La vera domanda a cui è difficile rispondere è quella con cui dovranno fare i conti nei prossimi mesi centinaia di commessi dei negozi di elettronica. Ovvero se, alla luce del blocco imposto dagli Stati Uniti, abbia senso o meno investire i propri soldi su uno smartphone del produttore cinese. La decisione dell’Amministrazione Trump deriva, è bene ricordarlo, da una decisione giuridica e politica legata a presunti affari tra Huawei e l’Iran che niente hanno a che fare con i prodotti destinati ai consumatori. I prodotti Huawei e Honor, dispositivi mediamente di buona qualità e dal buon rapporto qualità/prezzo, non sono stati bloccati perché meno sicuri di altri o perché qualitativamente inferiori.

Purtroppo, nell’estrema semplificazione mediatica di una tematica così complessa è facile che la situazione venga letta come un giudizio di inaffidabilità e insicurezza dei dispositivi del colosso cinese. Così non è.

È perfettamente comprensibile però che il consumatore medio tenga conto dello stato di incertezza generato dalla decisione americana. Sui prodotti Huawei e Honor, di fatto, pende una spada di Damocle: che succederà infatti se, nei tre mesi di proroga, l’azienda cinese non dovesse riuscire a convincere il governo americano a rivedere le proprie posizioni? E se anche ci dovesse riuscire, chi potrebbe garantire che una situazione analoga a questa non si potrebbe ripresentare in futuro?

Volenti o nolenti, gli smartphone (e ora anche i pc ) sono già le vittime sacrificali di una partita geopolitica che si gioca a livelli più alti.

 

Dall'articolo di ANDREA NEPORI per LaStampa.it 

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