasformarsi in uno scenario peggiore della guerra in Siria. E di certo quell’Ue che doveva essere la casa di tutti gli europei, l’organizzazione (o alleanza) in grado di dirimere tutti i conflitti, si è rivelata in realtà del tutto inutile quando si è trattato di regolare le controversie: in Libia in primis. Perché non solo la parola dell’Unione europea vale molto meno di quella dei leader internazionali, ma non esiste nemmeno una voce singola che rappresenti i reali interessi in gioco.

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dall'articolo di   per IlGiornale - OcchiDellaGuerra.it 

 

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